Sangue

70 8 0
                                    

La porta si è chiusa con un tonfo.
Il mio cuore si è fermato, come istantaneamente ghiacciato.
Ed eccoli di nuovo i brividi.
La paura mi assale e per un secondo mi sento di nuovo una bambina, colta in flagrante a mangiare caramelle di nascosto.
Cosa devo fare ora? Mi sento divisa in due.
Una parte di me, quella codarda ma ragionevole mi dice di nascondermi, di scappare il più lontano possibile e mettere una pietra sopra a qualunque vicenda, continuando a vivere la mia vita normalmente.
Ma c'è lei, l'altra parte di me, che mi fa rimanere impalata sul mio posto.
Devo assolutamente rimanere. Fare questo per ottenere le risposte che devo avere.
Devo sapere, anche se so che questa sarà una brutta idea.
Mi assale il presentimento che qualcosa di molto brutto accadrà se non me ne vado.
Sento qualcosa trascinare per un momento le mie gambe fuori da lì, il più lontano possibile, ma scaccio la sensazione.
Devo conoscere ciò che non so.
Brutta cosa Janet, la curiosità.
È un demone che attanaglia la mente, che ti fa sentire un vuoto dentro, che solo le risposte possono colmare.
La gente ci muore di curiosità, ma lei è l'essenza dell'uomo, della natura, della ricerca.
Ed è questo demone che mi fa poggiare con naturalezza la schiena sulla parete vicina alla finestra.
Respiro profondamente mentre sento i suoi passi scricchiolare sul pavimento di legno.
È ancora in salone, ma dopo alcuni attimi lo sento che si avvicina.
Ha acceso la luce ed eccolo che entra.
Cammina a testa bassa, coprendo con i capelli ciò che avrei potuto vedere del suo viso. Ha un aspetto malandato, non era così l'ultima volta che l'ho visto.
Dev'essere ridotto davvero male, perché si siede sul letto, sempre a testa bassa, senza notarmi.
Passano istanti nei quali credo fermamente di esser divenuta un fantasma o qualcosa di simile, dato che la mia presenza è ai suoi occhi inesistente.
Ma ecco, quando sto per aprire bocca, che lui mi precede e inizia a parlare, prendendo un grande respiro, come se parlare fosse la cosa più difficile al mondo.
"Che cosa ci fai qui?" non alza ancora lo sguardo. Rimango leggermente offesa dal suo tono.
"Ho bisogno di risposte. Ho tante domande da farti e non ce la faccio più a vivere così. Ho perso tutti, non ho più nessuno e nella mia testa ora c'è spazio solo per questo vuoto che mi affligge l'anima. Quindi ti prego, aiutami" dico lentamente e con la voce spezzata.
Mi desto dai miei pensieri dandomi della stupida. Non posso essere emotiva in questi casi.
Nota a me stessa: devo cambiare, diventare più forte, a partire da ora.
Lo guardo con serietà, riponendo le emozioni e i ricordi in un cassetto lontano della mia testa.
L'orgoglio mi inonda l'anima, come un fiume che straripa.
Lui si guarda i piedi, ancora non ha alzato lo sguardo e non capisco perché. Mi chiedo se sia davvero lui, dato che non l'ho visto in viso o se sia qualcun altro, con la sua stessa voce.
Subito tutti i dubbi si dissolvono, quando alza la testa verso di me.
Di nuovo si crea l'impatto.
I suoi occhi sono delle calamite per i miei. Ghiacciano tutto, annegano i pensieri.
Potrei viverci tranquillamente. Solo osservandolo.
Sembrano passate ore, quando inizia a parlare.
"Tutti cerchiamo delle risposte nella vita, Janet, non solo tu. E non credere di essere l'unica che ha bisogno di aiuto, o l'unica ad essere sola. Se lo credi ti sbagli. Non sei al centro dell'universo. Tutti soffriamo, perdiamo persone care, esigiamo risposte, in un modo o nell'altro. Quindi fattene una ragione, Jen. Ora vattene via"
Jen. Déjà vu.
"Si, ma io so che-"
"No, sbagli, tu non sai assolutamente nulla. Non mi conosci neanche. Non sai cosa sei venuta a fare qui, né quello che stai cercando, altrimenti tu non staresti qui, in questa casa a parlare con me. Sono stanco, ho bisogno di stare solo. Quindi vattene via, prima che ti faccia portare via con la forza" dice urlando.
Mi soffermo sulle sue parole e sul tono.
Sembra arrabbiato, stanco, frustrato.
Sembra una persona totalmente diversa da quel ragazzino sorridente dalla foto o dal ragazzo che qualche tempo fa mi osservava da lontano.
Parla in modo strano, sembra voglia ferirmi per qualche ragione.
Ma il patto che ho fatto con me stessa prevale sul resto.
Le mie emozioni sono morte per ora.
Lo guardo con diffidenza e l'ira divampa con le sue fiamme irradiandomi il petto.
Io so invece, non sono stupida. Lui può e deve aiutarmi ed io non posso farmi sfuggire l'occasione per nulla al mondo.
Prendo aria pronta per ripagarlo con la stessa moneta, quando mi fermo dal fare qualunque azione.
Mi stavo chiedendo poco fa perché non mi aveva notata appena entrato in camera ed io non avevo notato la risposta, ben posta sotto i miei occhi, per chissà quanto tempo, così presa dai miei problemi, dai miei interrogativi e dalla mia missione per concentrarmi sul resto.
La risposta si concretizzava dal sangue che sgorgava sul lato sinistro della sua maglia e da sopra la testa, coprendogli orrendamente metà volto dal sangue.

AfterlifeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora