Parte 3

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Alla fine i miei hanno deciso che farò ripetizioni in una classe privata, dicono che hanno già contattato la professoressa che più ritenevano valida e capace.

È una vera tortura, speravo che almeno potessi studiare a casa, sul mio comodo letto. Ma nulla, i miei non vogliono sentire ragioni, così oggi pomeriggio dovrò recarmi da questa professoressa che mi obbligherà a studiare e ripetere senza sosta tutti gli argomenti di 1ª e 2ª, no, non solo delle superiori, ma delle medie. Credo di voler abbandonare gli studi.

«Apollo non ridere, è una disgrazia» mi lamento con il mio migliore amico che si è offerto di accompagnarmi.
«Dai, magari non è così male. Potresti incontrare anche qualche ragazzo carino che fa ripetizioni con te»
«Non ho testa per pensare ai ragazzi, e poi guarda, non ci sono macchine qui fuori. Sono sola, che palle»

Scendo dalla macchina con la voglia solo di tornare a casa, ma mi costringo a dirigermi verso la porta d'ingresso di quella che sembra una casa.
Serro la mano sinistra e mediante essa percuoto ripetutamente la porta con la speranza di fare rumore, ma non abbastanza. Infatti il suono è quasi impercettibile, ma comunque qualcuno apre l'ingresso e mi sento mancare un battito.

Mi si spezza il fiato, e la salivazione è completamente scomparsa. Il mio corpo si muove da solo, ma quello che ne esce sono solo tremiti.

Gli occhi del diavolo mi scrutano dall'alto in basso, in attesa di un mio movimento.
«Buongiorno Bianchi, ti consiglio vivamente di entrare se non vuole rischiare un'ibernazione.» propone l'uomo impavido con tono quasi provocatorio.

Lo saluto cordialmente e cerco di intrufolarmi nel sottile spazio vuoto creato dal suo corpo e la soglia della porta, che lui non sforza minimamente. Riesco ad entrare e la porta si chiude alle mie spalle, d'inanzi a me trovo una stanza con le pareti completamente rivestite da vecchie librerie con libri a dir poco antichi, ed al centro è posto un tavolo rotondo di mogano con due sedie che ornano i lati. Nell'angolo composto dalla libreria frontale alla porta d'ingresso e quella alla mia destra, vi è una scala a pioli.

«Accomodati» suggerisce la voce roca a pochi passi da me.
Scosto una sedia e la occupo, seguita da lui.
«Deduco che avremo molto lavoro da fare, è corretto?»
«Suppongo di sì.» rispondo esitante.
Prendo il libro dal mio zaino, e il professore Shabani segue con gli occhi ogni mio movimento, come se fossi la sua preda. Nel mio immaginario lui era l'equivalente del padrone dell'inferno, e io una delle tante anime che sta scontando la sua pena, anche se insignificante come non studiare storia.

«Allora Berenice, parlami dell'ultimo argomento che hai studiato»
Cercai di rispondere, ma dalla mia bocca fuoriuscivano soltanto sillabe incerte simili a grugniti. Non avevo mai studiato storia in realtà, al massimo avevo letto qualche capitolo qua e la, ma dopo le elementari, non ho studiato mai nulla.
«Deduco che avremmo molto,anzi, moltissimo da fare insieme» disse con un tono sereno ma che a me sembrò quasi minaccioso.

Dopo circa due minuti iniziò a spiegarmi i concetti base, facendomi qualche domanda a sorpresa per testare la mia attenzione. Mentre parlava seguivo ogni lineamento del suo volto e delle sua carnose lebbra che si muovevano con un ritmo incalzante mentre mi spiegava con attenzione il primo argomento di quella che suppongo sia una lunga serie.

Dopo mezz'ora si ferma, «Prova a spiegarmi ciò che hai capito» suggerisce mentre si alza per prendere un bottiglia di vetro contenente del liquido ambrato che lascia scivolare in un bicchiere posto al centro del tavolo.
«Gradisci?»
«Non... bevo, non posso bere» rispondo ovvia
«Perchè mai?»
Non capisco, lo sa perfettamente
«Beh, sono minorenne..» paleso
«Non c'è un'età per bere, ma solo una prontezza mentale e fisica, una sicurezza che ti permette di controllare perfettamente il tuo corpo in ogni situazione. E poi bere non equivale ad ubriacarsi» spiega convinto con una voce talmente bassa e roca che mette quasi paura.

