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Il suono della chiave nella toppa della porta, attirò l'attenzione del gitano che si girò per scorgere chi possa essere

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Il suono della chiave nella toppa della porta, attirò l'attenzione del gitano che si girò per scorgere chi possa essere. «Suvvia zingaro. Perché così malinconico? Presto ogni tua sofferenza sarà finita.» la voce del giudice irruppe in quella stanza, facendo sentire la sua pesantezza e severità.

«Perché lo state facendo? Non avete nessuna pietà?!» il corvino lo richiamò, ma ottenne soltanto un tono alterato e pieno di rabbia «È tutta colpa tua! Avevo solo due amanti prima di conoscerti: la religione e la scienza.» cominciò a raccontarsi, mentre l'altro cominciava a piangere.

«Ho passato la mia intera adolescenza negli studi, evitando qualsiasi ogni tipo di contatto carnale, annegando in un mare di castità.» aggiunse girando intorno alla gabbia che richiudeva il corpo del gitano. Avvicinò le sue mani, sentendo il metallo freddo sulle punte delle dita «Poi ti vidi e sentii, un uragano dentro di me».

Si avvicinò ulteriormente alla gabbia, guardando il ragazzo all'interno con superiorità, volendo chiamare alle fiamme della passione e della lussuria che scoppiettavano in lui.

«So che non sei mio e che mi odi, ma sono innamorato di te. La mia anima è il tuo fiato.» il giudice Kim cercò di instaurare un contatto visivo, ma venne soltanto guardato con disprezzo dal corvino che si schiantò contro la parete della gabbia e urlò «Voi? Voi non sapete nulla di amore!».

Il moro fu costretto ad indietreggiare, vedendolo arrabbiato e godeva di quella visione. «Con una mano toccami. Torturami con l'altra. Sei più di Dio, perché con te l'inferno è il paradiso.» il sorriso sadico si formò sul volto del giudice, avvicinandosi alla porta della gabbia chiusa, incutendo così paura al ragazzo, che cercò quasi di scappare ma la sua schiena incontrò l'altro lato della gabbia di metallo.

Lo sguardo del giudice navigò sul corpo tanto desiderato del gitano, finalmente poteva vederlo bene, soltanto in una gabbia sarebbe stato possibile.

«Sono venuto qui perché è arrivata la tua ora, zingaro. È ora che il tuo collo, incontri la ruvidità di una fune.» pronunciò quelle parole senza mai distogliergli gli occhi di dosso, riuscendo ad incutere timore al corvino che cominciò a respirare in modo affannoso. «Meglio se ti godi questi respiri, saranno i tuoi ultimi, finché non verrai strappata via dalla vita davanti ai miei occhi.» gli ricordò ancora una volta, non aiutando lo stato di Jimin.

«Starò bene una volta morto.» lo fronteggiò il gitano, ma il giudice aveva la risposta pronta per ogni eventualità «Vedremo come danzerai, appeso alla forca.» suonò quasi come una minaccia, marcando tutto il suo odio per il ragazzo che pianse «Cosa ho fatto di male per meritarmi la morte?».

Il moro si sentì messo con le spalle contro il muro e confessò, ribadendo il concetto «Ti amo!» battè le mani sulle sbarre, voltandosi ma subito ritornò indietro «Un mattino ti vidi ballare e mi facesti provare una sensazione mai provata prima d'ora. Rimasi inchiodato nel vedere il tuo corpo, consapevole del fatto che tu non ti saresti mai conceduto a me».

Tirò fuori le chiavi per la piccola gabbia, ma poco prima, ammise «Giusto per farvelo sapere. Sono stato io a pugnalare il vostro amore.» ricevendo un'occhiataccia odiosa dal gitano che subito si scagliò contro la parete della gabbia «Canaglia! Assassino! Lo sapevo!».

«Tu non avrai mai il mio amore. Non te lo darò mai!» gli ripeté il gitano, credendo di poterlo ferire ma ormai l'assenza di un cuore nel petto del giudice rese il tutto più difficile. «Io non lo vorrò. Voglio solo te. La scelta spetta a te, zingaro. Il patibolo o a me? La morte o l'amore? Impiccato o svestito?» ogni volta che il moro gli faceva una domanda, il suo tono diventava più severo e duro.

«Se dirai di sì, te ne vai via di qui e se vuoi, verrò con te. All'inferno con te, è il paradiso per me.» aprì finalmente la porta entrando e afferrò il braccio del gitano, volendo possedere il suo corpo.

Le sue labbra baciò voracemente la pelle del collo, mentre le sue dita affondarono nella carne del corvino che continuava a ripetere tra le lacrime «Va' via.» non ottenendo nessun tipo di risposta dal giudice, che si limitò lasciare con un sussurro vicino all'orecchio del gitano «Sei mio ora».

Jimin non resistette nel lasciare andare le lacrime nel sentire le mani voraci del moro che viaggiavano nel suo corpo, avvicinandosi al suo petto. Parte del corpo che era impressa nella mente del giudice dal giorno della festa contadina ed ora finalmente poteva godersi di quella vista e del tocco.

Il gitano cercò di spingerlo più e più volte, ma il giudice Kim continuava ad avvicinarsi per poter assaggiare quella carne tanto desiderata e tanto lussuriosa per lui.

La porta della stanza venne buttata a terra e si poté vedere Namjoon, che subito si gettò contro il giudice Kim, riuscendo a metterlo al tappeto con un pugno e potendo fuggire con Jimin, in modo da poterlo mettere al sicuro.

«Dove stiamo andando?» singhiozzò il gitano, continuando a seguire il maggiore che subito replicò «Yoongi, mi ha detto di portarti in cattedrale. Il giudice non può toccarti lì dentro.» continuarono a correre fino alla cattedrale, fino a sentire i polmoni cedere dalla stanchezza.

Una volta arrivati davanti la porta della cattedrale, Namjoon affidò Jimin nelle mani del sacerdote, vedendo subito Yoongi dietro. «Resta qui, al sicuro. Non uscire per nessuna ragione.» gli raccomandò il maggiore, spingendo dentro il minore e sapendo che si trovi in mani sicure.

A Tale of Love and Consequences || BTSDove le storie prendono vita. Scoprilo ora