20.

149 20 1
                                    

Un incubo.
Mark è qui. - Sono venuto a riprenderti - mi abbraccia. - Questa volta per sempre.
Appoggio il mento sulla sua spalla, consolata, al sicuro. Poi si allontana per guardarmi, e quando vede i miei occhi neri, sgrana gli occhi e toglie le mani dalla mia schiena, impaurito e... disgustato.
- Tu non sei Danielle.
- No... - allungo la mano, ma lui si ritrae. - Sono sempre io.
- No. - scuote la testa.
- Ti prego, credimi. - mi s'incrina la voce. - Non l'ho scelto io, non è colpa mia. Sono io, sono Danielle, e ti amo.
- Io amo Danielle, non... tu - calca l'ultima sillaba con ribrezzo.
- Non lasciarmi... Io ho bisogno di te...
Ma lui continua ad allontanarsi, passo dopo passo, e scompare nella nebbia del mio incubo.
Mi sveglio, il cuore batte forte, e sento le lacrime sulle mie guance. Prendo dei respiri profondi e scendo dallo scomodo lettino sul quale mi sono addormentata. Che ore sono? Non ci sono finestre qui, né orologi. Amyas è seduto a terra, con il capo ciondolante e gli occhi chiusi: sta dormendo.
I miei piedi si muovono da soli verso di lui, come se fosse un animale in gabbia, e io sia troppo curiosa di osservarlo. Mi chino per guardarlo. Le ciocche nere gli ricadono delicatamente sulla fronte, e le labbra sono schiuse. Il petto si abbassa e rialza lentamente, e una mano è posata sulla lunga gamba stesa. Mi fermo a fissarla; ha delle mani bellissime: le dita sono affusolate, le unghie curate, la pelle chiara, perfetta, da cui sporgono le vene che gli danno un'aria vissuta. Sono mani forti, che raccontano una storia. Sono mani umane. Istintivamente apro la mia mano davanti a me, per vedere come sono le mie, di mani: piccole, polso stretto, dita affusolate e corte. Bé, in confronto alle sue, di dita, le mie sembrano quelle di una bimba. Le avvicino per paragonarle, e un po' mi spavento nel notare l'enorme differenza; riuscirebbe a coprirmi l'intera mano solo con una sua.
E' un peccato che mani così belle vengano usate per atti brutali.
Raddrizzo la schiena e a passo silenzioso esco. Voglio trovare una finestra, ho bisogno di aria fresca. M'incammino per vari corridoi, quando finalmente ne trovo una. Solo una finestra, solitaria, abbandonata. La apro: la luna illumina con la sua fioca luce il paesaggio di fronte a me. Mi aspettavo rocce appuntite, vento gelido e mare tempestoso. Invece quello che vedo è un enorme prato rigoglioso, dominato da qualche albero. E lo riconosco: è il prato in cui mi trovavo quando ero nella Tenebris Somnia, quando Amyas mi tormentava.
Poso le braccia sul davanzale, sporgo la testa, e traggo un gran respiro. Mi rilasso. Mi concentro sulla leggera fresca brezza che mi accarezza gli zigomi, e chiudo gli occhi. Non penso più a nulla.
Poi, però, quando li riapro, mi viene in mente un'idea a cui non intenzione di rinunciare. Sollevo una gamba dopo l'altra e mi siedo sul davanzale, poi salto. Atterro accovacciata, senza un graffio, sull'erba morbida. Mi metto a correre. E, quando lo faccio, riesco a sentirmi libera. Libera per la prima volta. E' così bello. La notte è così bella.
Poi, interrompo la mia corsa e mi getto sul prato. Stendo le braccia e le gambe come se dovessi fare un angelo di neve, e chiudo di nuovo gli occhi. Forse potrei dormire qui. Sì, sarebbe bello.
Rilasso tutti i muscoli, e spengo la mente.
Ti prego, fa che dorma un sonno tranquillo. Ti prego.
Ed è quello che accade. Il primo desiderio che si avvera. Dormo tranquillamente, senza essere disturbata dalle mie paure, o dagli incubi che mi tormentano ogni giorno.

