🍯 13 - PAROLE IN CONCHIGLIA

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Mi piace il mare d'inverno.
Lui ci mette le onde, io ci metto i pensieri.
[Fabrizio Caramagna]

Venerdì - 5 giorni dopo
Pov Joshua

Sfilo il guanto da moto, e immergo fino alle nocche le dita della mano destra dentro la fredda sabbia di Coney Island. Il contatto scatena brividi sottopelle che mi portano a socchiudere le palpebre, abbandonandomi a essi.

La quiete del primo mattino permette di apprezzare appieno questa bellissima striscia bianca che affaccia sull'Atlantico. Attorno a me solo il vento, il canto delle onde, e il vociare dei miei pensieri.

Stringo nella mano sinistra una conchiglia abbastanza grande da occupare l'area del palmo; lo sguardo ne accarezza la superficie chiara che spicca da sopra il tessuto nero del guanto.

Con il viso rivolto verso il basso e gli occhi a simulare un Metal Detector, perlustrai gran parte della costa prima di trovare la conchiglia perfetta per mamma. Era stata lei a darmi il compito di scegliere le "Custodisci parole". Di solito tale responsabilità spettava a lei, ma quel giorno concesse a me l'onere.

Afferrai la conchiglia, e a piedi scalzi corsi dalla donna seduta in un grande masso nella lingua di rocce disposta a un centinaio di metri dal pontile.

«Le ho trovate!» Avvisai a gran voce, «Ci ho messo un po' per la tua» ammisi, consegnandole la conchiglia appena raccolta. «Volevo che tra le due fosse la più bella» spiegai, accostandomi al suo fianco.

«Grazie, sei molto gentile.» Sorrise, e le pupille brillarono della solita luce che solo Coney Island era in grado di accendere in lei. «É passato un anno, ricordi ancora come si fa?» M'interrogò, spazzando una ciocca di capelli castani dietro la spalla.

«Certo» risposi, drizzando la postura, da sopra un masso posto tra la sabbia e l'acqua. «Avviciniamo la conchiglia alla bocca, e a bassa voce le confidiamo tutti i brutti pensieri, poi la ringraziamo affinché li custodisca, infine la gettiamo in acqua.»

«Il lancio dev'essere lungo» aggiunse mamma, sollevando l'indice verso di me.

«Sì, lunghissimo! In questo modo, quando noi saremo andati via, le Sirene potranno prendere le conchiglie e metterle dentro il grande forziere scintillante dove vengono tenuti i tormenti delle persone.»

«Quant'è bravo il mio piccolo» nel dirlo mi scompigliò i capelli senza preavviso.

«Ehi!» Con uno scatto mi tirai indietro, finendo per scivolare giù dal masso e immergere i piedi in acqua. «Non sono piccolo... Ho dieci anni»  pronuncio col broncio, pettinandomi il ciuffo.

Ormai ero un ometto, almeno così aveva detto nonna Évelyne prima che con mamma e papà partissimo da Toronto per passare le vacanze estive a New York.

Mamma mi donò una smorfia – era buffo vedere in che modo il suo viso si sarebbe contorto; ogni volta assumeva pieghe diverse da quella precedente – e mi disse che era giunto il momento di confidare i brutti pensieri alle "Custodisci parole".

Annuii convinto, sedendomi sul masso dal quale ero scivolato. Chiusi gli occhi e mormorai alla conchiglia i miei tormenti.

Dal mio canto, le conversazioni duravano sempre poco; al contrario, mamma sembrava non finire mai.

Sollevai una palpebra per spiarla e mi accorsi di una lacrima che si unì alle parole, precipitando in silenzio sulla conchiglia.

Appena smise di parlare, io finsi di aver tenuto gli occhi chiusi fino a quel momento.

IDROMELE A MEZZANOTTEDove le storie prendono vita. Scoprilo ora