Rumore

1 2 0
                                    


            Il maresciallo Neddu lasciò trascorrere qualche minuto per inutili formalità, saggiando il nervosismo di Martha. "Residenza?", "Vive con suo marito?", "Tre figli, se non sbaglio. Sono al sicuro in questo momento?", "Mi dia gli indirizzi, provvediamo immediatamente a far giungere auto di servizio sotto le loro abitazioni". Tutte cose che già sapevano, e tutte cose che già avevano fatto.

Per Martha non fu semplice mantenere la calma nello stato in cui si trovava.

"Vuole ancora dell'acqua".

"Mi conferma di stare bene, vuole essere assistita da un medico?".

"No", "No", e così via, prima o poi le domande vere sarebbero arrivate, pensò con fatica Martha.

Ci vollero ancora quaranta estenuanti minuti, tra una finta chiamata giunta al maresciallo Neddu e un "Mi scusi, ma la vogliono di là, una comunicazione urgente" pronunciato da un impacciato carabiniere ausiliario istruito a dovere, e altro che non varrebbe la pena raccontare se non fosse che essere davanti ad un avvocato e moglie del Primo Dirigente di Firenze avrebbe forse richiesto una cura e un'empatia diversa.

Qualcosa sapevano, si disse Martha che seppur molto agitata si sforzava di mantenere una certa lucidità.

A causa della fuga non si era preparata a raccontare una sua versione dei fatti che potesse tenere lontano i carabinieri da quanto realmente le era accaduto il giorno precedente e, come detto, gli errori erano alle porte.

Ed infatti.

"Dunque, signora, o dovrei chiamarla avvocato?".

"Grazie, credo non faccia differenza, vorrei soltanto terminare quanto prima possibile e ritornare a casa".

"Certo, certo", lasciò cadere il maresciallo, "Mi racconti dunque cosa è successo quando ha lasciato l'ospedale".

Martha increspò le labbra, poi le distese: "Un uomo è entrato nella mia auto e mi ha ordinato di seguire le sue istruzioni".

"Così?! E lei, non si è opposta, non ha urlato?".

"No, non ho urlato, e no non mi sono opposta, ho avuto paura".

"Dell'uomo, o in generale", chiese il maresciallo.

"In generale?", chiese Martha che temeva quel sottointeso.

"Sì, in generale, intendo dire suo marito era in ospedale, non totalmente fuori pericolo", rispose il maresciallo dissimulando la sua reale determinazione.

"Capisco. Allora sì, avevo paura in generale", rispose Martha che intuì nel maresciallo un'assenza di alleanza che invece avrebbe sperato di trovare.

Il maresciallo Neddu era un investigatore esperto. Negli anni aveva chiesto ed ottenuto di specializzarsi nell'omicidi, ma i suoi primi anni erano stati consumati nelle stazioni CC di mezza Italia da nord a sud in una sequenza che lui definiva quattro-due-due intendendo quattro anni a Bergamo, poi due a Bari e due a Grosseto. Ed ancora quattro anni a Livorno, due a Milano e due a Firenze dove era arrivato a quasi cinquant'anni e dove sperava di rimanerci a lungo visto che ora lo avevano messo alla omicidi.

"Diceva dell'uomo", disse in un soffio lento il maresciallo indicando a Martha di andare oltre.

"Mi ha detto di seguire la strada che mi avrebbe indicato".

"Era armato?".

"Non saprei".

"Ma ha avuto paura...".

"Non avrei dovuto?! Certo che ho temuto, cosa altro avrei dovuto fare. Ho seguito le sue istruzioni sperando che qualcosa avrebbe potuto accadere".

"Per esempio?", chiese il maresciallo Neddu.

"Forse ho pensato di poter uscire dall'auto ad un semaforo, chiedere aiuto, o suonare il clacson incrociando un'auto della Polizia... o di voi Carabinieri...".

"E non ha incrociato nessuno?".

"Nessuno che potesse aiutarmi o che io pensassi che avrebbe potuto, credo".

"Crede..." disse il maresciallo Neddu.

"Cosa intende dire?".

"Nulla, lei ha detto –credo- io le ho chiesto – crede- per specificare se lo credeva realmente o lo sta dicendo adesso come ipotesi nel suo racconto", rispose il maresciallo Neddu con il chiaro intento di trovarci del succo in quella che iniziava ad essere una pressione lenta ma costante.

"A questo punto non saprei cosa risponderle, così mi confonde".

Il maresciallo Neddu sorrise: "La confondo", ammise ma sarcastico.

Martha si diede qualche secondo per capire se aggiungere qualcosa oppure no. E si chiese anche se fosse corretto il modo di agire del carabiniere.

Per quanto ne sapevano, e per quanto in realtà era stato, lei era una vittima di un tentato rapimento o perfino di qualcosa di peggio, ed invece quel modo di fare sembrava un interrogatorio vero e proprio e non le parve neppure fosse un tono amichevole.

Perché? Cosa sospettavano? Che le cose erano tra loro collegate? "E lo erano davvero?", formulò Martha nei suoi pensieri. Volle rispondersi di no, ipotizzò invece che il tentato rapimento fosse collegato all'omicidio dell'uomo e sua marito fosse invece unicamente vittima di un incidente. Le cose erano andate esattamente in quel modo, si concesse con il dubbio.

Martha, stanchissima, chiese di poter interrompere l'interrogatorio e di essere riportata a casa.

Disse che ne aveva abbastanza, che non erano quelli i modi, che era preoccupata per i suoi figli, che avrebbe voluto tornare anche da suo marito ed avere notizie. E che il comportamento dei carabinieri era inconsueto, offensivo, che prendessero la sua denuncia e, nel caso, sarebbe stata a disposizione per ulteriori spiegazioni.

"Come vuole", rispose il maresciallo.

"Bene", disse sollevata Martha.

"Ma..."

Martha tradì un moto di preoccupazione.

"...ma", prosegui il maresciallo Neddu, "...lei prima dovrebbe confermarmi la targa della sua auto e dirmi se ne possiede altre o ne ha guidate altre nelle ultime ore".

Martha, stupita, guardò il maresciallo: "Dove vuole arrivare?".

"Se crede", disse il militare, "prima di rispondere può chiamare un avvocato".

Fu allora che Martha chiese dell'acqua.

Poi chiamò un avvocato.

Meglio così.

C'era troppo rumore nella sua testa.

Un altro amoreDove le storie prendono vita. Scoprilo ora