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Sento gli squilli del cellulare, che mi indicano che è ora di alzarsi.
Sono le 8:30, è il 23 marzo.
Mi stiracchio e mi alzo dal letto, diretta a farmi una doccia.
Mi vesto indossando una maglia a maniche corte bianca e i jeans neri, con le mie care vans. Dopo essermi vestita mi ripasso il programma della giornata.
Devo passare da mia nonna prima e poi devo andare a trovare Alec.
Prendo le chiavi, chiudo casa e mi dirigo verso la macchina.
Mia nonna è l'unico residuo di famiglia che mi rimane. Dopo la morte dei miei genitori si è trasferita in un paesino non distante da qui e di conseguenza devo assolutamente farle visita.
È lei che mi sostenta sempre.
Lei ha pagato le spese per il college e tutto e, siccome non sa utilizzare bene il suo cellulare, per sapere come sta l'unico modo è andarla a trovare.
In una decina di minuti sono arrivata alla sua villetta a schiera. Mi apre il garage e parcheggio.
Scendo dalla macchina e la vado ad abbracciare.
La mattinata passa così, tra noi che parliamo di tutto e lei è così premurosa che accenna soltanto all'argomento bomba.
Ma d'un tratto ecco che la 'bomba' esplode.
"Tesoro, dimmi, come stai tu? Ti sei ripresa da quello che è successo? Sai, sono stata così preoccupata per te..." gli occhi le si fanno lucidi.
"Si, stai tranquilla. L'importante è che io stia bene e sia qui. Il resto non conta per ora" dico.
Lei annuisce e si asciuga gli occhi perdendosi nel vuoto.
"Sai" mi dice dopo un po' "erano tutti così giovani. Non si meritavano tutto questo, ma so che avranno giustizia tutti, in un modo o nell'altro"
Annuisco.
Lei non conosceva Candice, ma le avevo parlato di lei e nonna aveva sempre accennato al fatto che avrei dovuto fargliela conoscere il prima possibile.
Voleva conoscere la ragazza splendida che era.
Improvvisamente il mio stomaco inizia a prendere voce in capitolo e sento mia nonna ridere.
Mi capisce al volo e inizia a cucinare porzioni mastodontiche per la mia pancia affamata.
Dopo aver pranzato con lei e averle promesso di tornare per la cena, decido di andare verso il vero problema.
La saluto, prendo le chiavi della macchina e metto in moto impostando il navigatore sul cellulare.
Torno indietro, verso casa mia, ma passando per delle stradine davvero anguste. Noto che il cielo inizia a coprirsi di nuvoloni.
Se stanotte non ci sarà un altro temporale, non ci sarà più.
Passo per strade deserte in aperta campagna, luoghi dimenticati dalla civiltà.
Finalmente svoltando a sinistra giungo a destinazione, parcheggiando l'auto.
Scendo e le gambe iniziano a tremare.
È una vecchia casa in legno. Sembra abbandonata da molti anni, o almeno trascurata. L'erba intorno cresce davvero alta e le finestre sfasciate sembrano aggiustate malamente da alcune travi di legno.
All'interno è tutto spento e mi chiedo se lui sia ancora qui, ma vedendo la porta aperta mi convinco del fatto che sia qui da qualche parte.
Respiro profondamente.
L'odore e la vista di quella casa sono famigliari, anche se non riesco ad assimilarli a qualche cosa in particolare.
Sembra una sorta di déjà vu senza via di uscita.
È come se io fossi già stata qui, ma allo stesso tempo sono totalmente certa di non aver mai visto questa casa in tutta la mia vita.
Prendo tutto il coraggio esistente nel mio corpo e faccio il primo passo verso la casa.
Busso una volta, poi altre quattro sempre più prepotentemente.
Nessuna risposta.
Sono tentata di andarmene, ma una vocina nella mia testa mi dice di entrare.
Seguo la vocina e scostando la porta entro all'interno della casa.
Mi si prospetta uno scenario sorprendente.
Anche se dall'esterno la casa poteva sembrar contenere un caos enorme, al suo interno contiene stanze per lo più ordinatissime, piene zeppe di libri di ogni genere.
Noto la cucina, perfettamente ordinata e il salone con la sua libreria grande più di un armadio.
Il ragazzo ama leggere a quanto pare.
"C'è qualcuno?" urlo.
Nessuna risposta.
Strano.
Scaccio via il buonsenso che mi porterebbe a scappare il più lontano possibile da quel luogo e decido di proseguire il mio giro turistico aprendo l'ultima porta che trovo.
Questa si apre cigolando, svelando una camera.
È la sua camera, molto probabilmente.
Vedo il grande letto ordinato al centro della stanza, la scrivania sulla destra con un'altra montagna di libri e la solita finestra sbarrata sulla destra.
Avanzo verso la scrivania per leggere i titoli dei libri, quando alzando lo sguardo, la vedo e rimango scioccata.
Appesa con delle puntine ci sono un'infinità di foto, che mi ricordano tanto le mappe d'indagine dei poliziotti nei film polizieschi.
Foto di persone viste e non viste, ma non mi interessano ora.
La mia attenzione ormai è stata totalmente presa da una vecchia foto ingiallita.
Ma non è la foto di per se che mi blocca su me stessa.
È ciò che lo scatto immortala.
Raffigura una bambina dai capelli lunghi biondi ed un bambino dai capelli neri alla stessa festa di compleanno della foto a casa mia.
Quei bambini siamo io ed Alec.
È datata 23 marzo 2001.
Avevo sei anni.
Mi perdo nella sua visione e sono senza parole.
Mi poggio sulla poltrona per non perdere i sensi.
Com'è possibile?
È l'unica domanda che mi ronza in testa.
Ma in quel momento sento un colpo proveniente dall'ingresso.
La porta di casa si è chiusa.

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