17. My babysitter is hot as hell

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Camminavo velocemente, così velocemente che ero ad un niente dal cominciare a correre.
Attraversai spedita le strisce pedonali mentre a passo pesante calpestavo il cemento a terra, percossa e dominata da un fastidio inesplicabile che non riuscivo a controllare.

Babysitter? Sul serio?
Come si sono permessi di accollarmi qualcuno perché mi accompagnasse a casa? Credevano forse avessi dieci anni? Credevano non fossi in grado di ritrovare la strada per conto mio?

Fra tutte le persone a cui avrebbero potuto fare una richiesta del genere, avevano proprio dovuto scegliere la persona più fastidiosa, antipatica e maleducata che ci fosse sulla faccia della terra?

Serrai le labbra, inspirando dal naso come a voler risucchiare tutta l'aria nell'inutile tentativo di richiamare la calma perduta che, però, si ostinò a rimanere nell'oblio.
Il fastidio, invece, non fece altro che aumentare.

Volli sparire da quel isolato il più rapidamente possibile, così accelerai il passo e non appena svoltai l'angolo per poco non morii d'infarto.
Un urlo acuto si liberò nell'aria fredda della sera, mentre il cuore prese a battere prepotente nella gabbia toracica.

Mi portai una mano sul petto per paura che questo mi abbandonasse da un momento all'altro e nel secondo successivo sentii una voglia omicida pizzicarmi le mani non appena riconobbi quegli occhi color carbone, nel buio della notte.

«Sei per caso impazzito? Mi hai spaventata a morte!» soffiai scossa da tremolìi insistenti.

«Cosa stai facendo? Hai sentito il sig. Anderson»

«Si, l'ho sentito» risposi prima di sorpassarlo e continuare sulla mia strada.

«Smettila di fare la bambina capricciosa, la sig.a Martin si preoccupa per te» proferì alle mie spalle con voce bassa e profonda, prima di cominciare a camminarmi dietro.

«Perché non te ne vai? È chiaro che a nessuno dei due faccia piacere la compagnia dell'altro»

Gli sentii scalciare qualcosa sull'asfalto e poco dopo rispose: «Mi fa piacere tu lo sappia ma permettimi di metterti al corrente di un'ulteriore dettaglio importante. Se avessi dato ascolto a Sean non saremmo qui ora»

«Come scusa?»
Mi bloccai sul marciapiede, voltandomi per poterlo guardare e come il vento avesse provato il mio stesso turbamento, s'innalzò minaccioso scompigliandoli i capelli neri.

Il dolce fruscio mi pizzicò l'udito mentre ad esso si aggiunsero le foglie degli alberi che, prese alla sprovvista, abbandonarono la loro casa, in una nota tanto drammatica quanto surreale.

Il vento insistette ancora scagliandosi su Cole.
Liberandogli la fronte da quei ciuffi ribelli che immaginai, a tratti, disturbargli la vista e rimanemmo così per i secondi a venire in attesa che parlasse.

«Hai sentito bene, continua a camminare» disse soltanto, troppo serio in viso perché potessi trascurarne le parole.

Fece per sorpassarmi e si portò indietro i capelli, in un gesto di mano che non potei ignorare.
I muscoli delle braccia guizzarono splendidi sotto alla luce dei lampioni, in quel gesto vietato ai minori dal farli sembrare quasi dotati di vita propria.

«Che cosa intendevi con quella frase?» insistetti con i piedi incollati al suolo.

Lo sentii sbuffare e poco dopo si voltò a guardarmi. «Perché ti sei fermata?» bofonchiò con voce annoiata che non fece altro che alterarmi ulteriormente.

Mossi qualche passo e lo raggiunsi, estremamente seria in viso perché potesse cogliere quanto l'argomento mi stesse a cuore e quanto invece, odiassi perdere tempo. «Rispondi alla domanda»

Unlimited - La paura dell'ignotoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora