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Lo guardo mentre indietreggia, come se fosse spaventato da me.
Il silenzio e il gelo calano nella stanza. Nessun rumore. Nessun respiro.
Proprio mentre sto per aprire la bocca, mi precede.
Odio quando accade, quando le persone mi precedono. Sembra come se io sia sempre l'ultima ad arrivare alle cose. Mi sfuggono sempre i dettagli.
"Devi andartene, ora" mi dice.
Incredibile. In una situazione del genere, nonostante tutto ciò che è accaduto, nonostante le prove evidenti che lui sia implicato a me, profondamente, nonostante la mia confusione e nonostante lui sia ricoperto di sangue, mi continua a tener distante. Distante da lui. Distante dalla verità alla quale non giungerò mai di questo passo.
"Non ho intenzione di andarmene, almeno finché non avrò ottenuto le mie risposte. So per certo che sei stato tu l'ultimo che ho visto prima di finire in ospedale, dopo l'esplosione. So per certo che siamo io e te i due bambini nelle foto che tappezzano la mia mente e la tua parete. Ho il diritto di avere spiegazioni."
"Tu non-" si ferma. Fa una smorfia e si poggia con un braccio alla parete.
Allora pongo momentaneamente da parte tutti i miei interrogativi.
Nonostante io non sopporti tutta questa situazione, devo aiutarlo. Lui è l'unico che può aiutarmi. Per ora non mi interessa neanche sapere come si è fatto quella ferita.
"Hai un kit medico o qualcosa del genere?", chiedo.
"Non devi fare nul-", si ferma, sibila, si siede a terra. Mi indica con la mano il mobile lì vicino ed io inizio a cercare.
Lo trovo subito, nel primo cassetto, vicino ad un fermacarte e ad un diario di pelle nera, con i contorni dorati.
Dopo qualche istante mi siedo accanto a lui ed inizio a medicargli la ferita.
Sussulta al contatto, ma poi si lascia medicare. Fortunatamente la ferita è superficiale. Faccio difficoltà a concentrarmi data la vicinanza.
Non riesco a capire perché sia così intimorita da lui, come non lo sono mai stata in vita mia.
Finisco e lo aiuto a rialzarsi. Lo faccio sedere in cucina e gli prendo un bicchiere d'acqua. Lo osservo e mi siedo di fronte a lui.
Ora ho bisogno di risposte.
"Senti, mi dispiace per prima, per essere entrata di soppiatto a casa tua e di esserti anche andata contro. Hai tutto il diritto per avercela con me."
"Eccome se ce l'ho", mi dice sorridendo leggermente.
Scuoto leggermente la testa, sospirando.
"Comunque, dato che ho bisogno del tuo aiuto, ho bisogno che tu parli. Per quanto riguarda le foto-"
"Non mi va di parlarne, non ora almeno." Mi interrompe nuovamente.
"Stavo dicendo, per quanto riguarda le foto, per il momento non voglio sapere nulla. Né voglio sapere il perché di quella ferita. Ma devo sapere riguardo a quello che è successo quasi un mese fa. Ho bisogno di risposte, davvero. E so che tu non vuoi aiutarmi, ma ti prego, ho delle persone da vendicare", dico con le lacrime agli occhi.
Mi fissa intensamente, senza fare nulla per qualche secondo. Noto che le sue mani tremano leggermente.
Sta per aprire bocca, quando si sente improvvisamente un'auto da fuori che si avvicina alla casa. Uno sportello che si apre, che si chiude.
Alec spalanca gli occhi e di corsa si alza e urla qualcosa simile ad uno "stai giù".
Non me lo faccio ripetere ed entrambi ci nascondiamo dietro al tavolo qualche secondo prima che parti una raffica di spari e che la porta si apra.
"Va bene, ti aiuto. Ma prima usciamo fuori di qui", sussurra.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Dec 20, 2015 ⏰

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