(COMPLETA) 1482, a Parigi la chiesa e lo stato sono un tutt'uno, come in tanti altri paesi. Jimin è un ragazzo gitano che vive tra spettacoli e nell'intrattenere i parigini dell'epoca.
Il ragazzo è contestato da tre uomini nella grande città, avendo...
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Un grande camino illuminava e riscaldava la stanza al palazzo di giustizia, mentre il giudice Kim Taehyung cominciava a parlare da solo o in qualche modo per farsi sentire dalla Vergine Maria.
«Beata Maria, tu sai che sono un uomo virtuoso e senza macchia. Sai che son più puro io di tutti questi peccatori che mi circondano.» parlò a voce alta, avvicinandosi alle fiamme del camino, iniziando ad immaginare il corpo del gitano che balla tra i colori del fuoco.
«Dimmi perché la mia anima brucia al suo pensiero. È capace di annientare e prendere il controllo della mia mente con il suo fuoco.» la figura si fece più vivida e concisa, facendo sgranare gli occhi del giudice che sussurrò «Inferno...» lasciando che la luce colorasse i suoi occhi scuri.
Afferrò il velo bianco dalla tunica e la strinse tra le mani, continuando a parlare «Non è colpa mia, se il Signore vuole che non resista al desiderio che sia mio.» scaricò le colpe ad una forza superiore, prendendo subito le distanze e subito aggiunse «Beata Maria, distruggi Jimin. Fa' che le fiamme assaggino lui, oppure fallo diventare mio».
Bussarono alla grande porta, interrompendo il dialogo del giudice Kim con chiunque stesse ascoltando. «Giudice Kim, lo zingaro è fuggito. Non è più nella cattedrale.» lo portò a conoscenza una delle sue guardie, ottenendo uno sguardo con occhi sgranati dalla sorpresa «Non importa. Vattene».
Non appena la porta si chiuse, il giudice strinse il velo bianco ancora più forte nelle sue mani. «Lo troverò, dovessi dare alle fiamme tutta Parigi!» il suo tono sadico uscì ancora una volta in quella semplice frase, accompagnata dal suo volto che assunse un sorriso completamente piacente nel prevedere la sofferenza.
«Jimin, ti aspetto all'inferno. Sarai mio o morirai.» finì di pronunciare come una completa minaccia, gettando poi il velo tra le fiamme e guardando il tessuto soffice e sottile venir mangiato dalle fiamme.
[…]
Quel giorno era dominato dalle nuvole e i toni grigi della malinconia. Un cavallo si fermò appena avanti Namjoon, lasciando il giudice Kim scendere per affrontare il gitano.
«Zingaro. Rivelami subito dove hai nascosto Jimin.» il moro mantenne la fronte alta nel dirglielo, come per mostrargli la sua superiorità culturale. «Non so dove sia e, anche se lo sapessi, sicuramente non lo direi ad una persona spregevole come voi.» Namjoon cercò di raccontare la verità, ma fu inutile, il giudice credeva esattamente il contrario.
«Capitano Jeon, prendetelo e ammanettatelo per mancata collaborazione alle indagini.» ordinò subito il giudice Kim, facendo cenno verso il gitano davanti a lui. Namjoon, dopotutto, non si ribellò all'arresto offrendo i polsi.
«Portatelo al palazzo di giustizia, ho molti strumenti per l'estorsione. Godrò delle vostre urla, finché non ammetterà quello che voglio sapere, melma.» il sorriso compiaciuto si fece strada sul volto del moro, mentre saliva sul suo cavallo completamente nero.
Il capitano Jeon strinse le manette ai polsi del gitano, sussurrandogli «Non ti preoccupare. Appena mi giro, spingimi.» il ragazzo era confuso da quelle parole, ma fece come gli era stato detto. Il corvino si girò e Namjoon lo spintonò per poi scappare il più velocemente possibile, buttandosi su un fiume da sopra un ponte.
«Lasciate che le acque lo ingoiino. Dovremmo cercare altrove.» si vide costretto nel dover cambiare piano, lanciando un'occhiataccia leggermente sospettosa al capitano Jeon, non era tipico di una persona così importante per essere il capitano della guardia reale.
Si avvicinarono ad una casa contadina, bussando alla porta, che venne subito aperta. «Giudice Kim.» il contadino emise un leggero inchino, mostrandogli tutto il suo rispetto.
Il suo aspetto snello e la carnagione sfiorata dal Sole, lasciano intendere la sua lavorazione nei campi. La moglie si strinse a lui, insieme ai suoi figli, leggermente impauriti dalla figura seria del giudice.
«Siamo qui per farle alcune domande, signor Jung Hoseok.» il moro saltò alle conclusioni, senza perdere altro tempo «Avete dato ospitalità a zingari, di recente?». La moglie cerca subito di mentire, ma viene fermata dal marito che ammette «In realtà sì, giudice. La nostra casa è sempre aperta ai viandanti stanchi, abbiate pietà».
Il giudice Kim sospirò ed emise con estrema freddezza «Dispongo che lei e la sua famiglia rimanga chiusa qui finché non scoprirò tutto. Se ciò che dite, è vero, allora non avete nulla da temere.» si allontanò verso la porta dell'uscita.
Una volta uscito, si richiuse la porta alle spalle, bloccandola con una lancia, rendendola impossibile nel riaprirla. «Bruciate la casa.» ordinò senza nessuna pietà il moro, risalendo sul suo cavallo, ma il capitano Jeon rimase senza parole, impaurito nel non aver capito bene, chiese «Cosa?».
«Non resti che cenere. Sono dei traditori e devono servire da esempio.» il giudice Kim passò una torcia infuocata alla mano del corvino. Quest'ultimo si oppose senza timore delle conseguenze «Con tutto il rispetto signore, ma non mi hanno addestrato per uccidere innocenti.» ma ottenne solo uno sguardo disprezzante e duro, correggendolo «Ma vi hanno addestrato ad eseguire gli ordini».
Il capitano si avvicinò ad un barile d'acqua lì accanto, affogando il fuoco nell'acqua in quel contenitore. «Insolente codardo.» bisbiglia con disdegno, prendendo poi una torcia e bruciando il tetto della casa fatto di paglia.
Le fiamme fecero presto ad avvolgere l'abitazione, mentre il pianto dei due bambini si poteva sentire dall'esterno. Il capitano Jeon si lanciò in casa per poter salvare la famiglia di quel contadino, portandola fuori e lasciandola andare.
Il capitano venne afferrato e immobilizzato, mentre il giudice Kim lo fronteggiò «La condanna per insubordinazione è la morte, capitano, ma dopotutto ho dei piani per la sua persona. Portatelo al palazzo di giustizia.» lo chiusero in una cella su una carrozza e lo portarono al palazzo, in attesa di una conversazione con il giudice.