Quando apro gli occhi, vengo accolta dal confortante suono del cinguettio degli uccelli. Forse non è tanto orribile come pensavo, questo posto.
- Sai, pensavo fossi scappata.
Mi volto di scatto verso il ragazzo accanto a me, che mi guarda divertito, con il gomito poggiato al suolo e la mano che regge la testa. - Poi però ho pensato: nah, non può scappare, non sa la formula del portale.
- Anche qui c'è un portale?
- Certo.
Sospiro. - Non potevi lasciarmi in pace per questa mattinata? Almeno per questa.
- No, io devo onorarti della mia presenza.
- Se non posso scappare, allora perché seguirmi ovunque io vada?
- Potresti suicidarti, o che so io... Hai una mente malata.
Senti chi parla di menti malate.
- Sai, il suicidio non mi è mai passato per la testa, ma in questo momento potrei prenderlo in considerazione - mi alzo, e inizio a camminare a vuoto, senza una meta precisa.
- E ora dove vai? - sento la sua voce immediatamente dietro di me.
- A suicidarmi.
- Spiritosa.
Lo ignoro, e continuo ad andare avanti. Faccio finta di non sentire i suoi passi che mi seguono.
- La regina com'è? - la domanda mi viene spontanea.
- Mmh... Non lo so. Nessuno di noi l'ha mai vista, e non credo la vedremo mai.
- E come facciamo a proteggerla, scusa? - mi fermo, voltandomi verso di lui.
- Il nostro scopo è proteggerla sconfiggendo i Missionari. Non dobbiamo farle da sentinelle davanti alla porta della stanza, se è questo che pensi.
- Spiritoso - ripeto la sua battuta, riprendo a camminare. - E... ci sarà... un addestramento? Che ne so, per insegnarci a combattere, come fanno i Lotewers?
- Sì - è accanto a me. - Siamo già preparati di natura, ma dovremo allenarci per la pratica.
- Con chi ci alleneremo?
- Con me.
- Eh? - quasi mi fermo di nuovo. - Con te?
- Sì, con me. Sono un maestro vero e proprio. Ti insegnerò io.
Sbuffo. - Ne ho abbastanza di averti fra i piedi.
- Potrai picchiarmi, se ti consola. Simuleremo un combattimento.
- Posso picchiarti senza che tu reagisca? Ne ho bisogno per sfogare il mio ego.
- Escluso.
- Allora no, non mi consola per niente. Ma sappi che proverò a farti del male con tutta la mia volontà.
La bocca gli si piega nel suo solito ghigno, e mi costringo a non guardarlo per non rischiare di aggredirlo.
- Ora che mi farai? Torturarmi ancora, solo per il gusto di farlo?
- Pft, no - dice, come se la cosa sia scontata. - Dopo un po', nel fare la stessa cosa, mi annoio. Ti sto semplicemente controllando.
- A quale scopo?
- Te l'ho detto.
- No. - lo fulmino. - Non me l'hai detto. Era una stronzata.
- Sei meno stupida di quanto pensassi... -
Mantieni la calma, mantieni la calma.
- Bé? - lo sprono a parlare.
- Aspetto una tua visione, per vedere quando i Missionari torneranno qui per prenderti.
- Sei proprio sicuro che avrò questa visione?
- Sì. - dice, semplicemente, come un dato di fatto. - Stavolta non mi ingannerai.
- Ma dai. - il mio tono sarcastico è amaro. - Dov'è l'entrata di questo maledetto castello? - mi altero.
- Dall'altra parte - indica la parte opposta di dove siamo noi.
Sbuffo, poi noto la finestra da dove sono saltata ieri e prendo la rincorsa. Corro veloce, velocissimo, potrei gareggiare con un aereo, poi piego le ginocchia e mi spingo verso l'alto. E nel momento stesso in cui sono in aria mi chiedo quanta forza dovrei usare per arrivare a toccare le nuvole, poi scavalco la finestra e mi ritrovo accovacciata sul suolo del corridoio che avevo attraversato la notte precedente. Istintivamente, sorrido. E' stato sensazionale.
Sento un tonfo dietro di me: Amyas è appena atterrato perfettamente in piedi. Faccio una smorfia. Tronfio del cavolo.
- Non male, eh? - mi guarda, sorridendo.
Mi volto, per non rischiare di dargli ragione.

Lotewers - Il regno delle creature misticheDove le storie prendono vita. Scoprilo ora