27. Virginia Woolf

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Dicendole, non si rovinano forse le cose?
-Virginia Woolf

Le luci si spensero di colpo, immergendo il locale nel buio più assoluto per un istante. Poi sfarfallarono e scintillarono, riempiendo ogni angolo di flash colorati e ipnotici. Era il momento preferito di Elisa, quando lei si stava esibendo, scompariva nel buio e, in qualche modo che non riusciva fisicamente a spiegarsi, ricompariva vicino ad uno dei divanetti. Perfetta, grazia allo stato puro che si muoveva agile e felina come un gatto al buio. Poi la canzone riprendeva, le luci si facevano di nuovo intense e la seguivano, docili e ammaliate dalla sua camminata. Lo era anche Elisa, anzi, ne era assolutamente succube. Passava la settimana rivivendo e aspettando quel momento: Ines che si girava sui tacchi, le lanciava una lunga occhiata e la raggiungeva con una camminata sinuosa, facendola sognare. E nella sua vita non le era mai piaciuta una ragazza e non sapeva se quelli erano i termini giusti in cui pensarci ma cavolo, le piaceva da matti.

Andava avanti da settimane dopo quella sera in cui avevano parlato: Elisa si presentava ad ogni serata, sperimentando tutti i locali gay dei dintorni. Era assurdo, non sapeva cosa cavolo stesse facendo, ma le piaceva e non si azzardava nemmeno a trovarci un senso. Doveva per forza esserci? Non bastava che nella vita, una volta tanto, stesse riuscendo a lasciarsi andare?

Andava bene così, senza significati, risposte o etichette: era solo una persona che si stava scoprendo folle per un'altra persona. L'essenza delle storie d'amore, no? Per le domande c'era tempo.

Ines le passò la punta di un'unghia finta lungo la guancia, lanciandole una lunga occhiata mentre la superava, con gli occhi grandi e luminosi. Facevano quasi male, truccati in quel modo che faceva risaltare l'azzurro ghiaccio delle iridi.

Elisa rimase immobile, con le mani strette lungo il bordo del tavolo e i brividi lungo le braccia. Ines li notò in un'occhiata veloce, sorridendole compiaciuta, poi passò avanti, proseguendo con la parte finale della sua performance. Elisa la conosceva alla perfezione, mentalmente contava i secondi che mancavano prima che il buio inghiottesse di nuovo Ines e la risputasse qualche divanetto più avanti. Ogni volta il pubblico strillava eccitato, meravigliato dalla sua capacità di scomparire e ricomparire dove meno se l'aspettavamo, desiderando di chiudere gli occhi e ritrovarsela affianco. Elisa li capiva, lo faceva anche lei.

Le luci sfarfallarono, seguendo il ritmo sostenuto della canzone. Ines mise atto alla sua magia. Scomparve dietro al buio, ricomparendo poco dopo come un flash, illuminata da una luce fredda, glaciale quasi quanto il suo sguardo. Elisa la guardava esterrefatta, nonostante conoscesse quella performance meglio di quanto non potesse dire dei suoi appunti per l'esame della settimana successiva. In quel nuovo mondo fatto di luci, colori e luccichii c'era spazio solo per Ines, che ossessionava i suoi pensieri come felina ragazza con le sopracciglia che le sfioravano la fronte e come sarcastico ragazzo con i capelli sempre i disordine. Per quell'ultimo esame c'era tempo a settembre.

Ines le lanciò un'occhiata, sorridendole in un'occhiolino prima di scomparire di nuovo nel buio.

Sì, c'era tempo.

***

Seb la raggiunse al suo divanetto, il passo ancora leggero e sinuoso come se stesse volando sopra i tacchi. Si lasciò cadere seduto accanto a lei, con un sorrisetto compiaciuto che pendeva sghembo da un lato.

"Ciao" le sorrise.

"Ciao."

Quello era l'altro momento per cui sopravviveva tutta la settimana: quando lui usciva dai camerini con ancora addosso l'aria spavalda e sbarazzina che lo contraddistingueva sul palco e le sorrideva come se non avesse neanche un granello di paura del futuro. Le piaceva così tanto, quella sua semplice sicurezza, la tranquillizzava, per una serata la convinceva che non servisse altro al mondo. Anche se forse iniziava a volerlo, qualcosa in più. O forse l'aveva sempre voluto e semplicemente la paura scivolava un po', persa fra quei sorrisi ibridi di Ines e Seb.

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