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Quanto vorrei non svegliarmi.
Vorrei solo restare a dormire finchè tutto questo non finisca.
Sarebbe comodo dormire mentre lì fuori c'è una guerra.
Ma ormai ci sono dentro.
È strano. È strano come la mia vita abbia subito una piega così improvvisa. Un attimo prima ero una persona normale, come tutte, e l'attimo dopo ero non so quale creatura. Non ho un'identitá.
Non sono una persona.
Sono qualcos'altro. E non so se sia un male, o un bene.
Forse tutto era meglio prima, quando vivevo la mia normale vita con la mia famiglia; non avevo bisogno di qualcosa in più, vivevo bene.
E ora?
E ora non so neanche chi sono.
- Uhu... Svegliati, Danielle. Basta dormire.
Mi oppongo. Non voglio aprire gli occhi, il buio sotto le mie palpebre è così confortante, ora.
- So che ci sei. Fai meglio ad aprire gli occhi, Danielle.
Il tono è minaccioso, ma io non faccio nulla.
Non sento la paura.
Non sento niente.
Sento solo la voce dei miei pensieri.
Sospira. - Okay, facciamo così: se non ti svegli ora, oggi ucciderò chiunque tu ami nella tua testa, e non ti darò neanche tempo di dormire tra un omicidio e un altro. E posso assicurarti che non lo reggeresti.
- Vaffanculo. - mormoro, per quanto la mia voce possa permettere.
Percepisco il suo ghigno divertito. - Apri gli occhi, sognatrice.
Obbedisco.
Una domanda mi sorge spontanea. - Che ore sono?
- Forse le undici. Di sera, ovviamente. Hai dormito otto ore, più o meno. -
Mi scoppia la testa, mi sento tutta impastata.
- Per la cronaca: ti lascio del tempo per riprenderti dal tuo minuzioso letargo e sgranchirti un po'.
- Che genitile - borbotto.
- Non lo faccio, se usi quel tono.
- Ma sai solo minacciare, tu? - lo guardo. - E torturare? Nient'altro?
Si china su di me, e avvicina il volto al mio, le labbra. - Oh, ci sono altre cose che so fare.
Sento il suo fiato caldo sul collo, ma per il resto non mi sfiora.
D'istinto sposterei la testa di lato, ma, in questo caso, se lo facessi, cadrei nella sua trappola e le sue labbra toccherebbero le mie.
Quindi resto immobile, e rigida sulla sedia a cui sono ancora legata.
Sorride compiaciuto di se stesso e si allontana da me, poi, inaspettatamente, mi libera dalle manette.
Strofino i polsi e le caviglie.
- Sgranchisciti.
Mi alzo e mi stiracchio, e inizio a camminare per la stanza.
In veritá, lo faccio per esaminarla.
Non c'è nessun'altra uscita, eccezion fatta per la porta.
Non posso fuggire. Non c'è scampo.
Controllo il pavimento, e non c'è nulla neanche lì.
È tutto schifosamente protetto.
- Bene. Ora torna a sedere.
Lo guardo. Non tralascia emozioni.
Mi metto seduta sulla poltrona.
Aspetto che mi ammanetti, ma quello che fa è solo porgermi il solito bicchiere d'acqua.
Questa volta bevo senza oppormi, e in pochi minuti sono di nuovo nel mondo dei sogni.
No, degli incubi.
Questa volta sono più preparata, e mi alzo in piedi, ad aspettare, nello stesso prato desolato.
So che non posso scappare, quindi non lo faccio.
- Non dirmi che ti sei arresa.
Chiudo gli occhi e sospiro, riconoscendo la voce.
Quando li riapro, due iridi blu mi stanno osservando preoccupate.
È una visione. Lui non è Mark.
È un'impostore.
Anche se sono consapevole di ciò, non riesco a impedirmi di provare piacere nell'osservare i suoi morbidi lineamenti.
- No, non mi sono arresa. Sto solo aspettando.
- E non scappi?
- No. - scuoto la testa.
Ora mi è vicino, e mi accarezza una guancia.
