Resta con me

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Padre Jeffrey era arrivato!

Ora che Henry era cresciuto e aveva un cagnolino a fargli da guardia, suo padre trascorreva meno tempo nella torre, venendo solo di giorno e talvolta a sorpresa, come se volesse assicurarsi che lui fosse ancora lì. Le visite costituivano un gradito diversivo alla solita routine, ma stavolta nell'animo di Henry si celava una certa trepidazione, perché  di lì a poco avrebbe finalmente posto la domanda delle domande, e non aveva la più pallida idea di quale sarebbe stata la risposta e di quali emozioni gli avrebbe suscitato, se una cocente delusione o una gioia travolgente. Lo avrebbe scoperto presto.

<<Henry, sto aspettando!>> gridò Padre Jeffrey con apparente allegria.

<<Arrivo, padre!>> rispose lui, correndo alla finestra. Raccolse la giusta quantità di capelli intorno al braccio destro come un lazo, poi socchiuse gli occhi, calcolò bene la distanza e lanciò.

Padre Jeffrey riuscì a issarsi senza troppi spintoni e strattoni, e poco dopo scavalcò il davanzale. 

<<Mi chiedo come tu riesca a fare questa cosa tutte le volte, figliolo. Deve essere così estenuante per te.>>

<<Non è niente di che>> si schermì Henry, abbracciandolo. <<Sono contento di vederti.>>

Suo padre si staccò dall'abbraccio dopo pochi istanti.

<<In tal caso non capisco perché ci metti così tanto>> disse, per poi scoppiare a ridere. <<Sto scherzando, lo sai che ti voglio bene>> aggiunse dandogli un buffetto, per poi dirigersi verso il grande specchio ovale a darsi una sistemata.

Henry si sforzò di ridacchiare e gli si avvicinò, studiandolo attentemente. Era l'unica persona che avesse mai conosciuto, e non era cambiata nemmeno un pochino in ventisei anni. Aveva ancora il volto privo di rughe, folti capelli castani legati da un laccio, il pizzetto sul mento senza alcun grigiore e un bel fisico, quel giorno avvolto in una tunica rossa provvista di mantello e cappuccio. Non aveva fatto alcuna concessione al tempo, e appariva sempre così fiero e regale, come se appartenesse a buon diritto alla nobiltà, anche se non era vero.

Vedendosi riflesso accanto a lui nello specchio, Henry fece un respiro profondo, e con la schiena dritta, il mento in su, l'espressione seria e un'aria matura, si apprestò a fare il discorso che si era preparato.

<<Padre, c'è una cosa molto importante di cui vorrei parlarti>> iniziò. <<Come sai, domani è un giorno speciale, perché...>>

<<Henry, mi sento molto stanco in questo momento>> lo interruppe Padre Jeffrey abbozzando un mezzo sorriso. <<Ti andrebbe di cantare per me? Parleremo dopo.>>

Il ragazzo rimase sorpreso dal repentino cambio di argomento, ma cercò di non darlo a vedere. 

<<Oh, ma certo!>>

Lo fece accomodare su una sedia al centro della stanza, poi corse a prendere una spazzola e gliela mise tra le mani. Infine si sedette per terra in modo che parte dei capelli si trovasse esattamente sulle ginocchia del padre, chiuse gli occhi e cominciò a cantare.

Dovete sapere, infatti, che il magico fiore dorato non si era limitato a salvare la principessa Catherine e il bambino da morte certa: aveva trasmesso i propri poteri a Henry; di conseguenza, ogni volta che lui intonava una certa canzone, i suoi capelli dorati risplendevano e, oltre a curare le malattie e le ferite, mantenevano intatta la giovinezza di Padre Jeffrey. Ed erano proprio quei capelli magici la ragione principale per cui gli era proibito lasciare la torre.

Ora, per utilizzare la magia, Henry cantava lentamente, e altrettanto lentamente suo padre lo spazzolava. Stavolta però, impaziente com'era di parlare di ciò che gli stava a cuore, eseguì una versione piuttosto accelerata del brano, e tutto finì in un lampo.

Il mio nuovo sogno ||Red, White & Royal Blue AU||Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora