Isola Felice -Terza Parte -

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Ero ferma lì, dietro quella poltrona che era stata testimone della nostra passione mentre la mia gonna tempestata di paillettes scendeva giù al suo posto. Il mio sguardo, ancora sognante, si posava imperterrito su di lui e sulla sua figura da uomo vissuto. Mi ero chiesta tante volte come fosse diventato il suo volto e il suo corpo. Lo sognavo la notte e lo pensavo ad occhi aperti di giorno. Quegli occhi blu, i suoi capelli lunghi ricci e il suo fisico esile, credevo di averli persi per sempre. Ma quando lo avevo rivisto davanti a me, l'avevo riconosciuto subito. Avevo riconosciuto i suoi lineamenti da ragazzino in quelli dell'uomo che era diventato, avevo avvertito il suo profumo identico sulla sua pelle, ma avevo anche notato come la sua voce fosse cambiata leggermente e i suoi occhi fossero più cupi del solito. Occhi che avevo impressi nella mia mente e che avevo sperato di rincontrare. Lui si voltò leggermente verso di me sistemandosi la cravatta. Il suo sorriso accarezzato dalla luce che proveniva dalle finestre, mi fece mancare un battito come se fosse la prima volta che lo vedevo. Poi, toccandosi i gemelli che portava ai polsi, si avvicinò nuovamente a me prendendomi per i fianchi.

« Se non fossimo imprigionati in questa sorta di limbo, scenderei giù con te. Mano nella mano. Immagina la scena. »

« La immagino. », sussurrai addossandomi sulla sua spalla, tra capo e collo.

« Immagina di scendere le scale mentre tutti ballano, ma che poi al nostro passaggio si fermano. Come se ci fosse un incantesimo. Immagina gli occhi di tutti puntati su di noi, mentre passiamo tra di loro con nonchalance. Immagina di sorridere come non hai mai fatto e che quel sorriso uccida tutti. Compreso quello stronzo di Adriano. », rise lui abbassando il mento sui miei capelli.

« Sarebbe davvero bello. »

« Un giorno ti prometto che succederà. »

« Stefano, sembra tutto così lontano. E se ti perdessi un'altra volta? »

« Non permetterò che accada. », sussurrò accarezzandomi la guancia destra prima di baciarmi dolcemente. Un bacio lieve, ma che aveva acceso nuovamente tutti i miei sensi. Infilai la mia lingua nella sua bocca sorprendendolo ma non spaventandolo. Infatti, prese di buon grado quel bacio, ricambiando con la sua solita passione. « Adesso è meglio andare. Si chiederanno dove siamo, e io non voglio che ci pensino insieme. »

« Ok... », sospirai allontanandomi da lui.

« Esco prima io, e poi dopo qualche minuto esci tu. Mi raccomando, stai vicino a tuo fratello e a Serena anche se è palese l'odio che prova per me. », sorrise lui allungandosi verso la porta.

« Non ti odia, e che non ti conosce come ti conosco io. E poi le ho sfracellato le scatole parlando sempre di te in tutti questi anni. È da capire. »

« Francamente non ho tutta questa pazienza. », affermò aprendo la porta a rimanderò qualche secondo su di essa. « Ci vediamo dopo. »

Annuii sorridendogli e tirando la porta verso di me. Non appena fui sola in quella stanza buia, ebbi un attimo di titubanza. Senza di lui mi sentii persa, e quel sorriso che era stato sulle mie labbra, sparì di colpo come.se non ci fosse mai stato. All'improvviso mi sentii tremendamente sola e sul punto di piangere.

Perché dovevano sottostare al volere altrui?
Perché non potevamo viverci quell'amore che tanto avevamo desiderato?

Aprii la porta tirando indietro quel senso di paura che mi aveva investita in pieno non badando a quanto tempo fosse passato e se ci fosse qualcuno nelle vicinanze. Dovevo essere forte. Dovevo esserlo per noi, per lui.

Mi chiusi la porta alle spalle, e con passo veloce, feci schioccare i miei tacchi sul marmo bianco, mentre le mie mani sistemavano ancora una volta i capelli che avevo laccato per l'occasione. Sospirai lasciandoli ricadere sulle spalle, stringendo la mia borsetta che avevo sulla spalla destra, cercando di trovare un briciolo di coraggio per continuare la serata.

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