12. Terribili forse

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Spesso siamo sospesi tra i forse delle nostre scelte. E quando scopriamo di essere importanti, di avere un ruolo determinante per tutti, ma un ruolo che non vorremmo interpretare... allora, cosa fare?”
                                                 

-Minaccia e Salvezza, Minaccia e Salvezza, Minaccia e Salvezza...- ripeté Arkan convulsamente, camminando avanti e indietro sotto lo sguardo stranito di Raf. Il professore era sconvolto.
-Le lezioni sono sospese!- Tuonò il professore agli angel che stavano rientrando nell’aula. -Andate ad occuparvi dei vostri terreni!
In quel momento stava per entrare Urié, ed incrociò lo sguardo di Raf. Lei le fece cenno di andare via, e le disse a gesti che le avrebbe spiegato più tardi. La angel annuì ed uscì fuori dalla stanza. Raf invece restò ferma dov’era e osservò il professore che stava preparando la sua borsa con i libri in fretta e furia.
-E io? Cosa devo fare, io?- Chiese preoccupata, allargando le braccia.
-Tu... tu vieni con me – Sentenziò il professore. Un attimo dopo erano nel corridoio, e Raf faceva fatica a stare dietro al professore, che correva quasi, tanto era agitato.
-Ma dove stiamo andando?- Chiese, con voce ansimante.
-Dalla professoressa Temptel. Purtroppo devo parlarne anche con lei, si tratta di una cosa gravissima.- Il professore accentuò il tono sulle parole “Temptel” e “gravissima”, per sottolineare che erano le cose che gli dispiacevano di più.
Raf stette in silenzio per un po’, infine disse, debolmente:-Io potrei aspettare fuori, mentre lei chiama la professoressa?
Arkan la squadrò con uno sguardo interrogativo, ma si limitò ad annuire.
La professoressa, a dire il vero, la trovarono quasi subito, non fu necessario entrare nell’aula dei devil.
Lei si stava molto tranquillamente concedendo un caffè bollente in una tazzina di un orribile violetto scuro, dalla maniglia a forma di una terrificante aletta di pipistrello. Una cosa che Raf ritenne assolutamente di pessimo gusto. Dalla classe, lasciata allo sbaraglio, provenivano terribili urla.
La professoressa si girò a guardare i due angeli che venivano verso di lei con sguardo seccato.
-Brutto segno- Sentenziò, scuotendo la testa. – Quando un angel... anzi, quando addirittura due angel arrivano quaggiù, è veramente un brutto segno.-Concluse acida.
-Ha proprio ragione, infatti le assicuro che se la situazione non fosse stata veramente grave non saremmo mai venuti sin qui – Disse Arkan, franco.
- Ovviamente!- Disse la Temptel, sorseggiando l’ultimo sorso di caffè.
Nel frattempo, Raf vide che qualcuno si era affacciato alla porta, e così si voltò.
Era Sulfus, il quale aveva deciso di tornare in classe. Poi però, infiammato dal dolore, si era affacciato alla porta... ma non si aspettava di vedere proprio lei, che lo fissava con intensità e sembrava una luminosa visione di sgargiante bellezza che mozzava il fiato.
Si sfiorarono con lo sguardo, anche se entrambi avrebbero voluto farlo veramente. Incrociarono i loro sguardi. Lei nei suoi occhi lesse il dolore, lui nei suoi una cupa preoccupazione. Lui osservò la forma perfetta delle sue labbra, il movimento leggero e delicato dei suoi capelli agitati da un soffio di vento leggero che spirava da una finestra, la curva morbida delle sue spalle... il luccichio gioioso dei suoi occhi quando incrociava i suoi.
Lei si soffermò sulla forma delicata dei suoi occhi, sulle dolci curve del profilo del suo viso, le labbra che si dischiudevano in brevi sorrisi che regalava solo a lei, i capelli scuri come una notte senza luna nei quali si rifletteva una luce irreale.
