Mezze stagioni

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Non ti conosco, non so nemmeno come ti chiami, ma non mi fai più dormire.

Non è stata una faccenda nata per gradi. Non ho potuto abituarmi. E' stata una cosa improvvisa, violenta e casuale. Come un incidente.

Sono sempre stato per le stagioni senza crisi d'identità, per quelle basto io. L'estate dovrebbe essere estate, l'inverno inverno e ottobre dovrebbe essere ottobre, invece sembra maggio.

Sono con Filippo in una pizzeria del centro, aspettando il nostro turno. Fa davvero troppo caldo. Ultimamente è tutto strano. Io, più di tutti.

Davanti a noi, un branco di bambine glitterate, capeggiate da due donne, non sa decidersi sui rispettivi gusti di prendere. E temo ne avranno ancora per molto.

Non ce la posso fare.

Vorrei guardarti e ascoltarti, ma non ho occhi e pensieri adatti.

Mi sento così, verso di te: tutto sbagliato.

Da qualche mese a questa parte, mi giri intorno. Forse la tua famiglia si è trasferita da un'altra città. O da un altro Paese, perché hai un aspetto nordeuropeo, in effetti.

Hai la carnagione chiara, folti capelli corti e occhi sottolineati da un filo di matita. Occhi con lo scuro dentro: spine, fuoco e mare.

A volte penso che vieni semplicemente da un altro pianeta.

Tra me e me, ti chiamo X.

Filippo sta al cellulare. Sicuro, sta chiedendo alle ragazze del gruppo di sbrigarsi, dato che sono rinchiuse nel palazzo di H&M da più di un'ora.

Ma il pensiero che gioca a flipper dentro di me, e ho paura a scriverlo, adesso, è che non sono ancora riuscito a capire se sei una ragazza o un ragazzo.

Ok, non sono rincoglionito o cronicamente distratto. Il fatto è che sei una persona così profondamente ambigua.

I nostri incontri sono sempre stati troppo veloci. Ed io sono rimasto così incastrato nei tuoi occhi che, non lo so, non sono riuscito a capirlo, ancora.

Quando penso a te come a una ragazza, so già che non riuscirò mai a parlarti. Non saprei nemmeno da che parte iniziare.

Se penso a te come a un ragazzo, invece, vado direttamente nel panico. Un fiotto di domande mi sforacchia il cervello. Perché ho capito che se tu fossi un ragazzo, niente cambierebbe di questa cosa che mi succede. Allora mi chiedo: questa cosa mi rende automaticamente g.? Oppure la tua ambiguità mi rende g. solo un po'. Ma che vuol, poi, dire essere "un po'" g.?

Il branco glitterato stringe finalmente le pizze bollenti e filanti fra le mani e sfila uscendo dal locale. Filippo sta indicando i pezzi da prendere.

Non ho mai avuto una cotta per nessuno. Finora, perlomeno. Mi piaceva stare con Elisa, l'anno scorso, ma di amicizia, si parlava. Pura, profonda e semplice amicizia. Anche se poi tutti ci ricamavano sopra, chiaro. Ma nessuno mi ha fatto sentire come mi sento quando vedo te.

E' qualcosa che parte dallo stomaco. Non passa per il cuore, o per il cervello.

E se tu fossi davvero un ragazzo? Cazzo, mi scoppia la testa.

Non ho mai avuto la necessità di fare "verifiche". Anche perché mi ritengo un ragazzo standard. Cioè, voglio dire, mi piace uscire con gli amici, giocare a tennis, mangiare hamburger e patatine, mi rompe le palle svegliarmi presto la mattina, studio giusto il minimo per evitare i debiti, poi ok, sì, mi piace la matematica, e leggere, e scrivo diari come non ci fosse un domani. Perché mi aiuta a fissare i pensieri.

E poi c'è questa cosa che quando ti vedo mi tremano le gambe e mi sale il terrore tu che possa guardarmi. Con i tuoi occhi. Di spine, fuoco, mare e mondi.

Non so cosa sia, questa cosa.

Ma qualunque cosa sia, è necessario farci i conti subito, adesso, ora, perché X entra in pizzeria.

GabbianiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora