Rinascita

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Arrivo nella mia camera con qualche difficoltà e decido di prendere le chiavi della mia macchina.
Devastata mi sdraio sul mio letto a fissare il soffitto, vedendo le stelle attaccate sopra alla vernice blu.
Io, Sarah e Clarissa avevamo impiegato secoli per scegliere il motivo del soffitto. Alla fine avevamo optato per questa trovata.
Nella stanza si sente la loro mancanza, come in tutta la scuola.
Entrando a scuola mi sono sentita subito osservata. Non erano occhiate cattive, solo occhiate compassionevoli. Nessuno mi ha rivolto la parola, ma con lo sguardo mi hanno detto tutto.
Ho vagato in lungo e in largo, decidendo di ritirarmi per quest'anno.
Sono passata davanti all'ufficio del preside che mi ha capita e mi ha lasciata andare a prendere tutte le mie cose.
Ed ora mi trovo qui, sola, stesa sul letto a fissare un cielo infinito.
Mi mancano loro. Eravamo tre, perfettamente diverse.
Sarah conquistava tutti con il suo carattere solare e festoso. Tutti la amavano qui a scuola e ovunque.
Clarissa, timida e riservata, dietro i suoi capelli castani era davvero un genio ed era capace di sorprenderti in ogni occasione. Aveva una passione innata per la danza, tramandatale dalla nonna.
Mi mancano troppo. La stanza è così fredda e vuota senza di loro.
Decido di reagire e preparo la mia borsa. La riempio con rabbia, pensando che dovranno avere giustizia anche loro.
Se il cielo mi ha dato l'opportunità di restare viva, devo sfruttare quest'occasione per me e soprattutto per loro.
Do un'ultima occhiata alla stanza e sono pronta ad uscire quando noto in fondo alle scale alcuni dei compagni di corso di Alec. Decido di andare di corsa da Jeoff, che mi lancia un'occhiataccia.
Ancora non gli è passata la storia, suppongo.
Ma ora mi deve dare una mano.
"Jeoff sai dirmi dov'è Alec?" gli chiedo.
"E perché dovrei aiutarti? Sai, mi dispiace per le altre, saresti dovuta stare tu al posto loro ora. Sotto terra." risponde con una freddezza unica.
"Mi serve proprio per loro, per Sarah." dico.
Sapevo da un'eternità che era legato a Sarah. Era la sua migliore amica. Si conoscevano dall'infanzia.
Poi, quando le cose tra i due stavano andando sempre meglio, lui aveva conosciuto me ed aveva iniziato a trascurarla definitivamente. Io non facendocela più a vedere Sarah piangere ed essendomi stancata della sua vanità da giocatore di football, avevo deciso di farmi lasciare da lui, umiliandolo in pubblico, ferendolo in quell'orgoglio che tanto lo faceva sentire importante. Così da allora aveva ripreso i rapporti con Sarah e non ci eravamo più parlati.
Al nome Sarah vedo i suoi occhi farsi lucidi. È distrutto anche più di me per la sua perdita.
Lo vedo accasciarsi a terra appoggiato al muro. Inizia a singhiozzare ed io mi sento malissimo per averlo fatto soffrire.
"Scusa" accenno.
"Sai, mi manca tantissimo. Tante volte in queste ultime tre settimane l'ho sognata. La sua risata, Dio come mi manca. I suoi capelli, il suo carattere, la sua persona. Mi manca tutto di lei. E mi sono dato dell'idiota tremila volte per non esserle stato accanto tutto il tempo possibile. Ma ora arrivi tu, la causa di tutto, e mi chiedi dove sia Alec. Perché ti serve sapere dove si trova? Cosa c'entra lui con tutto questo?" mi chiede.
"Lui mi ha salvata. Non so perché, non so come, non so quando, ma lui sa qualcosa riguardo a tutto questo, perché se non avesse saputo nulla non ci sarebbe stato quel giorno ed io certamente non sarei qui. Se non vuoi farlo per me, perché so che non mi hai perdonata, fallo per lei" dico.
Lui annuisce. Si asciuga gli occhi e mi guarda.
I suoi occhi sono rossi e noto delle grandi occhiaie. Non deve aver dormito per chissà quanto tempo.
Prende la parola.
"Non ho idea di dove si trovi Alec, ma ti posso dire che oggi non l'ho visto e che so dove potrebbe trovarsi.."
Lo guardo interrogativa.
"Non è come immagini.. Dovevamo fare un progetto insieme e lui non si trovava da nessuna parte. Ero disperato. Ho provato al telefono, ma non lo trovavo, quando mi sono ricordato dell'app per la localizzazione. Mi sono segnato l'indirizzo e l'ho trovato lì, in quel casolare abbandonato. Sembrava sconvolto da qualcosa, ma non ci ho fatto più di tanto caso. Dunque gli ho detto del progetto e lui ha cambiato subito umore, scusandosi per il fatto che se l'era scordato e dicendomi, tra una chiacchiera e l'altra, che quello era il luogo dove solitamente si rifugiava quando doveva stare da solo e non farsi trovare" mi dice.
Gli chiedo l'indirizzo e rimango allibita nell'osservare che è molto vicino a dove abitavo con i miei genitori. Estremamente vicino.
"Ecco a te. Ti prego, sta attenta, quello è un tipo pericoloso ed immensamente strano. Tieniti il più lontana possibile" mi raccomanda.
Lo ringrazio e mi avvio alla macchina,  lasciandomi il college alle spalle, forse per sempre.

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