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'Ti rendi conto che mi stai parlando di Ghali, vero?' Francesca buttò due scatole di pasta nel carrello, sospirando al mio racconto.

'Ma solo io non avevo idea di chi fosse?' chiesi, spingendo il carrello.

'Si, Emma. È sulla bocca di tutti da tipo il 2016.'





'Curioso che non avessi davvero idea di chi tu fossi. Quando ti ho nominato per la prima volta a Francesca è saltata dal divano, chiedendomi se stessi scherzando. Per lei ero una pazza. Aveva ragione, solo una pazza si sarebbe lasciata scappare quest'occasione.'






'E se scrive una canzone su di me? E se la sento in macchina e faccio un incidente? Lo denunci poi, vero?'

'Ti ha visto mezza volta, non credo che farebbe una canzone su di te.'

'Che ne sai?'

'Emma, quante pare che ti fai.' sbuffò, prendendo le cose dal carrello e mettendole sulla cassa, lanciandomi occhiatacce, dato che non stavo facendo niente.

'Scontrosa.' feci una smorfia, prendendo il portafogli.







'Quando uscimmo dal supermercato le parlai fino allo sfinimento di te. E se scrivevi davvero una canzone su di me? Francesca rispondeva sempre con:

'Emma, fatti curare.'

Era la sua frase preferita. Aveva ragione. Anche se alla fine l'hai scritta una canzone su di me.'












































'Ero seduta per terra, a gambe incrociate, in studio, ad osservare tutto questo mondo di cui non sapevo nulla.

'Sono le 5 di mattina, andiamo a casa.' mi alzai da terra, mettendo le mani sulle tue spalle.

'Ho l'ispirazione in questo momento.'

'Non sono giovane come te, ho bisogno del mio sonno.' ti massaggiai le spalle, sentendoti rilassare.

'Hai solo 4 anni in più di me, andiamo.' ridesti, girando la sedia girevole verso di me.

'Non funziona la carta della vecchiaia con te?'

'No.'

Mi prendesti dai fianchi, facendomi sedere sulle tue gambe. Mi guardasti incantato come al solito, incastrando i tuoi occhi nei miei.



Eri ossessionato dai miei occhi, li definivi 'il Paradiso'.



Mi addormentai nelle tue braccia, avevo davvero sonno. Ricordo come mi tenevi stretta ogni volta che mi addormentavo. Di come mi controllavi il polso ogni volta che ero fredda. Di come mi svegliavi quando non trovavi il battito. Di come ridevo di te, dicendoti che ero viva. Di come mi stringevi anche mentre mi prendevo gioco di te.'





































'Quindi, come ti chiami?'

La tua figura che si sedeva accanto a me sulla panchina, mi immobilizzò.

'Vuoi saperlo così tanto?' sorrisi, guardando attraverso l'obiettivo della fotocamera.

'L'hai detto tu che se ti avessi rincontrata mi avresti detto il tuo nome.'

'Ti sei dimenticato del forse.'

'Andiamo, non farmi sudare.'

Posai la fotocamera sulle mie gambe, guardandoti da testa a piedi.

'Ti fai fare una foto?'

'Cosa?'

'Una foto. Ti posso fare una foto?'

'Poi me lo dici il tuo nome?'

'Si, giuro.'

'Giuri?'

'Giuro!'

'Allora mi fido.'

Sorrisi di gusto, mettendo a fuoco la tua figura contro lo sfondo del parco. Il sole stava calando, e una luce calda avvolgeva tutto, rendendo l'atmosfera quasi magica. Scattai una serie di foto, cercando di catturare ogni dettaglio del tuo viso, la serenità nei tuoi occhi, l'accenno di un sorriso.

'Fatto.' dissi, porgendoti la fotocamera. 'Vuoi vedere?'

'Solo se mi dici il tuo nome.' replicasti con una sfumatura di impazienza nella voce.

Sospirai, sapendo che non avrei potuto rimandare oltre.

'Emma.' risposi, fissandoti negli occhi.

'4 lettere e mi hai fatto aspettare quasi 2 settimane?'

'È stato divertente.'

'Ti sei presa gioco di me?'

'Forse.'

'Beh, lo sai il mio?'

'Ghali è il tuo vero nome?'

Ridesti a questa affermazione. Era come se ti avessi fatto una domanda così ovvia e stupida che non si meritava nemmeno una risposta.

'Allora? Smettila di ridere.' incrociai le gambe, mettendo il broncio.

'Nessuno mi ha mai chiesto se fosse il mio vero nome.' sorridesti, guardandomi con divertimento.

'Quindi è il tuo vero nome?'

'Cerca su Wikipedia.' e ti alzasti, non guardando nemmeno le mie foto.

'Che bastardo.' commentai, riprendendo a fare le foto alla natura.









'Non hai mai saputo giocare bene con me. Hai dovuto aspettare altre 2 settimane per avere il mio cognome e il mio profilo Instagram. Quando ti dessi il mio numero, mi chiamasti permalosa.

Io ti risposi che non avevi visto niente, e che in realtà fossi peggio.


'Permalosa.' dicesti, mentre prendevi il tovagliolo con scritto il mio numero.

'Non hai visto niente, sono molto peggio.' presi il mio caffè da asporto e feci per andarmene, lasciandoti di nuovo immobile come un tonno.


Mi chiamasti 'stronza' tante volte. Mi dicesti che alcune volte sembrava che mi impegnassi per fare la stronza psicopatica.

Non sapevo darti torto, ma non sapevo nemmeno darti ragione, perché un cuore ce l'avevo anch'io.

Ricordo quando litigavamo su chi era il più stronzo e finiva sempre che non ci parlavamo per 3 giorni. L'ho capito troppo tardi che eravamo entrambi due permalosi del cazzo.'

the art of opposites. ghaliDove le storie prendono vita. Scoprilo ora