16.

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Non ricapiterá un'occasione simile.
Non mi lascerá sola di nuovo, e devo approfittarne.
Anche se so che la porta non è chiusa, tentar non nuoce, ma quando mi avvicino a malapena la trovo. È mimetizzata con le pareti, è solo grazie a una fessura che individuo la sua posizione. Non c'è maniglia. Come ha fatto ad aprirla?
Spingo la porta e sento un leggero scatto, e capisco come si apre. Solo che è chiusa a chiave, come immaginavo.
Quindi, forse, ci sono altre uscite che prima non sono riuscita a scorgere.
Prendo un profondo respiro e mi metto a carponi sul suolo e tasto il pavimento immacolato. Osservo attentamente e spingo con le mani, sperando che qualcosa si apra.
Niente.
Tasto invano tutte le pareti, e niente ancora.
Guardo il soffitto, e mi domando come poterci arrivare.
Poi vedo la sedia e ci salgo sopra; se la sposto man mano che avanzo posso farcela. E, infatti, con molta difficoltá lo faccio. Ancora nulla, e io sto perdendo tempo. Sto sprecando l'unica possibilitá di trovare una via di fuga. O forse l'unica che c'è è la porta, e in questo caso sarei spacciata.
Salto giù dalla sedia e, cercando di non fare troppo rumore, la sposto pian piano verso la sua precedente postazione.
Osservo che quello è l'unico tratto di pavimento che non ho controllato, e lo faccio: premo le mani e il pavimento si solleva quel tanto che permette di afferrarlo con le dita.
Il cuore mi si ferma; l'ho trovata. Eccola, la mia salvezza.
Poi, la mia gioia si interrompe quando sento delle voci, e osservo le due porte che determinano il mio destino.
Non farò mai in tempo.
Chiudo la porta, sposto la sedia e neanche il tempo di riprendere fiato che la porta si apre rivelando sempre lui: il mostro dei miei incubi.
Ha lo sguardo più tranquillo, anzi compiaciuto.
Dalla mano che teneva nascosta dietro la schiena mi porge il bicchiere d'acqua. Oh, no.
No. Non lo rifaccio.
Indietreggio di un passo, e questo mio gesto lo fa sorridere con cattiveria.
- Non lo berrò - anticipo.
- Oh, sì che lo farai - e scatta verso di me, allargando le braccia, cercando di prendermi.
E io, d'istinto, mi chino alla sua presa e gli sfuggo.
Gli sfuggo.
Oddio.
Mi fissa, lo sbalordimento negli occhi, la bocca aperta. Rifletto le sue reazioni. Io credo di avere la mascella a terra.
Come posso esser sfuggita a uno come lui, con una velocitá che è mille volte la mia?
Torna alla sua espressione circospetta e impassibile, scattando di nuovo. Stavolta riesce a bloccarmi, perchè sono ancora troppo sbalordita, e solo l'impatto con il busto alla parete mi risveglia.
Gemo di dolore, e mi basta lanciargli un'occhiata per riuscire a trovare la forza di sollevare la gamba e sferrargli un calcio nello stomaco.
Lo scaravento fino alla parte opposta della stanza, e non mi fermo a pensare; corro verso di lui, lo blocco con una mano sul torace muscoloso e afferro il bicchiere, gettandolo a terra, rompendolo in mille pezzi.
Quando volgo lo sguardo verso di lui mi osserva piacevolmente incredulo.
- Sapevo che eri qualcosa - sussurra, e quando lo fa, sento il suo respiro sulle labbra, data la vicinanza.
Per quanto vorrei, non riesco ad allontanarmi, come se lui fosse la calamita e io il magnete.
Mi attrae a sè, e mi riprendo solo quando ricordo, guardando i suoi profondissimi occhi neri, cosa mi ha fatto. Mi allontano da lui, e solo guardandolo da questa distanza riesco a concepire ciò che ho fatto: ho combattuto un ragazzo dalla forza bruta, il corpo d'acciaio e la malvagitá nell'anima.
