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Era un giorno importante per la corte, il compleanno del giovane principe Bakugou era imminente e tutta la servitù era stata chiamata per addobbare l'intero castello a festa, tutto per la presentazione del futuro re al resto della nobiltà.

Erano stato anche il pittore di corte che avrebbe commissionato un ritratto della famiglia reale in vista dell'evento.

Tutti erano emozionati per il lieto giorno, tutti tranne il piccolo principe che era stato costretto a lezioni supplementari, tra cui etichetta e ballo. In più posare per quel dipinto lo stava rendendo nervoso, la troppa immobilità lo innervosiva.

D'altronde era giovane e il suo bisogno di sfogarsi era ancora tanto.

Ma quel giorno era differente.

Il pittore, un uomo vecchio dai capelli bianchi e il volto solcato da così tante rughe che al giovane parevano una fitta ragnatela, aveva portato con sé un bambino della stessa età del principe.

Il suo scopo era quello di mostrare al bambino il suo mestiere data la sua incredibile propensione al disegno e voleva prenderlo come suo allievo. Quella era l'occasione perfetta.

Il bambino che accompagnò il pittore era l'ultimogenito di una famiglia nobile, non avrebbe mai ereditato le terre della sua famiglia, ma avrebbe potuto portare lustro con quel compito.

Il vecchio aveva già preparato il cavalletto con il dipinto e stava preparando i colori su una tavolozza logora e ingombra di colori ormai secchi, stava spiegando al bambino accanto a lui che aveva occhi solo per le sue mani cosa sarebbe servito quel giorno, almeno fino a quando la famiglia reale non entrò e lo sguardo del bambino non venne catturato da qualcosa di immensamente più interessante di quello che stava facendo il suo maestro.

Il principe Bakugou era entrato al seguito dei suoi genitori catturando l'attenzione dell'altro come una falena attirata dalle fiamme.

Il piccolo allievo ,incurante anche dell'etichetta, si precipitò verso il principe, gli occhi colmi di meraviglia per quello che a suo dire fosse la creatura più bella sulla faccia della terra.

Il pittore richiamò a sé il suo apprendista profondendosi in scuse verso i reali che con bonarietà lo rincuorarono, per poi voltarsi a sgridare il bambino che per tutto il tempo non aveva smesso di fissare il volto annoiato del giovane principe che con uno sbuffo si era andato a mettere al solito posto che aveva imparato ad occupare durante quelle sedute così noiose.

Ci vollero tre interminabili ore prima che il pittore desse il permesso a tutti di muoversi, per poi sbaraccare tutti i materiali che aveva ordinatamente estratto dalla borsa che si era portato appresso.

Per tutto il tempo il giovane allievo non aveva proferito parola, rimanendo concentrato solo a fissare il principe che aveva fatto di tutto per non guardarlo, ma quando parlò gli occhi del biondino vennero calamitati verso di lui, richiamati da una voce dolce e dal tono soave.

«È stato un onore conoscervi mio principe.» disse il giovane apprendista facendo un profondo inchino.

Con uno schiocco di lingua il principe lasciò la stanza già preceduto dal re e dalla regina, ma fu tentato di tornare indietro quando sentì lo schiocco di uno schiaffo atterrare sulla pelle di qualcuno all'interno della stanza appena lasciata.

«Cosa ti avevo detto piccolo ingrato?» stava urlando il pittore al ragazzino che si era premuto una mano sulla guancia dove lo schiaffo del maggiore lo aveva colpito, «Se non fosse per la tua famiglia non ti avrei neanche preso come apprendista. Chi me lo ha fatto fare di prendere un nobile come allievo.» gridò.

«Mi dispiace sensei.» disse la voce inframezzata da un pianto silenzioso del giovane.

«Se non fossi un Midorya ti avrei già picchiato come meriti e ora va a prendere la tua roba che torniamo allo studio.» e nel parlare fece un gran rumore mentre afferrava tutto il suo lavoro e si avviava alla porta, da cui il principe si scansò giusto in tempo per non farsi vedere dai due che uscivano a grandi passi.

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