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'Al servizio fotografico non ho avuto il coraggio di parlarti. Tu eri impegnata a fare il tuo lavoro, a scattarmi delle belle foto. Vedevo la tua passione, la tua eccitazione, nel fare questo lavoro.

Non sapevo ancora il tuo nome, e questa cosa mi torturava. Non sapevo quanti anni avevi. Charlie mi ripeteva:

'Fai tanti servizi fotografici, magari la rincontri.'

'Non eri quello che credeva al destino?'

Era vero. Credevo al destino. Ho fatto bene a crederci.'




'Stasera posso fumare o ti trasformi in mia madre?' chiesi a Charlie, mentre mi trascinava in un locale.

'Sei proprio ingrato. Volevi subirti le ramanzine della tua manager?' mi tirò uno schiaffo sulla nuca, andando nel retro del locale.

'Ahia!' lo spinsi, mettendomi la mano sulla nuca.

'Comunque, si, puoi fumare.'

'Grazie, mamma.'

Un buttafuori ci fece entrare dal retro, in modo che non mi assalissero i fan. Mi feci spazio in mezzo alla folla, lasciando che Charlie mi guidasse al nostro tavolo.





'Speravo di incontrarti quella sera. Di rivederti, per un istante. Non so perché fossi così tanto ossessionato da te, ma volevo rivedere i tuoi capelli biondi, i tuoi occhi azzurri, le tue labbra rosse.

Quando finalmente ti vidi, in quel vestito corto, attillato, mentre ridevi con la tua amica al bancone, sorseggiando un Gin Lemon.

Arrivarono dei ragazzi a chiedermi una foto, e tu, con il tuo solito occhio attento, te ne accorsi.

Mi guardasti negli occhi, e ti alzasti. Te ne andasti via, letteralmente.'






'La smetti di seguirmi?'

'Sei tu che scappi.'

'E tu perché mi segui?'

'Perché non so il tuo nome.'

Una risata uscì dalla tua bocca, mentre ti girasti verso di me, con la sigaretta incastrata fra le labbra.

'Quando sei venuto sul set non ti sei informato?'

'Stavamo lavorando entrambi.'

Scusa del cazzo. Non volevo dirti che non ne avevo coraggio.

'Oh, che professionalità.' buttasti per terra la sigaretta a metà.

'Perché l'hai buttata? Era a metà.'

'Mi era passata la voglia.'

'Le tue sigarette a metà, che buttavi perché ti passava la voglia di fumare, perché ti sentivi in colpa se ci pensavi troppo, perché volevi smettere, anche se tornavi sempre con un pacchetto di Marlboro Red.'

'Ma non importa, che vuoi da me?'

'Il tuo nome.'

'E perché ti interessa così tanto il mio nome? Non sei tipo, famoso?'

'Voglio il tuo e basta.'

'Vuoi rivedermi mezza nuda?' ridesti.

'Forse.'

'Sei un po' un bastardo, lo sai?'

'Me lo dice sempre il mio migliore amico.'

'Facciamo un patto?'

'Dipende. Di che tipo?'

'Se mi rincontri, allora forse ti dico il mio nome.'

Te ne andasti senza darmi tempo di rispondere.

'Tanto lo scopro lo stesso!' urlai, facendomi rivolgere delle occhiatacce.

Altri ragazzi si avvicinarono a me, chiedendomi delle foto, e in quel momento volevo solo rincorrerti.









































'Perché non volevi dirmi il tuo nome?' chiesi.

Eri sdraiata accanto a me, con solo l'intimo addosso, sul mio letto, mentre fumavi una sigaretta.

'Pensavo che fossi il solito rapper montato che mi voleva solo scopare.' dicesti, lasciando uscire il fumo.

'Sembravo davvero così stronzo?' mi sedetti sul letto, prendendoti per la vita e avvolgendo le tue gambe alla mia vita.

'Nah, ma sembravi il classico rapper stereotipato.' sorridesti, sedendoti a tua volta.

'Era perché ti ho detto che ti volevo rivedere mezza nuda?'

'Non lo so, era una sensazione.' avvolgesti le braccia intorno al mio collo, guardandomi negli occhi. 'Tanto mi hai vista comunque mezza nuda.'

'Anche completamente nuda.' sorrisi, incantandomi nei tuoi occhi azzurri.

'Bastardo.' sorridesti, baciandomi le labbra.

Le tue labbra erano come una droga. Sapevano di ciliegia, di fumo e del caffè che bevevi come fosse acqua. Erano sempre rosse, morbide. Si sentivano benissimo sulle mie. I tuoi baci erano la mia medicina. Le tue labbra che baciavano le lacrime che scendevano sulle mie guance. Le tue scie di baci che lasciavi sulla mia mandibola. Il segno del rossetto che lasciavi sulla mia guancia. I tuoi baci sul mio naso.

Amavo il tuo tocco. Amavo che ti facevi toccare solo da me. Ti lamentavi sempre di quanto odiavi che gli altri ti toccassero, che alcune volte anche i tuoi amici ti infastidivano, eppure non ti sei lamentata una volta di me.

Anzi, cercavi il mio tocco. Volevi che ti abbracciassi e ti accarezzassi i capelli mentre piangevi per qualche lavoro rifiutato. Volevi che ti stringessi prima di addormentarti. Volevi semplicemente che ti toccassi, più di ogni altra cosa.









































'Stiamo facendo una cosa da stalker pazzi.' sospirò Charlie, passandosi una mano sul viso.

'Voglio sapere il suo cazzo di nome.' mi impuntai, entrando nell'edificio dove si era tenuto il servizio fotografico.

Ne uscii dopo 10 minuti. Non potevano dirlo, questione di privacy.

'Allora, stalker, niente nome?' chiese Charlie, mettendomi un braccio intorno alle spalle.

'Questione di privacy.' sbuffai, mettendo le mani nelle tasche.

'Che ti ha detto? Che se la rincontri ti dice il suo nome?'

'Si.'

'Ghali, Milano è grande quanto piccola. L'hai casualmente incontrata 3 ore dopo averla fissata in mezzo alla strada, e l'hai rincontrata 2 giorni dopo in un locale. È il momento giusto per credere nel destino, non credi?'

the art of opposites. ghaliDove le storie prendono vita. Scoprilo ora