La mia prima reazione sarebbe quella di inclinare il viso al suo tocco, ma mi allontano.
È solo una buccia.
È la buccia di Mark, ma dentro è un frutto marcio.
La copertina presenta un titolo diverso da quel che il contenuto racconta.
È solo l'aspetto fisico a confondermi; io so che non è lui.
Mi sta imbrogliando.
Mi sta ingannando.
- Perchè fai così, Danielle? Cosa ti ho fatto?
- Nulla, non hai fatto nulla.
Mi chino e trovo quel che cerco.
Lo prendo.
Il ramo è duro e robusto contro la mia mano, ed è appuntito all'estremitá.
La consistenza ruvida mi gratta la pelle.
Lui lo guarda, poi torna a guardare me. - Allora perchè ti allontani da me? Non mi ami?
Le mie barriere crollano per un momento. Io non gli ho mai detto di amarlo. Eppure è così?
Io amo Mark?
Bè, in ogni caso, non lo verrei a dire alla sua falsa immagine.
- Forse amo lui, ma sta pur certo che non amo te. - la rabbia mi scorre in corpo, insieme all'adrenalina.
Sollevo il ramo che ho in mano, e più veloce che posso, glielo infilo nel torace.
La parte sinistra del torace.
Non sono sicura di aver preso il cuore, ma almeno ci ho provato.
Lui crolla a terra, in ginocchio. - Cosa hai fatto? - piange. - Perchè?
E io, cercando di non ascoltare la sua voce straziata, riafferro il ramo, e lo reinfilo. Lui grida.
Poi, si accascia a terra, e attorno a lui una pozza di sangue.
In poco tempo smette di respirare.
L'ho ucciso.
Poi il suo finto corpo sfuma in una nuvola di fumo.
Ce l'ho fatta.
Sono turbata, ma allo stesso tempo fiera di me stessa.
Ho tirato fuori un coraggio che non sapevo di avere.
- Cos'hai fatto? - Amyas mi guarda sconvolto, con i suoi occhi neri.
- Credo tu lo sappia.
Il suo volto è una maschera di rabbia, e questo aumenta il mio compiacimento.
- Perchè dovresti essere arrabbiato? Era una visione, giusto?
Non risponde, ma mi salta addosso e mi getta a terra. Neanche ho il tempo di elaborare, per quanto ha agito velocemente.
Mi è sopra, con il braccio sul mio sterno, che blocca qualsiasi movimento possa fare.
Bè, tranne uno.
Gli tiro una ginocchiata sul suo punto debole.
Geme, ma non si muove.
- Credi di potermi affrontare? - riesco a vedere le fiamme nelle sue iridi.
Preme di più col braccio, e io gemo di dolore.
- Sai, credo che oggi farò un cambio di piano.
- Cioè? - ansimo, col fiato corto.
Afferra il mio viso e mi immobilizza.
Preme le sue gambe sulle mie, e con una mano mi accarezza la pelle da sotto la maglietta.
Rabbrividisco. - Cosa fai?!
Va su, e mi faccio distrarre da quel tocco. E faccio male, perchè con l'altra mano libera mi squarcia il petto.
Quasi non sento il mio grido.
Sta facendo la stessa cosa che ha fatto alla mia mamma.
E so che tutto questo non è reale, ma il dolore lo sento comunque.
Fa male. Dio, fa tanto male.
Sento la sua mano vagare dentro di me, e afferrare qualcosa, per poi stringerla. Mi toglie il respiro, poi come per farmi sentire più dolore, strappa ciò che mi permette di vivere lentamente, molto lentamente, e le mie grida aumentano. Poi, lo tira fuori, e lo lancia via.
Mi guarda con un sorriso maligno sulle labbra, ed è l'ultima cosa che vedo, prima di spegnermi.
Apro gli occhi, ma non mi ritrovo nella stanza bianca che mi aspettavo di vedere.
È il portale.
Sono nel parco.
Il sogno non è finito?
No, impossibile.
Deve esser finito.
E improvvisamente capisco: sono in una delle mie visioni.
