Capitolo 19

383 20 1
                                    


Era passata una settimana e, bene o male, Levi aveva imparato bene a utilizzare una pistola tanto che non aveva bisogno più dell'aiuto di Eren. Anche se da una parte quella cosa lo dispiaceva, perché non avrebbe più percepito il suo tocco bollente sulle braccia.
La sua vita era quella ormai: la mattina si svegliava, Eren usciva e lui rimaneva con Mikasa, poi il pomeriggio andavano al poligono di tiro, a Levi gli avevano dato anche una pistola personale, ritornavano a casa la sera, cenavano e andavano a letto esausti. Anche se il corvino era più che sicuro che il castano sgattaiolasse via durante il cuore della notte, più di un paio di volte aveva sentito i suoi passi fuori la porta della sua stanza e anche la sua voce discutere con qualcuno.
Ma si era fatto i cavoli suoi e non aveva avanzato il discorso nei suoi confronti. Erano problemi di Eren e voleva evitare che si innervosisse con le sue domande; era già tanto che gli aveva dato un tetto sotto la quale stare per proteggerlo da qualsiasi pericolo. Quei tizi avrebbero potuto assalirlo da un momento all'altro, quindi era meglio per lui stare nella villa al sicuro e uscire solamente per gli allenamenti al poligono.

Quella mattina si prospettava una bella giornata, il sole splendeva nel cielo anche se c'era una calura soffocante tanto che il corvino, venendo svegliato dal caldo, si ritrovò a spalancare le finestre. Gli uccelli cinguettavano felici e ne vide un paio librarsi in aria, avvolgendosi in una danza tutta loro.
Le piume erano colorate e venivano colpite dai raggi del sole, rendendole più luminose di quella giornata estiva.
Inspirò l'aria di primo mattino, era così soddisfacente. Chiuse gli occhi per un secondo, stringendo a se la mensola di legno della finestra, pessima idea. Udì chiaramente uno sparo, gli occhi del corvino erano serrati ma pensò che quegli uccellini fossero scappati via spaventati, lontano dal pericolo.
Percepì un sapore ferroso a livello della bocca e un bruciore al centro del petto che lo fece barcollare all'indietro, fino a farlo cadere con la schiena terra.
Lo sparo lo aveva colpito al centro del petto. La vista era offuscata, sentiva poco se non il rimbombo dell'arma e si sentiva le forze che stavano venendo meno. Ma, prima di chiudere gli occhi, vide la porta della stanza spalancarsi al punto tale da sbattere contro il muro. Vide Eren e tra le mani aveva una pistola.

-•-

Si svegliò di soprassalto.
Portandosi immediatamente le mani al centro del petto, a parte il cuore che batteva ancora all'impazzata, contro la cassa toracica, funzionava perfettamente e non aveva nessun tubo attaccato al corpo. Si guardò velocemente prima a destra e poi a sinistra, era ancora notte.
Aveva fatto solo un maledetto incubo.
Nonostante la stanchezza, non riusciva però a richiudere gli occhi e a riaddormentarsi.
Scivolò via dal letto, raggiunse la porta della stanza e guardò sotto di essa, notando che nel corridoio ci fosse la luce accesa.
Nonostante ciò, non vide molto ma udì delle voci. Riconobbe chiaramente quella di Eren e quella di Mikasa, ma non erano gli unici a parlare. Con loro c'era anche qualcun altro. Una terza voce, che apparteneva a un uomo. Era molto più marcata e più distaccata.
"Dovrai fare ciò che ti dico io."

"Non posso lasciarlo morire."
Questo era Eren.
Non riuscì a capire bene di cosa si parlasse, ma una cosa la capì:
'Levi deve morire.'
Lo aveva detto la voce più cupa, più anziana. Sentì il cuore salirgli nella gola, bloccarsi lì e voleva correre in bagno per vomitare qualsiasi sentimento contrastante che in quel momento stava provando.

-•-

Non aveva chiuso occhio per tutta la notte, si sentiva più stanco del solito.
E poi quel caldo infernale non contribuiva nemmeno con il suo stato d'animo, lo andava a peggiorare.
Si trascinò fuori dal letto, indossando subito i vestiti e poi prese la direzione del bagno dove si andò a sciacquare il viso, poi prese direttamente la strada che conduceva fuori la stanza.
Levi andò in corridoio, sentì delle voci provenire dal salone, erano Eren e Mikasa. Li riconobbe subito.
A quell'ora era doveva essere già pronto per uscire.
Quindi fece una corsa lungo le scale, spallandosi quasi, per giungere in tempo nella stanza dove lo trovò in piedi vicino a una Mikasa seduta. I due lo osservavano; probabilmente non aveva un aspetto molto ordinato, perché avevano lo sguardo strano, soprattutto il castano. Oppure era reduce della conversazione che aveva avuto nella notte con quell'uomo. Non poteva saperlo, fatto stava che quest'ultimo gli si avvicinò e gli fece cenno di raggiungerlo fuori, in silenzio.

"Dove andiamo ?"
Levi era confuso. Pensava che dovesse rimanere in casa come stava facendo da qualche settimana a quella parte, poi nel pomeriggio sarebbe andato con lui al poligono di tiro. Ma non era successo così; aveva stravolto tutti i suoi piani. Il ragazzo era rigido e in postato, con il petto sodo sparato all'infuori.

"Non fare domanda alla quale non ricevi una risposta."

Era giusto, si ritrovò a fare un sospiro mentre salì nell'auto del ragazzo; il quel momento il nero della carrozzeria era illuminato dai potenti raggi solari di prima mattina che erano alti nel cielo. L'altro, una volta dentro, ingranò la marcia e uscì dal parcheggio. Levi era nervoso e, dopo quella conversazione che aveva udito quella notte, era ancora più nervoso se solo il suo cervello ci pensava.
Guardò fuori dal finestrino; l'auto sfrecciò fuori dal portone, inoltrandosi verso la strada. Nonostante questa fosse trafficata e il motore rombava velocemente, l'altro fu molto abile a evitare un incidente.
Eren giunse subito sul posto. Una villa imponente, persino più grande di quella di Eren, si ergeva davanti ai suoi occhi. Un paio di guardie erano appostate ai lati del cancello in ferro battuto, tra le mani avevano dei mitragliatori di grosso calibro. Il cuore gli salì in gola, quando vide quelle armi. Così piccole in quelle braccia possenti, ma un proiettile di esse, se ti avesse colpito in un punto vitale, era letale.

"Questa è casa dei Braun."
Il respiro gli si mozzò in gola e il cuore scalpitò nel suo petto, quando gli disse quello. Lo aveva mandato a morire, quindi aveva accettato il compromesso con quell'uomo. Si sentì tradito, avrebbe voluto tornare indietro nella magione, con Hanji, almeno li era al sicuro.

"Eren ..."
Dopo qualche secondo, il corvino di girò pallido in viso, gli occhi sgranati e il labbro inferiore che tremava.
Vide Eren, al suo fianco, che aveva una pistola tra le mani.

Pushing me away (Ereri)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora