Ansia

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Corro più veloce della luce e per un secondo mi perdo nell'immensità della vita, sentendo l'aria che scuote i miei capelli, sentendomi libera e leggera. Il pensiero dura poco perché in breve raggiungo il mio obbiettivo mentre la campanella suona la fine dell'ora scolastica.
Proprio mentre i ragazzi iniziano a sospirare di sollievo e ad uscire dalle aule, Hawthorne mi nota e si volta verso di me.
Si stava dirigendo verso l'aula del preside, pronto per le audizioni pomeridiane degli studenti, quando inizia a scrutarmi.
"Buongiorno signorina, cosa la porta a correre per metri fino a me?"
Rimango senza parole e balbetto un po' prima di cominciare a parlare.
"Ehm.. I-io mi chiedevo c-come posso iscrivermi ai provini di quest'oggi" dico.
Lui sorride e mi spiega le procedure, affermando che sono arrivata un po' in ritardo, ma che è ben disposto ad una studentessa-extra.
Lo ringrazio e scappo via, nascondendomi dietro il primo mobile che trovo.
Decido di andarmi subito ad iscrivere e passo per la segreteria, notando sopra al mio nome nell'elenco un'altra ventina di persone.
Mi autoconvinco di potercela fare e vado a prepararmi, risentendo mentre mi allontano quella strana sensazione che mi porta a pensare di essere osservata. Mi volto da tutte le parti, ma non trovo nessuno e decido di scacciare via i pensieri.
Sto diventando paranoica.
Chiamo Candice che mi viene subito incontro per infondermi coraggio prima dell'audizione e lei mi porta la mia chitarra.
Dio, senza di lei sarei persa.
La ringrazio e mi soffermo per qualche attimo a guardare la chitarra.
È vecchia, piena di graffi e ammaccature. All'apparenza è la più brutta chitarra che possa esistere, ma non mi importa.
Per me è importantissima.
È l'unica cosa che mi resta di mia madre e quindi non la abbandonerò mai. Quando suono mi sembra di tornare in contatto con lei, mi sembra di tornare a quei momenti nei quali lei mi suonava le canzoni per farmi addormentare, quando ero molto piccola.
Erano le uniche cose che riuscivano a tranquillizzarmi dagli incubi ricorrenti che mi assalivano.
Gli incubi ricorrenti che mi assalgono.
Gli incubi.
Tremo.
Ripenso a quelle immagini orrende che non mi permettono mai di dormire la notte, che non mi permettono di trovare pace in modo peggiore da quando i miei genitori non ci sono più. Li ho sempre avuti, non ho mai capito perché.
Sogno di affogare, di sprofondare nel vuoto, di perdere ogni cosa cara a me.
Ma le canzoni mi tenevano a galla, quando c'erano mamma e papà.
Ora che non ci sono più gli incubi si aggrovigliano in una massa informe e contorta che non finisce mai. Ed ho paura che la situazione peggiorerà sempre di più.
Non so perché, non so come, è solo un presentimento.
Mi desto dai miei pensieri e mi avvio verso il teatro. Trovo un signore alto che distribuisce tesserini con dei numeri e gli riferisco nome e cognome, per prenderne uno anch'io.
Mi avvio verso la fila e l'ansia incomincia a farsi strada dentro di me, fino a farmi tremare le gambe.
Mi sento paralizzata dalla paura, anche se non capisco il perché. In fondo è solo una stupida audizione.
"Janet Monroe, numero 23"
Il tempo passa troppo velocemente.
Salgo gli scalini e la luce si fa sempre più forte fino a che non giungo al centro del palco.
I riflettori mi abbagliano e dopo un po' riesco a distinguere alcune figure sullo sfondo.
Sarah, Clarissa, Jared, Tim e con i pollici alzati noto Candice.
Mi sorride e mima con le labbra un "andrai benissimo Jan, ti voglio bene".
Lei, sempre lì per me.
Dio solo sa il bene che le voglio.
Mi faccio coraggio e parlo.
"Che canzone ci canta, signorina Monroe?" mi chiede Hawthorne.
Noto che è affiancato da una donna alta, con i capelli lunghi bruni e gli occhiali. Ha un aria famigliare, ma non riesco a capire chi sia.
"Canto 'The Mortician's Daughter' dei Black Veil Brides" affermo.
Amo la melodia di quella canzone, nonostante il testo sia molto triste.
Inizio con gli accordi e il mondo inizia a svanire.
Le mani prendono vita e io non mi rendo conto più di nulla.
Inizio a cantare e li vedo prendere appunti e vedo gli occhi di tutti e soprattutto quelli di Candice illuminarsi per l'emozione.
La vedo felice, come non la vedevo da tempo.
È fiera di me.
E in quel momento realizzo che lei è la mia famiglia e che non sono sola.
"...I promised you I will see you ag-" mi blocco.
Un boato.
E poi tutto nero.

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