Declino educatamente la sua risposta, e dopo pochi istanti spiego tutto ciò che ho capito dalla su spiegazione. Di storia sia chiaro.

Esco dalla stanza due ore dopo, e li proprio dove lo avevo lasciato, vi era Apollo, con la sua macchina che più che altro sembra un triciclo, ma lui ne va molto fiero.
«Allora? Com'è andata?»
«il mio professore di recupero, è il diavolo»
Apollo scoppia in una risata che pare gli si stiano scorticando le pleure dai polmoni. «Quel tizio è inquietante per carità, ma la fai troppo esagerata Berenice»
«Ma hai visto i suoi occhi? Fai come vuoi, per me non è umano» dico con un'ironia che però mi fa riflettere .

E un'altra giornata di scuola è andata. E indovina indovinello, già mi tocca andare al corso di recupero. Che palle.

Cerco di non darci troppo perso e mi reco a casa da sola, perché come se non bastasse lo schifo già presente nelle mie giornate, Apollo ha deciso di peggiorare anche questa non venendo a scuola proprio quando c'era la verifica di geografia nella quale dovevo completamente copiare da lui senza pudore.
Una volta arrivata mi accomodo al mio posto senza scambiare una parola con i presenti, e cerco di mangiare, anche se sento lo stomaco chiuso per via della tensione e dell'ansia. Lo so che è solo un uomo, ma quel tizio mi mette davvero paura, non tanto lui in se, ma i suoi occhi.

Ecco, sono arrivate le tanto temute 15:30, raccolgo le mie forze, oltre a i libri, e raggiungo il motorino parcheggiato nel giardino di casa mia. La mia casa è in campagna, è ornata da un curato giardino che la circonda e poco più avanti di essa, sulla destra, c'è un enorme albero di mimose.

Una volta arrivata a destinazione, prendo tempo davanti alla porta e come la volta precedente, busso tentennante, con la speranza che nessuno risponda e si accorga di me. Ma non è mai così.

Ad accogliermi sono sempre i soliti occhi che risaltano su una maglietta nera e dei tolti ricci del medesimo colore. La scena è sempre la stessa, lui che mi invita a sedere, io che lo seguo esitante e posiziono i libri sul tavolo circolare. Andiamo avanti con le lezioni del nostro programma, questa volta però saltando dei paragrafi e approfondendone altri.
«Berenice ti vedo distratta, suggerirei di scrivere i passaggi più importanti in modo tale da farne una mappa concettuale che possa aiutarti per eventuali verifiche e interrogazioni»,
non sono ancora abituata alla sua voce roca che pronuncia il mio nome con tanta padronanza di esso, come se gli appartenesse. Tutto ciò mi spaventa, ma sono più terrorizzata dal fatto che mi incuriosisce anche.
Non declino, ma seguo a prendere il quaderno di storia ancora nuovo, e a scrivere ciò che più mi sembra importante.
Per far scorrere la tensione fuori dal mio corpo, mordicchio il tappo della mia bic nera sotto il tuo sguardo più attento del mio cervello in quel momento.
«Ti consiglio di non masticare il tappo, rischi di perdere la concentrazione maggiormente» tuona la sua voce mentre mi studia con lo sguardo sotto le folte ciglia.
«Beh io, lo faccio spontaneamente, è un abitudine ormai metterla in bocca...».

«HAI CAPITO CHE CAZZO GLI HO DETTO?!» dico mentre racconto la strana vicenda in FaceTime ad Apollo che non riesce più ad inalare aria per via delle risate.
«Vabbè dai, almeno adesso sai che il resto della lezione ti guardava per capire come si sentisse la penna» disse prima di scoppiare a ridere maliziosamente.
«Apollo sei un bugiardo pervertito. Ti odio» dico ironicamente al ragazzo che non fa che ridere.

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