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Sul podio, con le mani ancora strette alle corde e i piedi ancorati sul suolo, tutti lo guardavano meravigliati. D'altronde non era cosa di tutti giorni ritrovarsi di fronte a un ragazzo con grandi ali rosse. Se avesse potuto sarebbe volato via da lì. Qualcuno salì sul podio, Hawks lo guardò da sotto i fili chiari di capelli, con la testa china e il respiro un po' affannato, poco prima lo avevano riempito di percosse solo perché non voleva uscire da quella prigione. Non voleva essere venduto al migliore offerente come premio. Il sangue gli colava lungo il labbro e sentiva il sapore ferroso di esso sulle papille gustative. Osservò il soldato spartano di fronte a lui, gli dava le spalle e stava parlando alla folla. Non era quello che aveva la cicatrice e i capelli scuri che gli aveva fatto visita i giorni precedenti, che parlava con lui solo per lanciargli qualche frecciatina. Ne era uno diverso, uno che non aveva mai visto e non ne  conosceva il nome, non che sapesse il nome di quell'altro.
Lo guardava male, sentiva la rabbia esplodergli nel petto e il respiro farsi ancora più affannoso. Voleva liberarsi da quelle corde che lo tenevano stretto al suolo, voleva essere libero  e volare nel cielo. Sentiva le ali intorpidite per quella prigionia alla quale era stato costretto. Perché gli avevano fatto quello ? Cosa aveva fatto di male lui per meritarsi tutto quello ? Cosa aveva fatto di male per essere privato della sua libertà ? Dell'unica cosa più preziosa che possedeva ?
Sentì l'ultima scintilla di speranza spegnersi quando sentì qualcuno tra la folla urlare una cifra abbastanza alta, venne aggiudicato a quell'uomo. Ormai era finita; venne spintonato da un paio di soldati e le corde ai piedi vennero sostituiti da un paio di catene poste intorno alle caviglie, abbastanza pesanti così da impedirgli di spiccare il volo lontano da lì.
Vicino ai due soldati che lo stavano strattonando vi era anche quello che gli aveva fatto compagnia durante quelli notti. Compagnia era un modo di dire, siccome sembrava essere più che divertito dalla sua partita. Ma quello stesso  divertimento non lo notava in quel momento nei suoi occhi. Quegli occhi così azzurri e chiari, in quel momento sembravano vuoti o forse lui stava perdendo la testa e gli sembrava che fossero così, ma una cosa era certa: essi non erano come le altre volte. C'era qualcosa di diverso in quel soldato. Non si soffermò molto, siccome era giunto a destinazione. Arrivato vicino a quello che sarebbe stato il suo padrone, era grasso, brutto e dai capelli untosi. Non potette non trattenere una smorfia.  quello gli sorrise, avvicinandoglisi, i suoi denti erano gialli e il suo odore fetido.
<Ora andiamo a casa, uccellino. Sarai tutto mio.> Il grassone si leccò le labbra. Ecco, era giunto il suo momento di voler morire. Quello era stato il picco più alto della sua carriera. Era peggio di ciò che aveva immaginato.
<Però prima devi fare una doccia che sei sporco e puzzi.>
Ah, parlava proprio lui ?
Alzò un sopracciglio, mentre chiamò le sue guardie per farlo scortare nel suo palazzo. Ovviamente non gli diedero il posto d'onore della sella, ma dovette farsi tutta la  strada in una gabbia con delle ruote, trainata da un cavallo nero.
Fece un sospiro, mettendosi seduto e chiudendo gli occhi.
Si addormentò in un batter d'occhio, troppo stanco per pensare anche a una sola via di fuga per andare via da li.

Venne svegliato da un'ondata di acqua ghiacciata dritta sul viso e delle urla. Grosse mani gli presero le corde legate ai polsi e lo strattonarono fuori dal quella gabbia. Era ancora intontito dal sonno. Per quanto tempo aveva dormito ? Si guardò intorno; il palazzo era bellissimo e dava una vista sul mare, tutto interamente bianco.
Lo trascinarono verso l'entrata della grande sala, al centro di essa vi era un trono, seduto su l'uomo che era diventato il suo padrone non voluto.
Fece un ghigno, vicino a lui vi erano delle schiave avvolte in abiti bianchi.
<Lavatelo e portatelo nella mia camera.>

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