Un momento perfetto. Perfettamente sospeso, perfettamente irreale, fuori dal mondo, dallo spazio e dal tempo. C’era tutto ma non c’era niente. La distanza quasi non c’era, eppure non potevano avvicinarsi... non ancora.
Fermi, l’uno dinanzi all’altra, vicini ma irrimediabilmente lontani, inevitabilmente impossibile avvicinarsi.
Anche se i due professori stavano parlando, in quel momento, se qualcuno si fosse messo in ascolto, avrebbe sentito un suono che sovrastava la loro animata discussione, il chiacchiericcio delle classi, le urla, qualsiasi cosa: ossia i battiti infuriati dei loro cuori lontani, mentre non facevano altro che guardarsi negli occhi, distanti ed avvolti da un atroce, doloroso, insopportabile, insuperabile silenzio.
Ad un certo punto, il ragazzo si piegò su di sé, la mano contro la parete per sorreggersi, e soffocò un gemito: era come se una lama di coltello gli avesse appena trapassato il ventre. In quel momento, distolse lo sguardo da lei.
Raf venne assalita da due istinti opposti: il primo, angelico e protettivo, di correre da lui, stringerlo fra le braccia e chiedergli perché stesse così male, accarezzargli i capelli, consolarlo… o semplicemente stargli accanto, in silenzio, tenendogli la mano.
Il secondo, razionale e scostante, le ripeteva che non poteva, che non doveva abbracciarlo, o andargli vicino, ed era sempre quell’istinto che la faceva sentire in colpa per il solo motivo di amarlo, per il solo motivo di pensare di stringerlo a sé.
Poi lui iniziò a sentirsi peggio, e sentì che stava per cadere a terra. Trattenendo un conato di vomito, rientrò nella sua aula, non prima di averle scoccato una lunga e penetrante occhiata piena di dolore, perché non voleva farsi vedere così da lei. E ruppe così l’incanto di quei fragili, stranissimi istanti magici, terribili e dolorosi.
Lei tirò un sospiro di sollievo, ma non riuscì a calmarsi. Il cuore le martellava ancora nel petto, e si sentiva le guance talmente calde che le sembrò di essere tra le fiamme. Era una sensazione soffocante. E anche inebriante. Non poteva sapere che quella era la stessa sensazione che provava lui, cioè pensava che anche lei era inebriante. Pensava anche che era dolorosissimo che non potessero stare neppure vicini...
Ma lui e solo lui sapeva che l’impossibile sarebbe presto accaduto. Però ancora non poteva lontanamente immaginarne i danni.
Se solo lo avesse saputo...
Se solo…
-Che questione? Quanto delicata?- chiese la Temptel, agitando per aria la tazzina, riportando Raf alla momentanea realtà di un mondo crudele senza amore.
-Tanto da non parlarne qui, adesso. Non credo che sia una cosa breve.- disse Arkan, guardandosi attorno, sospettoso. – Se potesse venire nel mio ufficio...- Lei annuì, roteando le pupille.
-Mi dia solo un attimo, collega... Gas!- strillò la prof, ed il ragazzo era già lì un attimo dopo.
- Ordini pure, Professoressa!-
-Prendi questa tazza, e mi raccomando: la voglio P-U-L-I-T-A. Non come la volta scorsa. Sono stata chiara?
-Lampante.
-Perfetto. Allora annuncia alla classe questo messaggio: andate a maltrattare un po’ gli angel e a far commettere le scelte sbagliate ai terreni. Le lezioni sono sospese. - Così dicendo si voltò di nuovo verso i suoi interlocutori. -Benissimo. Andiamo!
Così i tre volarono verso lo studio del professor Arkan.
I devil e gli angel dovevano occuparsi dei terreni, ma qualcuno aveva qualcosa di diverso da fare.
Quel qualcuno era Sulfus, che era atteso nella Terra Sospesa per la seconda parte del rito.

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