Oh, no, ora Amyas entrerá nella mia testa.
Come posso impedirlo?
Ricordo che ogni volta che ho una visione tremo. Perciò, mi concentro; chiudo gli occhi, apro la mente, e cerco di incanalare la mia testa al mio corpo. Mi concentro sulla mia immagine. Sul mio corpo ammanettato alla poltrona. E lo sento. Sento il tremore che mi squassa e lo fermo. Ho collegato la mia mente al mio corpo, e si è rivelato più semplice di quanto pensassi.
Prendo un profondo respiro e osservo l'albero. Sembrano passati secoli.
- Chi sei tu? - mi volto, e osservo il ragazzo che mi guarda interrogativo.
Non l'ho mai visto in vita mia.
Non è molto alto, e non particolarmente muscoloso. Ha un viso piccolo e simpatico, decorato da qualche lentiggine. I capelli rossi sono corti e a spazzola.
Gli occhi sono viola.
Ma non mi spavento; non sono lo stesso viola malvagio dei Fyreit.
Questo è più caldo, dolce e confortevole. È... violetto.
E capisco.
- Non sono un pericolo - avverto. - Sono amica di Mark.
Amica?
Compagna?
Fidanzata?
Non mi so etichettare.
- Mark? - aggrotta la fronte.
- Sì, è come te. Un Missionario.
Inizialmente il suo sguardo si fa confuso, poi si rilassa.
Quindi, i Missionari sono al completo?
Questo vuol dire che Mark verrá a cercarmi, almeno spero.
Poi, dietro il ragazzo, ne compaiono altri cinque.
Uno di loro è Mark.
Li osservo per bene.
Ugnuno di loro ha gli occhi dei colori dell'arcobaleno.
Eccoli qui: i sei Missionari.
Significa che la guerra inizierá.
Poi loro guardano qualcosa dietro di me, e io mi giro per imitarli.
Sabrina si sta avvicinando a noi, con la solita luce bianca dietro di sè.
È bellissima.
I Missionari la fissano sconvolti, io invece la fisso meravigliata.
- Svegliati. - Sabrina mi parla. - Svegliati, ti sta chiamando. - continua.
- Apri gli occhi, Danielle.
E lo faccio.
Li apro.
Ma li apro veramente.
- Cosa cazzo stavi facendo? - Amyas mi sbraita contro.
Sbatto le palpebre un paio di volte e cerco di riordinare le idee.
Ora sono nella realtá.
Ho appena avuto una visione.
E ancora prima lui mi ha uccisa.
Sono di nuovo ammanettata.
Poi, i suoi lineamenti cambiano fino a tramutarsi in consapevolezza. - Hai avuto una visione, vero?
Stavolta sono io a sorridere.
- Dimmelo! - mi afferra per le spalle, in preda alla rabbia.
Quando vede che non ho intenzione di parlare, mi libera dalle manette e mi afferra per il collo, sbattendomi violentemente al muro.
- Parla, o ti giuro che ti uccido con le mie mani.
Rido, ma mi esce solo un suono strozzato. - Non puoi uccidermi, stupido, e lo sai anche tu.
Sono talmente certa di questo che la paura non mi sfiora nemmeno.
Stringe la presa, e mi guarda furioso. Non sa cosa dire.
- Cos'hai visto? - mormora infine.
- Non lo saprai mai.
Mi solleva per aria e mi lancia verso l'altra parte della stanza.
Sbatto bruscamente l'osso sacro e gemo.
- Ringrazia di essere ancora viva. - ed esce sbattendo la porta così forte che sento le pareti tremare.
Mi massaggio il collo dolente, e cerco di allentare il respiro accelerato dal dolore.
Ho vinto io, stavolta.
In fondo, è una battaglia ad armi pari, se si esclude la forza.
Posso ricattarlo.
E userò questo punto a mio favore.
Ora devo concentrare tutte le mie forze nel mettere a punto un piano.
E non sará facile.

Lotewers - Il regno delle creature misticheDove le storie prendono vita. Scoprilo ora