Parte 2

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Un brivido rende la mia pelle elettrica mentre guardo il viso che non mostra segni di emozioni. Mi costringo a non proferire parola sulla vista che si para dinanzi ai miei occhi, non appena si gira verso la direzione di noi vittime di tanta oscurità, obbligo i miei occhi a scorrere solo le parole del libro di storia del quale non sono mai riuscita a comprendere nemmeno un singolo paragrafo.

«Buongiorno a tutti, purtroppo la vostra professoressa di storia dello scorso anno, non vi seguirà più, al suo posto ci sarò io» palesa l'uomo con voce roca. La lezione prosegue con la sua richiesta di mostrargli l'ultimo argomento trattato alla fine della seconda, alcune ragazze morte di attenzioni da parte del genere maschile si affrettano a sovrastare la voce l'una dell'altra, mentre il professore nel tentativo di fare ricomporre le giovani vogliose, specifica che indicherà lui chi deve fornirgli le informazioni da lui richieste.

«Ordine e disciplina ragazzi, per favore. Piuttosto tu, ragazzina all'ultimo banco, dimmi dove siete arrivati.» ordina sicuro di sé. Nell'attesa che Bianca, la mia compagna che siede nella fila centrale infondo all'aula parli, tiro fuori l'occorrente dallo zaino con molta calma, del resto è lunedì. Mentre sono intenta a ordinare il banco sento due colpi sul braccio che indirizza la mia attenzione sul biondino seduto affianco a me, che con un cenno del capo mi indica la cattedra dalla quale sporge l'uomo tanto temibile con un'espressione di attesa.

Solo in quel momento mi accorgo che il quesito non era stato posto a Bianca, ma a me. Non ho mai studiato storia, è sempre stato Apollo ad aiutarmi con la vecchia professoressa con evidenti problemi di udito, così in preda al panico per la confusione decido di dare una risposta seppure non sapessi bene nemmeno cosa stessi riferendo all'imponente figura che è intenta ad alzarsi dalla sua comoda poltrona per posizionarsi davanti al robusto tavolo in legno

«beh io... credo... i sumeri...» sibilo insicura al professore prima di udire una risata generale.
«sai Berenice, non credo che tu abbia ben impresso in mente il concetto di storia alle superiori, ma ci lavoreremo».
Non ci credo, è solo il primo giorno di scuola e ho già fatto la prima figuraccia dell'anno, mi sento così imbarazzata, ma non avevo la più pallida idea di cosa riponder- ma aspetta, come cazzo fa sto stronzo a sapere il mio nome? Tutto questo è inquietante

«Ti giuro Apollo, quello mi inquieta, e non poco» confesso al ragazzo che siede dinanzi a me sul letto a una piazza e mezza della mia camera mentre mangia animatamente delle noccioline.

«Con tutta sincerità anche a me spaventa un po'» afferma lui

«e poi vorrei tanto sapere, come straminchiaccia fa a sapere come mi chiamo?!» chiedo infastidita e incuriosita allo stesso tempo.

Apollo fa spallucce prima di ridere a crepapelle per la mia espressione verbale particolarmente colorita. Improvvisamente fa irruzione nella stanza Christopher, il mio fratellino di 5 anni e 3 neuroni, che si lancia sul letto e mi sorride, mentre mi studia con i suoi grandi occhi verdi incorniciati da un leggero azzurro,tali e quali ai miei.

«Chris io e Apollo stiamo parlando di cose abbastanza serie, potresti uscire per piacere?» chiedo paziente alla piccola fonte di immensa energia che si para davanti ai miei occhi

«Diego mi ha detto di chiedervi se vi andava di andare alla sala giochi!» chiede Christopher ignorando completamente la mia richiesta con un sorriso a trentadue denti, che in realtà sono circa 15 per via della crescita. Declino la proposta ma evidentemente Apollo non la pensa come me dopo aver visto gli occhi dolci del piccolo mocciosetto «Dai Bebe non sarà poi così noioso, poi ci saranno molti ragazzi» mi incoraggia il ragazzo malizioso accecato dall'amore.
«Eh va bene» accetto arresa alla fine.

Odio le sale giochi, non proprio il locale in sé, ma detesto sentirmi incapace davanti ad un tavolo verde sul quale devo colpire delle palle colorate con un'asta, oppure provare rabbia quando i fottuti disegnini delle fottutissime slot-machine non coincidono tra loro, insomma l'unica cosa che non mi fa venire la cataratta dal nervoso è il biliardino, in cui bene o male riesco a portare a casa una vittoria.

Insegnami ad amareDove le storie prendono vita. Scoprilo ora