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Il biondo riaprì gli occhi, notando una cosa abbastanza strana: non era più sotto l'ombra della quercia, con quella leggera brezza che gli andava a scompigliare i capelli, ma si trovava su un letto, in una stanza dalle pareti grigie. Chi lo aveva portato lì ?
Si mise seduto sul bordo del letto, passandosi le dita tra i capelli e poi sul viso, andandosi a massaggiare le tempie. Non ricordava nulla di quello che fosse successo, se fosse stato cosciente. Evidentemente era caduto in un coma profondo per non accorgersene di nulla.
Niente di tutto quello era nei suoi ricordi e non poteva essersi teletrasportato magicamente da un posto a un altro; lui non era un dio, anche se fingeva di esserlo.
Si guardò intorno, alla ricerca dei minimi particolari che potessero fare risvegliare qualcosa nella sua testa. Ma nulla, niente di tutte quelle pochi cose presenti all'interno della stanza erano familiari a lui.
Quindi decise di alzarsi dal letto, si sentì rinvigorito, con il sonno aveva recuperato la stanchezza e anche alleviato i dolori dovuti agli abusi.
Hawks camminò verso la porta della stanza, in legno e consumata. Quella casa sembrava appartenere a un contadino, o a qualsiasi persona che non fosse ricca.
Doveva scoprire chi fosse e magari ringraziarlo. Doveva chiedergli se avesse potuto nasconderlo per un po'.
Non appena uscito dalla stanza, si trovò in quella che era una cucina, un uomo seduto sulla sedia era chino sul tavolo e sembrava non essersi accorto della sua presenza. Quindi Hawks approfittò per poterli studiare; era un uomo robusto, grosse spalle, collo massiccio e grandi braccia. Una persona del genere doveva fare sicuramente il contadino per avere un fisico così scolpito e una pelle abbronzata.
L'uomo alzò improvvisamente la testa, i due si guardarono negli occhi e riconobbe qualcosa nel suo sguardo, erano forse gli stessi colori che somigliavano a quelli del soldato; un azzurro profondo ed espressivo.
<Chi sei tu ? E cosa ci faccio qui ? Come mi hai portato in questo posto ? Vuoi vendermi anche tu ?>
Subito Hawks si mise sulla difensiva, era lontano da lui ma non gli avrebbe permesso in alcuni modo di fargli del male.
L'uomo lo guardava solo, sembrava calmo e tranquillo, e, alzando la testa, aveva potuto anche notare il colore particolare dei suoi capelli; rossi come un fuoco ardente, si abbinavano perfettamente agli occhi chiari che aveva.
<Niente di tutto questo. Ti ho visto stanco, sotto l'ombra di quell'albero e ho voluto portarti qui. Ti ho preparato anche qualcosa da mangiare, nel caso avessi fame.> Si andò ad alzare, il biondo fece un sussulto notando l'enorme differenza di altezza tra di loro. A malapena l'altro riusciva a sfiorare il soffitto con la testa. Rimase in silenzio, il brontolio che derivò dal suo stomaco confermò le tesi dell'uomo e fece storcere il naso al ragazzo. Sempre nei momenti meno opportuni. Avrebbe voluto tanto del pollo ma quello che c'era nell'aria era odore di zuppa.
L'uomo prese una pentola dal fuoco e un cucchiaio di legno, versando tutto in un piatto bianco.
<Puoi chiamarmi Enji.>
Disse poi, spezzando il silenzio, poi prese il piatto e lo appoggiò sul tavolo.
Era un nome particolare, ma non si soffermò molto a pensare di quel nome, siccome qualche istante dopo nei suoi pensieri c'era solo quella delizia che stava assaporando. Aveva molta fame, ed era solo quello che importava a lui. Dopo riempire lo stomaco. E, mentre lui mangiava, l'uomo se ne stava seduto dall'altro capo del tavolo ad osservarlo. Aspettò che Hawks finisse di mangiare, per sentire cosa avesse da dirgli.
<Ho bisogno di un rifugio. Posso fare di tutto, ma non voglio ritornare più lì.> Scosse la testa, sistemando meglio le ali sulla sedia e sentendo l'uomo sospirare. Si morse l'interno della guancia, l'attesa di una risposta fu molto lunga per lui.
<Mio figlio, il maggiore, è in guerra. La sua stanza è libera. Potresti sistemarti li fin quando non ritorna.>

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