Ad Un Passo Dalla Luna -Prima Parte -

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Le nostre ombre si inseguivano e si legavano tra di loro proprio come I nostri corpi. Strusciavamo su quel muro assetati e desiderosi di appartenersi. Le mie labbra cercavano le sue con veemenza e il mio corpo reagiva davanti al suo con voracità. Volevo sentirla mia. Volevo sentirla tutta mia, mentre entravo dentro di lei. Volevo sentire la sua voce che mi supplicava di non fermarmi, neanche quando le gambe cedevano e il fiato si faceva sempre più corto. Mi nutrivo dei suoi gemiti e dei suoi sospiri mentre la mia lingua si posava sulla sua pelle umida, assaporandone il sudore e il suo gusto dolce. Ci fermammo ansimanti su quel muro che ormai era diventato il nostro posto per eccellenza. Un posto inusuale ma che cadeva a pennello con il nostro essere selvaggi. Si, perché non era solo una mia prerogativa, ormai lo era anche per lei e la sua voglia insaziabile di me.

« Potremmo mangiare insieme ogni tanto. », si schiarì la voce sulla mia spalla dopo essere caduti tutti due nella voragine del piacere.

« Ti sta velatamente lamentando? », domandai sorridendo a mia volta sulla sua lasciandoci un bacio.

« No, no. E che mi piacerebbe passare una serata io e te ed un buon piatto di pastasciutta. »

« Nonostante io sia un patito di pasta, mi sento offeso da questo pensiero post scopata. »

« Lo sai bene che non ha nulla a che fare con te o con le tue prestazioni perfette. », puntualizzò lei sorridendo. « E che vorrei un po' di quotidianità. »

« Ma qualcuno potrebbe vederci e la copertura salterebbe, lo sai. Non voglio che Adriano sappia di noi, come non voglio che altri lo sappiano. », mi allontanai da lei un po 'infastidito da quella sua richiesta da liceale.

Sapeva bene che non era tutto così facile. Non lo era per me, né per quel mondo che sembrava remarci contro con tutte le sue forze.

« Parli di Erika? », domandò sistemandosi le calze e provocando in me un ulteriore riluttanza.

« Anche, ma non per come la pensi tu. », affermai prendendo tra le dita la sigaretta. « Non è una persona stabile, e ho paura che potrebbe fare qualcosa di insensato nei tuoi riguardi.»

« Ti preoccupi per me? », chiese con voce da gattina allungando le braccia sul mio collo.

« Certo che mi preoccupo per te, avevi dubbi? », la guardai intensamente negli occhi cercando di farle capire che lei per me era importante. Non era un semplice infatuazione o il ricordo di un amore passato. Era l'amore. E adesso ne avevo preso consapevolezza, anche se la cosa mi faceva paura. Dire a voce quel sentimento lo faceva diventare reale anche gli occhi degli altri, e io non avevo intenzione di confessare quel dolce segreto.

« No, ma ogni tanto mi farebbe piacere sentirti dire qualcosa di carino o organizzare qualcosa per me. »

« Lo sai che non sono quel tipo di uomo. », affermai con la sigaretta tra le labbra stringendola a me.

« Lo so, ma una volta, vent'anni fa, mi portasti a mangiare un panino con la tua Fiat Uno, e non è andata male. »

Risi a quel ricordo e alla mezz'ora di strada per arrivare a Monfalcone. « A quaranta chilometri da qui. »

« Certo, per l'epoca fu un azzardo, ma adesso penso che si possa fare con più facilità, non credi? », rise lei provando la mia stessa reazione.

« Organizzandoci credo che si possa fare. », risposi ammaliato dal suo sorriso e da quegli occhi pieni di speranze.

Come riusciva a buttare giù quei muri che avevo costruito con minuzia in tutti quegli anni?

« Davvero? Dici sul serio? »

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