- Penserò a questo, poi dirò a te.
Rimasi delusa da quella risposta, forse mi aspettavo un po' di entusiasmo da parte di Wanapeya per la mia proposta; era un'idea che macinavo da qualche tempo, che avevo prima discusso con Meoquanee per valutarne la fattibilità e poi al momento opportuno suggerito al giovane capo.
Meoquanee, la mia cara amica indiana, era sempre positiva. Scoprivo ogni giorno qualche sua nuova splendida qualità. Lei ascoltava e incoraggiava le mie iniziative, il suo viso si accendeva di entusiasmo ed evidenziava l'ammirazione che provava per me. Mi offriva molto volentieri il suo appoggio e la sua collaborazione.
- Aprire una scuola - questa era l'idea affiorata nella mia mente.
Era cominciata come una semplice riflessione sull'utilità per me di comunicare più facilmente con gli indiani. C'erano alcuni che si mostravano interessati alle tecniche di pittura che utilizzavo e mi sarebbe piaciuto poterli accontentare spiegando loro qualcosa. Ma conoscevo poche parole del loro linguaggio. Mi aiutavo con la mimica, ma era complicato. Poi mi era affiorata l'idea di insegnare loro l'inglese. Era un'idea un po' pazza ma stimolante e continuai a macinarla nel mio cervello per qualche giorno, finché decisi di condividerla con Meoquanee e con Taopi. Con mia grande gioia entrambe l'appoggiarono con entusiasmo e mi confermarono che era una buona proposta.
Dopo aver ragionato a lungo con la mia amica indiana, restava il passo più difficile: discuterne con Wanapeya. I miei contatti col capo erano radi e limitati in primo luogo al momento dei pasti, in cui si riuniva tutta la famiglia. Egli in genere non mi rivolgeva mai la parola. Poi c'era il momento del rientro nel tepee, prima del riposo notturno, che era un tempo più rilassato, che potevo usare quando avevo qualcosa da chiedergli o da chiarire. Era questo l'intervallo di cui avevo approfittato durante la preparazione della tunica di Taopi, in cui Wanapeya mi aveva dedicato mezz'ora circa ogni giorno per una settimana, ritardando il sonno per aiutarmi. Quei momenti mi mancavano molto. Amavo discutere con quell'uomo perché era intelligente, piacevole e perché, come ho già detto, leggeva in me al di là delle parole.
Quella notte rientrò visibilmente stanco, ma appena gli dissi che dovevo parlargli, si accoccolò pronto ad ascoltarmi, gli occhi attenti sul viso fiero.
- Che cosa ne pensi - azzardai - di aprire una scuola nel villaggio?
- Una scuola? Perché?
- Per insegnare la pittura ... alle donne per esempio. E l'inglese. Penso che sia importante che il mio popolo e il tuo siano in grado di comunicare perché questa guerra assurda finisca.
- Forse guerra finisce se uomini bianchi smettono di desiderare terra dei Lakota.
Tacqui, non sapevo cosa rispondere e non capivo se quelle parole erano un diniego; lo guardai in attesa che continuasse o si ritirasse per coricarsi chiudendo il discorso.
- Penserò a questo. Poi dirò a te.
Aveva lasciato aperta una piccola porta ma io, perplessa, cominciai a chiedermi se veramente l'idea della scuola fosse buona e utile o solo una pazzia.
Si spogliò della tunica e me la porse.
- Lava domani - disse. Annuii e la piegai con cura, mettendola da parte, poi aspettai che si adagiasse nel suo giaciglio ed egli si sdraiò, mostrandomi la schiena.
All'esterno c'era molto freddo e minacciava neve. Al contrario all'interno del tepee ultimamente la temperatura era fin troppo alta, poiché Wanapeya preparava un fuoco molto abbondante e durante la notte aggiungeva altra legna. Lui dormiva nudo, ma io col vestito addosso mi facevo delle grandi sudate! Ero esasperata e mi decisi finalmente a cambiare abitudine: in fondo il capo non aveva mai mostrato curiosità nei miei riguardi, nel senso di voler sapere come fossi sotto il vestito. Così me lo sfilai dalla testa e lo riposi ordinatamente vicino al mio giaciglio. Mi immersi tranquillamente sotto la coperta e solo allora azzardai un'occhiata verso Wanapeya. Il cuore mi balzò in petto come un capriolo: mi stava osservando! Avvampai come una torcia e non per il caldo: Il giovane capo, ignaro forse del mio imbarazzo, annuì con un sorriso sornione e disse:
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WANAPEYA, HO AMATO UN INDIANO
RomanceDanielle Martin si trasferisce nel selvaggio West per aiutare il cognato Jack, vedovo della sorella, che vorrebbe ricominciare una nuova vita sposando una brava ragazza ma la figlia Rachel non accetta un' altra donna al posto della madre. Nel suo nu...