Stand by me

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La mia bestia nera non l'ho sedata, ancora. Cammina accanto a me, a orecchie tese, mi fissa con occhi attenti e non mi molla. Devo fare esercizio per ignorarla, per spostarmi verso il lato luminoso della testa, ma ancora ce la faccio da solo.

Credevo di riuscire a nasconderlo bene il mio disagio ma, dalle accortezze eccessive di mia madre, intuisco che si nota ancora. Forse nei miei gesti o nello sguardo, non lo so, non mi va di chiederlo, ma lo capisco però, e non mi piace. Mi fa sentire inadeguato e m'incazzo con me stesso, perché non voglio essere così, né sembrarlo.

Stasera ho intenzione di spalmarci sopra più sorrisi possibili, voglio solo stare bene con me stesso, con la cricca e con Filippo, soprattutto.

Alle 8, tutto è apparecchiato con estrema eleganza – grazie a Francesca e pure a me - gli antipasti sono pronti nei vassoi, l'albero è acceso, la musica natalizia si diffonde leggera.

A turno usiamo la camera di Luca per cambiarci.

Le ragazze escono per ultime dal reparto notte e sono davvero in tiro ma, devo ammetterlo, la più chic in assoluto è Arianna e non credo sia un caso. Kevin mi lancia sguardi di soccorso.

Noi ragazzi invece siamo in tenuta più sobria. Filippo ha deciso di volermi morto stasera, perché indossa il suo completo blu che lo rende un polo cosmico di magnetismo e non so come farò a non fissarlo per tutta la sera. Anche se in parte è facile, perché non mi ha rivolto la parola da quando sono arrivato.

Prima di iniziare, però, Luca ci vuole in circolo e versa lo spumante nei flute. Li facciamo tintinnare.

«Ragazzi, alla cricca!»

Brindiamo guardandoci negli occhi, con la gioia elettrica che ci rimbalza addosso. Siamo qui, adesso, tutti insieme, e forse sono il solo a chiedersi come ci troverà il prossimo Natale, a scuole finite, dove ci porteranno le scelte che faremo, ma scaccio subito il pensiero e mi sento di lanciare anch'io il mio personale brindisi.

«Raga, come disse il saggio, adesso è adesso» proclamo. E sento gli occhi di Filippo correre da me, ma non ricambio. Ci tengo liberi, stasera. Liberi di goderci gli amici in santa pace, senza reciproca pressione.

Il suo sguardo mi smuove un turbamento strano, perché lo vedo contrito, non lo so spiegare. La faccenda di Martina lo ha di sicuro travolto e mi dispiace vederlo così.

«Oh, raga, io comincio» dice Kevin, fagocitando un mignon.

Io lo seguo a ruota, saltando di vassoio in vassoio con la mano indecisa, perché non so davvero quale scegliere per primo.

«Wow, bravissimi» esclamo a bocca piena, dato che sono l'unico, insieme a Francesca, a non aver messo piede in cucina. Riesco finalmente a mangiare di gusto dopo giorni e ho una fame disumana.

Filippo è tornato ai fornelli già da un po'.

«Luca, vieni tu e porti a tavola?» lo sentiamo chiamare dall'altra stanza.

Luca sparisce e torna distribuendo i piatti e il profumo che aleggia è inconfondibile. Non è zucca, no.

Affondo la forchetta nel risotto ai porcini e lo divoro con venerazione.

«Rugo, madonnasanta, ci fai l'amore con quel risotto?» ride Francesca.

Filippo entra nel salone e lo vedo sorridere con gli occhi mentre si siede accanto a me, perché è Elisa ad aver deciso i posti. Accostando la sedia, si china su di me e mi dice piano: «Allora? Com'è venuto?»

Lo sa che è il mio piatto preferito in assoluto.

«Commovente.»

«Io, veramente, volevo le lasagne con gli asparagi» protesta Kevin. «Ma non comando mai un cazzo.»

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