Capitolo 17.

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Molte volte nei momenti di rabbia e di rancore, ci capita di dire parole forti a raffica, ci succede perché la nostra mente ha bisogno di sfogarsi e le parole offensive sono l'unica cosa che ci riesce meglio in momenti così. Anche se noi però non le pensiamo per davvero, anzi pensiamo l'esatto contrario. Io personalmente, avevo urlato cose molto cattive e non sapevo neanche come avrei potuto rimediare. Ma l'unica cosa che mi importava per davvero era riuscire a salvarla. Se non avrebbe accettato il mio perdono, lo avrei capito, ma avrei comunque fatto di tutto per stare con lei. La verità è che i miei occhi ormai riuscivano a vedere solo lei, nel mio futuro riuscivo a vedere chiaramente la sua immagine con la mia, e non so se fosse sbagliato o egoista pensarla in questo modo, credo che infondo tutti quando siamo veramente innamorati abbiamo una benda sugli occhi che non ci lascia la libertà di scegliere altre strade. Io non avevo bisogno di altre strade, avevo trovato la mia, con lei, e per quanto burrascosa potesse essere avrei provato o per lo meno cercato di andare dritto per quella strada, evitando tutti gli ostacoli che avremmo incontrato durante il nostro cammino. Per quanto una strada può essere distrutta, rovinata, in salita o lunga, se la destinazione ricompensa tutto questo, perché non dovrebbe essere la strada giusta?

I ragazzi come sempre erano pronti a combattere con me, nonostante avessi chiaramente detto di volerli coinvolgere, non volevo che tutta quella situazione gli si ritorcesse contro a causa mia. Non sapevamo da dove iniziare o dove andare. Stefano di certo, non la teneva a casa sua ed io non sapevo dove poter trovare questo Mattia. I ragazzi per tutta la notte si misero d'impegno, domandarono a tutti gli scagnozzi in città, senza alcun risultato, erano tutti alleati con Stefano e i suoi. Ma anche noi, non per vantarci, avevamo le nostre conoscenze in città e riuscimmo a trovare qualcuno disposto a dirci tutto quello che dovevamo sapere. Lei era con Mattia, in un appartamento nella zona ricca di Milano, tanto male non la trattavano.

Era l'alba, eravamo pronti per andar a riprendere la mia ragazza, anche a costo della mia vita se fosse stato necessario. Avevamo raccomandato alle ragazze di chiudere tutte le porte della casa, di non rispondere al cellulare e di non aprire la porta per nessun motivo. Giulio aveva deciso di prendere il suo furgoncino nero. Davanti si sedettero lui e Giorgio, io e i ragazzi ci sistemammo nella parte posteriore del furgone. Quella zona era abbastanza distante da casa nostra, il nostro furgoncino non consentiva la massima velocità, quindi ci mettemmo su per giù un'ora per arrivare sul luogo prestabilito. Parcheggiammo di fronte all'abitazione. Era un palazzo di quelli moderni con tutti i muri in vetro da cui era facile osservare la città. Notammo che all'entrata del palazzo c'erano due uomini alti che facevano la guardia. Senza neanche consultarmi, Federico tirò da un borsone che aveva portato con se, due bombolette di gas che li avrebbe storditi. Ci nascondemmo dietro il furgone e lanciammo le bombolette a pochi metri dagli uomini, subito ci coprimmo naso e bocca, loro caddero a terra. Manuelito e Giulio rimasero di guardia giù, noi altri salimmo all'interno del palazzo e andammo in cerca del loro appartamento. Salimmo vari piani e centinaia di scalini, ma solo quando fummo all'ottavo piano trovammo quel dannato numero, su una dannata targhetta attaccata ad una dannata porta. Data l'ora, dovevano essere di sicuro a letto, quindi per noi sarebbe stato più semplice. Giorgio riuscì a scassinare la porta, tutto sommato non era così male come mi aveva sempre fatto pensare, forse e dico forse stavo cambiando idea su di lui. Aprimmo lentamente la porta, di istinto corsi subito in camera da letto, ma stranamente era vuota. Corsi verso gli armadi per controllare che le loro cose fossero ancora li, ma trovai solo il vuoto. Iniziai a bestemmiare come un matto distruggendo tutto quello che mi capitava tra le mani.

"Hey Emis, abbiamo ricevuto una chiamata da Giulio, hanno visto Mattia con Ilary scendere dalle scale antincendio" Mi informò frettolosamente Mauri.

Non me lo feci ripetere due volte, corsi subito fuori dall'appartamento. Scesi i gradini di quegli otto piani al volo, rischiando di cadere e rompermi qualche osso. Quando arrivammo nell'androne del palazzo, all'uscita della porta principale c'erano già i ragazzi con il motore del furgoncino acceso, salimmo immediatamente e Giulio partì. A meno di venti metri dal nostro autoveicolo c'era l'auto di Mattia, così con discrezione cominciammo a seguirla. Dove stavano andando alle prime ore del mattino? Non lo perdemmo di vista neanche un attimo. Eravamo ormai lontani da quella zona, ed eravamo entrati in una zona basso\media di Milano. Sui marciapiedi si cominciava a vedere qualche escort e qualche minorenne che spacciava droga. Ad un tratto l'auto si fermò, noi facemmo lo stesso qualche metro più in là. Mattia fu il primo a scendere dall'auto, poi apri lo sportello destro tirando con forza Ilary dall'auto. Era mezza svestita e a piedi nudi. Lui la scaraventò sul marciapiede, lei rimase ferma, neanche provò a scappare, mentre lui si sedette sul bagagliaio della sua auto ad osservarla. Lei andava avanti e dietro su quel marciapiede, stringeva le braccia intorno al corpo, sentiva freddo. Non ci volle molto a capire che quel figlio di puttana la stava facendo prostituire. Giorgio all'improvviso scese dal furgoncino indossando un cappello sulla testa, con disinvoltura si avvicinò a Mattia. Cominciò a chiacchierare con lui, non riuscivo a capire che cosa si stessero dicendo, ma vidi chiaramente che ad un certo punto Giorgio sferrò un pugno sulla faccia di Mattia. Subito tutti scendemmo dall'auto correndo verso di loro con delle pistole ben puntate verso la sua testa. Io corsi verso Ilary che appena vide tutti li, cominciò a cercare il mio viso tra i tanti, appena mi vide mi corse contro ed io l'accolsi in un grande abbraccio.

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