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'2 settimane. Più precisamente, 13 giorni e 9 ore che non ci sentivamo. È vero, ero stato io ad andarmene quella mattina, e no, non era per lavoro.'






'Meglio così, è mese di Ramadan.' Charlie mi diede una pacca sulla spalla, guardandomi con compassione.

'Secondo te è colpa mia?'

'Con tutto il rispetto, non siete ufficialmente fidanzati, smettete di parlarvi per giorni e poi, in un martedì qualunque, scopate e vi iniziate a trattare da fidanzati come sempre.'

'E quindi?'

'E quindi siete entrambi ridicoli. Avete 30 anni e ancora fate i giochetti da sedicenni. Datevi una regolata.' si alzò dal divano, lasciandomi solo a pensare.







'Era vero. Facevamo i giochetti da sedicenni. Eravamo entrambi così immaturi da far schifo. Eppure eravamo dei trentenni indipendenti immaturi, che giocavano con i sentimenti dell'altro.'







































'Ehi, superstar! Ti è venuta l'ispirazione alle 4 del mattino?'

Alzai lo sguardo, vedendoti come ti avevo visto la prima volta. Distolsi lo sguardo, era mese di Ramadan alla fine.

'Hai deciso di parlarmi?'

'Si, mi sono svegliata bene stamattina.' mi prendesti in giro, ridendo di gusto.

'Si sono allineati i pianeti?' sorrisi, sforzandomi a non girarmi e mangiarti con gli occhi.

'Sali, il sole ancora non è sorto e scommetto che non hai mangiato niente. Mi metto qualcosa addosso.' ridesti, rientrando in casa.

Rimasi lì per qualche secondo. Ti eri ricordata del Ramadan.

Sentii il portone aprirsi, il ché mi fece risvegliare dai miei pensieri.















'Non era vero che non ti importava niente, ti importava pure fin troppo. Eri solo troppo impaurita per ammetterlo.'
















'Torta al cioccolato? Sei seria?' chiesi, guardando la torta sul tavolo.

'Non riuscivo a dormire.' facesti spallucce, sedendoti al tavolino.

Sospirai, sedendomi e prendendone una fetta. Quasi mi mancano le tue doti da pasticcera.

'Cazzo, è buonissima.' esclamai con la bocca piena, non facendo caso alla parolaccia.

'Hm, attento a quello che dici.' sorridesti, stando attenta a non toccarmi.

'Ancora il sole non è sorto, puoi toccarmi.'

'Non sai mai tenere le mani apposto.'

'Okay, hai ragione.' ammisi, cercando di concentrarmi sulla torta e non su di te.

Ci fu un momento di silenzio, rotto solo dal rumore delle nostre forchette contro i piatti. Sentivo il peso di tutte le parole non dette, delle discussioni sospese e delle emozioni represse.

'Perché sei così?'

'Così come?' chiedesti confusa.

'Così bella quanto dannatamente stronza.' buttai la forchetta nel piatto.

'Eredità.'

Ti guardai confuso. Eredità? Che scusa del cazzo era?

'Mio padre era il primo degli stronzi, ce l'ho nel sangue.' spiegasti, notando la mia espressione confusa.

'Non è una scusa. Però, non sei semplicemente stronza.'

'E come sono?'

'Sei qualcosa di più elaborato. Nessuna si è mai ricordata del Ramadan. Nessuna mi ha mai fatto una torta al cioccolato alle 4 del mattino. Nessuna ha mai fatto una cosa del genere. Eppure, tu, dopo che non ci parliamo per 2 settimane, mi fai salire a casa tua per mangiare un po' prima del digiuno.'

'Chi te l'ha detto che non ci tengo a te?'

'Le tue azioni.'

'Ci tengo a te. Il cervello tradisce sempre.'

















'Non erano le parole che mi aspettavo di sentire, anzi. Mi aspettavo di sentire solo delle stupide scuse del tuo comportamento, invece no. Anche se, a 30 anni magari dovremmo prenderci un po' di responsabilità.'





















'Ghali, 300 grammi, non un kilo.' mi spingesti, rimettendo la farina dentro la busta.

'Sei tu la pasticcera.' sorrisi divertito, appoggiandomi al frigorifero.

'Si, ma ti ho chiesto una mano.' roteasti gli occhi, versando la farina nella ciotola dell'impasto.

'Devi fare tu il regalo a Francesca, non io.'

'Spocchioso.'

'Cosa?'

'Arrogante, Ghali, arrogante.'

'Non sono arrogante!'

'Lo sei appena stato.'

'Non è vero.'

'Invece si.'

'Mi costringi a fare una cosa che non voglio fare.' sospirai, infilando la mano nella busta della farina.

'Cosa?' chiedesti, prima che la tua faccia si riempì di farina.

'Io ti ammazzo.' mi guardasti con occhi di fuoco, prima di prendere l'intera busta di farina e buttandomela addosso.

La mia bocca si spalancò, guardando i miei vestiti coperti di farina.

'Sei una stronza.' mi passai la mano addosso per raccogliere altra farina, buttandotela sui capelli.

'Li avevo appena lavati, andiamo!' esclamasti, buttandomi altra farina in mezzo ai dread.

'Ci vorranno ore per lavarli adesso!' risi, buttandoti altra farina.

'26 anni e non sentirli, hm?' sbuffasti, soffiando via una ciocca di capelli.

Ti presi per i fianchi, facendoti sedere sul bancone della cucina. 'Tu 30 e ancora ti incazzi per uno scherzo?' sorrisi divertito, guarda la tua faccia sporca.

'Bastardo.' sorridesti, baciandomi le labbra.

the art of opposites. ghaliDove le storie prendono vita. Scoprilo ora