Un angolo delle labbra gli si solleva. - Non importa ciò che hai appena dimostrato: rimane il fatto che hai avuto una visione, e io devo sapere cos'hai visto.
Mi viene un'idea.
- Te lo dirò, a una condizione.
All'ultima parola lo sguardo si incattivisce. - Sono io che detto le regole, qui.
- Bè, dovrai fare un'eccezione, altrimenti non parlerò.
Vedo le rughe di rabbia accentuarsi sua sua fronte, ma le ignoro. - Voglio vedere Sabrina.
Lo vedo per un secondo irrigidirsi. - Neanche per sogno.
- O questo o niente. - incrocio le braccia.
Rimane in silenzio per minuti, senza mai distogliere lo sguardo dal mio. Faccio lo stesso.
- Va bene. - dice, infine.
Una parte di me vorrebbe dire "davvero?" e saltare di gioia, ma l'altra parte deve mantenersi contenuta, ed è questo quello che faccio.
Infila una mano nella tasca posteriore dei suoi jeans e ne tira fuori la benda nera, che mi lega attorno gli occhi.
Cerco di memorizzare bene la strada che facciamo: dritti per dritti, svoltare a sinistra, ancora dritti per almeno 20 metri, girare a sinistra, 10 metri, girare a destra.
Navigatore incorporato.
Apre una porta e la richiude dietro di sè, e mi sfila la benda.
Ciò che vedo è una stanza identica alla mia, con una ragazza accovacciata a terra.
Non si muove.
- Che fa? - chiedo ad Amyas, che so essere dietro di me.
Lo guardo, ma lui fa spallucce.
Mi avvicino cautamente a lei. - Sabri...? - le tocco la spalla.
Si volta di scatto verso di me, con i piccoli occhi azzurri lucidi, e il viso stanco. Finalmente. Eccola, la mia amica. Seppur i suoi occhi sono di un colore glaciale, li sento scaldarmi dentro, come un fuoco fatuo. I suoi occhi freddi e caldi allo stesso tempo sono la cosa più vera e confortante che ho visto da quando mi trovo qui.
- Danielle? Sei tornata?
- Sì, sì, sono qui - le accarezzo il viso.
- Dani... - lei si inginocchia e mi stringe tra le braccia. - So che sei vera. Non sei una visione, altrimenti starei nel prato. Sei davvero qui. - lacrime calde le rigano il viso.
- Ti ho detto che sarei venuta.
Entrambe sappiamo di cosa stiamo parlando.
Guarda il ragazzo dietro di me senza ombra di paura, ma di cattiveria, poi dice: - Cosa ti ha fatto?
Non emetto parola.
- Dimmelo. - mi prende le mani.
- Oh, ho ucciso lei e sua madre, nulla di che. - sento la sua voce fastidiosa.
- Stronzo, lurido bastardo... - lei si alza e gli va incontro. La blocco. - Ferma, ti fará solo del male.
- Non m'importa, tanto non uscirò mai da qui. - gli sputa accanto.
Amyas la fissa impassibile.
Vorrei tanto dirle che invece sì, possiamo, perchè ho trovato un'uscita, ma c'è ancora lui qui. Quanto voglio che se ne vada.
- A te che hanno fatto? - ignoro la sua presenza e torno dalla mia amica.
- La stessa cosa. - sibila a denti stretti.
- Con chi?
- Te.
Sento le lacrime salire. La abbraccio fino allo sfinimento, e sento Amyas sbuffare.
Mi volto. - Se ti scoccia tanto, vattene.
- Sogna, non vi lascio qui da sole.
Sbuffo, e porto Sabrina il più lontano possibile da lui.
- Perchè ti hanno portata qui? - le sussurro.
