TOM HOLLAND

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«Alonso! Di nuovo in ritardo?» Mi rimproverò Clara, l'altra aiuto regista insieme a me.

«Scusami davvero, c'era traffico ed ero rimasta bloccata» Sperai davvero con tutta me stessa che sta volta non lo avrebbe detto a Fleischer o ero nei guai.

Avevo fatto tanti sacrifici per arrivare dove ero ed aver ottenuto l'impiego per cui tutt'ora lavoro. Ero molto felice e orgogliosa di me stessa. Mi ero laureata a Los Angeles pochi anni prima e ora vivevo con una mia amica in un piccolo appartamento in un quartiere abbastanza lontano dal centro di Boston. Giravo qua e là in cerca di un lavoro nel mondo del cinema ma, a mio malgrado, con scarsi risultati. Ero esausta ed ero quasi decisa a mollare tutto e tornare nella mia città natale in Spagna dove avevo lasciato mio padre e i miei due fratellini per inseguire un sogno che non voleva realizzarsi.

Quando pensavo che era tutto perduto la mia amica tornò a casa trionfante urlando " Ce l'ho fatta! Ce l'abbiamo fatta!". Impaziente le chiesi cosa intendesse e lei sorridente disse "Ho trovato un lavoro per entrambe noi!". Ero al settimo cielo e piansi insieme a lei tra le sue braccia chiare e molto probabilmente le macchiai la maglietta di mascara ma non mi disse nulla.

Poco dopo eravamo su un volo diretto agli studios di Berlino dove un grande regista ci aspettava insieme al suo nuovo film in produzione: Uncharted.

«Questa deve essere l'ultima volta o sarò costretta a licenziarti e per te soprattutto sarebbe un'immensa perdita» Chiarì immediatamente il mio capo fissandomi con i suoi occhi da gatto.

Portava sempre i capelli scuri in uno chignon alto, si truccava poco ma una cosa che non mancava mai era lo spesso eye-liner che le contornava perfettamente gli occhi già allungati. Quel giorno indossava dei comodi panarabo i in cotone e una camicetta azzurro pastello. Gli occhiali le poggiavano sul naso arcuato è piccolino donandole un'idea di superiorità che metteva un po' tutti in ansia.

Arrivate finalmente sul set presi un caffè dal balcone allestito appositamente e lasciai la borsa di Louis Vuitton su una panca. Eccomi finalmente pronta per girare le ultime scene al chiuso e poi, con mia grande approvazione ed entusiasmo, ci saremmo spostati con tutta la troupe e il cast in Spagna per girare le scene all'aperto.

Poi, tutto d'un tratto, eccolo. Si trovava alla postazione trucco, già pronto e ben vestito. Era così bello. Avevo sognato per molto tempo di incontrarlo e non potevo crederci quando seppi che nel cast del film per cui avrei lavorato ci sarebbe stato anche lui. Bellissimo e meraviglioso Tom Holland.

Sussultai appena, quando mi passò davanti salutandomi con un cenno di mano. Al che gli risposi con un misero buongiorno e me ne vergognai pure.

«Bene, iniziamo!» Gridò con voce acuta Fleischer per farsi sentire da tutti.

La giornata di dura e a tratti noiosa ma non potevo staccare gli occhi da quel gusto di ragazzo. Mi domandavo sempre come facesse ad essere così attraente. Tornando al mio appartamento (momentaneo, solo per girare il film) non pensai ad altro e non mi resi neppure conto che la mia amica Nicole era vicino a me e strillava come una pazza raccontandomi il suo ultimo appuntamento con un ragazzo tedesco.

«Adesso ci siamo! È quello giusto!» Disse euforica muovendo i polsi carichi di bracciali che tintinnarono tra il chiasso delle strade trafficate.

«Lo hai detto anche con quello prima e con quelli dieci prima di lui»

«Niente negatività Y/n! Non si dicono queste cose altrimenti la attrai» Mi rimproverò pure lei. «In ogni caso, non lo conosci. Sta volta sento che sarà lui a chiedermi di sposarlo. Hai degli occhi poi... Sono di un blu carico e mi ricordano il profondo oceano. Lo sai si che è un poeta nato? Mi ha dedicato una poesia scritta da lui stesso ed era magnifica. Per quel poco che ho capito intendo. Infatti ci parliamo in inglese perché io non so così bene il tedesco»

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