Luce

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Buio. Tutto è buio intorno a me.
Non c'è luce.
Mi giro su me stessa alla ricerca di qualche via di uscita, finché non la vedo. Piccola e luminosa in fondo a questo tunnel degli orrori ecco che vedo un'uscita.
Mi avvio verso di questa con passo sempre più spedito, finché non arrivo a pochi metri di distanza e lo scenario che mi si prospetta è meraviglioso tanto che penso che potrei tranquillamente stare lì ferma a contemplarlo per anni.
D'un tratto decido di avanzare ed inconsapevolmente un sorriso si fa strada sul mio volto.
Le preoccupazioni sembrano svanite.
Preoccupazioni.
Mi blocco davanti alla porta. D'improvviso ricordo tutto.
Bomba. Candice. Fuoco. Teatro. Dolore.
Alec.
Sono sconvolta e sopraffatta dalle emozioni mi accascio al suolo, incapace di muovere più un muscolo, quando improvvisamente la porta si chiude e la stanza si illumina.
Si tratta di un lungo corridoio rosso nel quale sono appesi dei quadri, che con mio orrore rappresentano le scene della mia vita.
Il mio battesimo, il mio primo giorno di scuola, il funerale dei miei genitori, il mio diploma, l'esplosione di ieri.
Ci sono tantissimi quadri vuoti e non capisco perché.
Noto un ultimo quadro e rimango totalmente terrificata.
Sono io, in questo momento, ripresa di spalle mentre mi perdo a vedere quest'ultimo quadro.
Improvvisamente mi sento osservata, come se qualcuno fosse dietro di me, ma proprio mentre decido di voltarmi ecco che tutto si dissolve in migliaia di pezzi e apro gli occhi.
La luce è troppo forte e mi costringe a richiudere gli occhi.
Ad un certo punto decido di riaprirli lentamente e in breve riesco a mettere a fuoco quello che sembra il soffitto di un ospedale.
Improvvisamente tutti i miei sensi si destano e inizio a sentire dei 'bip' che vanno ad indicare il battito del mio cuore. Sento qualcos'altro però.
E non è dovuto al mio udito.
Sento qualcosa di strano che mi indica che non sono sola nella stanza. Provo a sedermi e, dopo qualche tentativo ci riesco.
Vedo la mia gamba fasciata e noto le bende sulla mia testa, ma soprattutto noto qualcuno che dorme nel lato della stanza.
Metto a fuoco l'immagine e sussulto nel vedere Alec.
Sembra davvero in una posizione scomoda. I capelli neri davanti alla sua faccia, gli occhi chiusi e il braccio posto a sorreggere la testa.
Improvvisamente lo trovo adorabile.
Aspetta, no Janet, lui è pericoloso. Devi stargli alla larga.
Ma se è pericoloso, perché ti ha salvata ed ora sta qui dormendo? Troppe domande, poche risposte.
Insomma, non sembra davvero per niente pericoloso, come invece aveva detto Candice.
Al suo pensiero mi sdraio sul letto e scaccio via tutto il resto. Non so neanche per quanto ho dormito.
Lacrime amare ricominciano a salire ai miei occhi e mentre sento il bip aumentare d'intensità decido di addormentarmi nuovamente prima di svegliare tutti.

Mi risveglio per colpa del sole che batte sui miei occhi. Dev'essere già giorno.
Mi alzo lentamente e noto che lui non c'è più. Sono sola ora.
Entra un'infermiera che mi chiede come io stia e le rispondo che non mi fa più male nulla.
Effettivamente è vero. La gamba non fa più male e mi ritrovo piena di forze con una fame tremenda.
"Quanto sono stata addormentata?" le chiedo.
"Circa tre settimane. Era una brutta ferita e c'era bisogno di tanto riposo. Ogni tanto ti svegliavi, ma non sembravi tu. Credo tu sia sonnambula, mia cara!" ride. La sua risata è contagiosa e mi mette allegria.
Le chiedo se mi può portare da mangiare e lei annuisce, uscendo dalla stanza.
Decido di accendere la televisione, tanto per fare qualcosa ed ecco che trasmette il telegiornale.
Dopo qualche notizia sulla politica iniziano a parlare dell'incidente avvenuto nel Golden Theatre tre settimane fa.
Mandano in onda immagini dai funerali delle vittime e noto con angoscia le immagini del funerale di Candice, con sua madre in lacrime.
Infine mandano le immagini dall'alto del teatro e parlano di me come unica superstite su sette persone, tra le quali si trovava James Hawthorne, importantissimo produttore discografico. Provano a supporre quale sia la causa di questa strage, non trovando alcuna spiegazione.
Insomma, chi avrebbe attaccato persone del genere? Provano con l'ipotesi del terrorismo, ma anche quella va screditata.
Ed è allora, al termine del servizio che mi rendo conto di due cose.
Primo: devo uscire da qui il prima possibile. Devo sapere, trovare risposte ad ogni domanda.
Per me.
Per Candice.
Per tutti.
Secondo. Mi sono scordata una cosa estremamente importante.
Non eravamo sette. Eravamo otto.
Lei, non l'avevano nominata ed io non l'avevo neanche trovata nella sala dopo l'esplosione.
Mi sono persa qualche dettaglio. Ho bisogno di uscire da qui e scavare nella mia memoria, ma non posso farlo da sola.
Qualcosa mi dice che Alec sa più di quanto so io e, se mi sbaglio, almeno dovrà rispondere alle mie domande.
Perché mi ha salvata, se non mi conosce nemmeno?
Perché mi guardava da lontano?
Perché mi sorveglia?
Ho bisogno di risposte.
Così prendo al volo le mie cose, tolgo la fascia alla gamba e le bende dalla testa.
Non posso aspettare.
Faccio un po' di fatica, ma mi rivesto e zoppicando un po', mi avvio verso la porta.
Esco dall'ospedale di nascosto, senza farmi scoprire e sapendo la mia destinazione.

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