- Hanno detto... - le trema la voce. - Hanno detto che sarei servita per attirarti qui, per rapirti. Che saresti stata aiutata da i tuoi amici Lo... Lote... non mi ricordo.
- Lotewers. - la correggo.
- Sì, loro. Ma cosa sono? Non mi hanno detto nulla. Non ci capisco niente, Dani. - la voce si spezza.
- Ti spiegheró tutto, Sabri. Ma ora devo capire. Le cose sono andate diversamente da come le avevano programmate.
- Davvero?
- Sì. Credo ci sia stato un repentino cambio di piano quando Mark si è... - le parole sfumano. Lei non capirebbe.
- Si è?
- Anche questo dovrò spiegartelo. - cerco di sorridere.
- Ma... Dani... Ma se sei qui, significa che ti hanno rapita, e quindi perchè non mi liberano?
Esatto.
Se prima mi chiedevo perchè Sabrina si trovasse qui - domanda a cui ho ricevuto risposta - ora mi chiedo perchè lei sia ancora qui.
Mi stacco dall'abbraccio. - Amyas... - mi volto verso di lui. Credo sia la prima volta che pronuncio il suo nome ad alta voce.
Lui mi osserva scettico mentre mi avvicino.
- Perchè Sabrina è ancora qui?
Sorride.
- Rispondimi. A cosa vi serve? Volete me.
Incrocia le braccia e continua a sorridere.
- È un'altra condizione.
- Non approfittartene. - sibila.
- Cosa ti cambia? Non è un'informazione di notevole rilevanza, giusto?
Alza le spalle. - Mh, sì. Diciamo che la teniamo solo perché ci è d'impiccio. I suoi ricordi sono segnati dal trauma che le abbiamo inflitto, e sarebbe molto difficile farle dimenticare tutto. Ci vorrebbe tantissimo impegno, concentrazione, e spreco di fatica. Quindi, quando ci stancheremo, la faremo fuori. - lo dice con una tale impassibilità che mi infurio dentro.
Sabrina sussulta, e la vedo inginocchiarsi in preda alle lacrime. Si rannicchia in posizione fetale e rimane così. Fulmino Amyas con lo sguardo, e mi precipito da lei.
- Non piangere, non piangere, ti prego. C'è un'uscita, l'ho scoperta io. Quando ce ne andiamo spingi il pavimento che c'è sotto la sedia. - sussurro. - Faró il possibile.
Lei mi ascolta sconvolta, poi mi rialzo e vado verso Amyas. Prende la benda, quando io poi gliela strappo dalle mani, e la avvolgo attorno gli occhi.
- Patetico. - mormoro.

Quando rientriamo nella stanza, lui mi fissa.
- Sì, ti darò quello che hai chiesto. - sbuffo.
- Forza, allora.
Sospiro. - C'eri tu. - s'irrigidisce. - Di fronte al mio ragazzo. Lo guardavi con cattiveria, ed eravate nel parco del portale. Combattevate, ma tu prevalevi. Lui cercava con tutte le sue forze di reagire, ma riuscivi sempre a bloccare le sue mosse. Alla fine l'hai ucciso come hai fatto con me: strappandogli il cuore dal petto. Lo alzavi in aria trionfante, come un trofeo. Poi venivi verso di me, con un sorriso trionfante sul volto.
Ascolta. - Tutto qui?
Annuisco, fingendo un'espressione circospetta.
- Quindi lo uccideró? E i Missionari non potranno continuare se lo faccio, giusto?
Resto in silenzio.
Lui ride. - Bene. Molto bene. Devo uscire un attimo, torno subito.
E quando esce dalla porta rilasso i muscoli.
Ha funzionato. Ora lui penserà di avere la vittoria facile e abbasserà la guardia. In questo modo Mark sarà in vantaggio.
E ora, devo uscire da qui.

Lotewers - Il regno delle creature misticheDove le storie prendono vita. Scoprilo ora