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'Emma, possibile che tutti tu li becchi? I pazzi scatenati che ti guardando mentre sei mezza nuda su un balcone, alle 5 di mattina, solo tu li becchi.' disse Francesca, la mia coinquilina, mentre preparava il mio cappuccino.

'Era solo un po' ubriaco, o forse fatto. Stava in mezzo alla strada come un deficiente.' risi, portandomi la sigaretta alle labbra.



'La prima volta che ti ho visto, sembravi un bambino che guardava un giocattolo che desiderava a morte. Mi osservavi con quegli occhi fatti, mezzi chiusi, con le pupille dilatate.

Ti presi in giro, facendoti una domanda scomoda. Non mi hai dato una risposta di senso compiuto, che mi fece divertire ancora di più.'




'Emma, è ancora peggio.' Francesca mi portò il mio cappuccino, sedendosi al tavolo della cucina accanto a me.

'Dai, Fra, chi lo rivede più.' risi, guardando come fosse agitata.

'Piuttosto di pensare a ragazzi, pensa a bere il tuo bel cappuccino, che fra un'ora devi andare a fare quel servizio fotografico.' sorrise, sciogliendosi un po'.

Buttai il mozzicone nel posacenere, prendendo la tazza e il mio iPad, riguardando i dettagli di questo servizio fotografico.

Era il mio primo lavoro importante. Dovevo scattare della foto a qualche rapper per una copertina di una rivista. Non sapevo chi fosse, né il suo nome. Ero curiosa, ma allo stesso tempo spaventata.

Ero già vestita e profumata, mi ero fatta prendere dal panico e mi ero svegliata 3 ore prima.

Francesca buttò l'occhio sul mio iPad, vedendo l'ora. Si alzò di scatto, bevendo il suo caffè amaro tutto d'un sorso.

'Cazzo, devo andare, quello stronzo del mio capo mi fa la ramanzina se non arrivo perfettamente in orario.' prese la sua borsa, aggiustandosi i capelli allo sportello del microonde. 'Lo sapevo che dovevo prendere la patente, invece sto ancora a prendere la metro.' imprecò, dandomi un bacio sulla guancia.

'Poi ti insegno a guidare!' urlai, mentre correva verso l'uscita.

'Buona fortuna per il servizio fotografico!' urlò a sua volta, prima di sbattere la porta.

Risi della situazione. Francesca era la solita ritardataria. Lavorava come editor in una rivista di moda. Era brava a scrivere, ma ancora non aveva avuto la sua opportunità di aprire la sua rubrica.

Guardai l'ora anche io, rendendomi conto che fosse effettivamente tardi, anche per me.

Mi alzai dalla sedia, mettendo le tazze nel lavandino e riempiendole d'acqua. Presi le scarpe da terra, mettendomele saltellando. Presi la borsa e ci infilai l'iPad, la mia macchina fotografica, e il mio taccuino, in modo che in pausa pranzo avrei potuto disegnare qualcosa.

Uscii di casa e scesi le scale, uscendo dal mio palazzo. A differenza di Francesca, io ce l'avevo la patente, anche se con il traffico di Milano forse è meglio la metro.





'In macchina ti sentii cantare per la prima volta. Adesso che ci penso, è strano sapere che ti avevo parlato 3 ore prima e non avevo riconosciuto la tua voce alla radio, non sapevo nemmeno chi fossi.'




'Cara Italia di Ghali' sentii di sfuggita alla radio, mentre imprecavo in silenzio, perché non trovavo parcheggio.

'Io odio Milano.' abbassai il volume, mentre parlavano di te e di Cara Italia.

Dopo 10 minuti buoni, e almeno 3 parcheggi che avevo scambiato per vuoti, mentre in realtà c'erano delle stupide smart, trovai parcheggio.

Non ero in ritardo, ma ero sull'orlo di uccidere qualcuno.

'Trasferisciti a Milano, dicevano. Un giorno Erika me la paga.' sussurrai tra me e me, camminando verso l'edificio dove si trovava il set.

Erika era una delle mie amiche, giù a Roma.




'Quando ti dissi che ero di Roma mi hai lasciato parlare a vanvera di quanto la amassi, e di quanto significava per me.'








































'E alla fine mi hai convinto.' sorridesti, mentre guardavi il Colosseo.

Sorrisi, voltandomi verso di te. Alzai un po' la testa, per guardarti negli occhi.

'Non puoi stare con me se non vieni con me a Roma.'

'Allora è una fortuna che sono qua.' mi mettesti un braccio intorno alle spalle, ridendo di gusto mentre mi stringevi e io cercavo di liberarmi.

'Bastardo, lasciami!' risi, mentre mi dimenavo.

Mi sollevasti da terra, tenendomi stretta e portandomi in giro come se fossi pazza.

'Sei leggera come una piuma.' osservasti, prendendomi a mo' di sposa.

'Mettimi giù.' ti tirai uno schiaffo sulla nuca, che ti fece ridere.

Mi misi giù con un sorriso, ma tenendo il tuo braccio intorno alle mie spalle.

'Un giorno ti porto in Tunisia.'

'A farti arrestare un'altra volta?'

'Questa volta non mi faccio arrestare, giuro.'

'Giuri?'

'Giuro!'

'Allora mi fido.'











































'Allora, chi è questo rapper?' chiesi a una stagista, sedendomi su una sedia, mentre pulivo il vetro della fotocamera.

'Hm, Ghali.' rispose, guardando tra i mille fogli che aveva in mano.

Annuii in silenzio, non sapendo minimamente chi fosse e non collegando i puntini.

'Oh, eccolo, è lui.' lo indicò con il dito, facendomi girare.

Era lui.

'Cazzo.'

the art of opposites. ghaliDove le storie prendono vita. Scoprilo ora