Capitolo 1

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MICHEAL

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MICHEAL

Wetheral dall'alto è una minuscola macchia grigia circondata da un'alone verde e costeggiata da una sfumatura azzurra del lago che la attraversa. Questo piccolo villaggio di Carlisle nel nord dell'Inghilterra conta solamente 4000 abitanti, 4000 in meno rispetto a Londra, la mia città natale; ma da oggi sarà la mia nuova casa.

Almeno finché non starò "meglio". Poi in tutta onestà non so che cosa ne farò della mia vita una volta che verrò dimessa dalla clinica.

Ah la mia vita, nella quale materialmente non mi è mancato mai nulla. Molti mi riterrebbero fortunata: figlia del cancelliere dello Scacchiere ho vissuto nel lusso, in una casa che neanche tutti i miei parenti messi assieme  riuscirebbero a riempire, ho frequentato le scuole private più prestigiose dello stato e ho già visto gran parte del mondo a soli ventitré anni.

E allora perché tentare di togliermi la vita ingoiando una quantità imbarazzante di pillole? Quelle stesse pillole che ironicamente avrebbero dovuto salvarmi la vita dandomi la serotonina che il mio corpo difettoso sembrava non riuscire a produrre?

Questo in realtà neanche io lo so, non ricordo più nulla di quella notte, se non il buio che mi avvolse. I dottori non sanno se sia dovuto dall'overdose o da un possibile trauma, forse non lo scopriremo mai.

Io però ho una varietà infinita di motivazioni che potrebbero avermi portata al limite. Per esempio la mancanza di affetto dei miei  genitori, il cui cuore è riempito al massimo della sua capacità dall'amore per il lavoro e per mia sorella Jessica; gli sbalzi d'umore che fatico a controllare — la maggior parte delle volte fallendo miseramente — da tutta la vita; la costante voglia di autodistruggermi in ogni modo possibile e immaginabile; il vuoto che mi perseguita da quando sono adolescente e la strana capacità che ho di creare problemi ovunque io vada.

E questa è solo la punta dell' iceberg.

Che cazzo di casino che sono dannazione.

Poco importa però della motivazione che mi ha spinta verso quel gesto così finale, quello che ora importa invece ne sono le conseguenze. Pensereste che i miei genitori si siano preoccupati a morte una volta saputa la notizia del mio tentato suicidio, che si siano chiesti dove hanno sbagliato e se avessero mancato qualche segnale che preannunciava quel gesto, così come qualsiasi genitore che si rispetti avrebbe fatto.

Beh vi sbagliate, la loro reazione è stata di puro disgusto e rabbia, non si capacitavano di come loro figlia Michael potesse essere stata così egoista e debole.

Non avevano cresciuto una codarda. Parole loro non mie...

Quindi hanno deciso di spedirmi nuovamente da un'altra parte, in questo posto dimenticato da Dio, come se fossi un pacco che non ha soddisfatto le loro esigenze e che hanno bisogno di cambiare.

Pensano ancora di punirmi spostandomi da un posto all'altro non appena riesco ad ambientarmi, ma in realtà a me non me ne potrebbe fregare di meno.

L'importante è starmene il più possibile lontana da loro.

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