Ghiaccio

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Tre anni prima...
"I miei capelli sono un disastro!" strillo disperata alle mie compagne di stanza al college.
Il mio urlo fa eco per settanta isolati.
Sarah e Clarissa mi guardano come se fossi pazza, ma non capiscono che per me oggi è un giorno importante: al college arriverà James Hawthorne, il più importante produttore discografico dello Stato ed io non posso farmi trovare conciata come lo sono ora.
Ho comprato ieri una tinta, ma devo aver sbagliato colore, perché al posto dei miei capelli biondi trovo ciocche arancio chiaro.
"Janet! Tranquilla non ti stanno così male.." afferma Clarissa. Sarah conferma.
Ho deciso: comprerò un cappello e mi fingerò calva.
Ma effettivamente rivedendomi nello specchio non mi sembrano così male. Più passa il tempo e più mi convinco. Almeno non passerò inosservata...
Scelgo di indossare i miei jeans neri e la mia t-shirt preferita, prendo al volo lo zaino e sono pronta. Saluto al volo le mie compagne e mi dirigo in classe, passando per l'atrio, avvertendo una strana sensazione.
Le ore di lezione passano lentamente e a nessuno, fortunatamente, sembra interessare la disavventura dei miei capelli.
Invisibile, come al solito.
L'ora di pranzo arriva solo dopo secoli. Pranzo come al solito con Candice, la mia migliore amica, che mi guarda come se avessi qualche problema.
"Cosa c'è?" le chiedo io dopo un po'.
"Non mangi nulla, non è affatto da te. Lo so che sei in ansia per oggi, ti conosco da fin troppo tempo. Vai tranquilla, andrai benissimo. In fondo sei bravissima! Insomma ho o non ho letto il tuo diario di canzoni a tua insaputa?!"
Cosa.
La mia faccia deve essere così scioccata che lei inizia a balbettare e ad autocorreggersi.
Troppo tardi, beccata.
"Okay, non ha più importanza ormai... spero davvero tu abbia ragione" sospiro.
Candice sorride.
"IO HO SEMPRE RAGIONE.."
Inizio a ridere come un'idiota e tutti mi fissano allibiti. Non mi importa.
Tutte le preoccupazioni sono scomparse.
È questo il potere di Candice, sa come rendermi felice, sempre.
Lei per giunta non è come tutte le altre ragazze, ha un non so ché di misterioso che mi ha attratta sin da quel lontano giorno di seconda elementare. Quegli occhiali spessi che celavano gli occhi chiarissimi e i capelli biondi che le incorniciavano il volto sono diventati la cosa più vicina ad una famiglia da quando i miei genitori sono scomparsi.
Mamma e papà. Di loro conservo solo il ricordo. Mi ricordo le trecce bionde di mamma che la mattina mi faceva alzare con la colazione pronta e la sua risata più contagiosa del raffreddore.
Di papà le sue fossette quando sorrideva, le sue manie per le automobili e il buonumore che non svaniva mai.
Non ho mai saputo come è successo, né i loro corpi sono mai stati ritrovati.
L'unica certezza è il dolore e la consapevolezza di esser rimasta tremendamente sola.
Mi sto riperdendo nell'intreccio dei miei pensieri.
Nuovo promemoria: devo smetterla di pensare troppo.
Candice mi scuote la mano davanti alla faccia e solo ora capisco di essere stata troppo tempo assente.
Decidiamo dunque di uscire dalla mensa e di avviarci verso i campi da football, per fare una passeggiata.
Ci inoltriamo attraverso i campi della scuola, pieni di giocatori in vista delle partite per le regionali, chiacchierando del più e del meno ed io quasi mi dimentico del "problema del giorno".
Ma ad un tratto mi blocco. Candice mi lancia un'occhiata, quasi a chiedermi se mi sento bene.
È una bellissima giornata, ma no, non credo di sentirmi bene.
Anche se la primavera è vicina sento uno strano gelo nel mio cuore e non riesco a spiegarmi il perché dei brividi che assalgono all'improvviso la mia schiena.
Mi giro, spaventata e immediatamente quel gelo si concretizza in un paio di occhi color ghiaccio che mi osservano da lontano..

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