Amicizia

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Elisa ha le occhiaie scure, i capelli legati con un elastico giallo trovato a casa e non sorride più, stasera. Si è rabbuiata.

«Andiamo a letto? Io sono stanca morta» dice, dopo aver reclutato anche Arianna e Francesca per la possibile cena della Vigilia. Ora manca solo Filippo al quale, stasera, non vorremmo chiedere troppo.

«Ok, raga, allora notte» dice Luca.

«Io posso guardare un film? Non ho sonno» chiede Kevin.

«Fate quello che volete» dico, seguendo Elisa e Filippo in camera mia.

Eli è scalza, chiude la porta quando siamo dentro tutti e tre, poi si infila sotto le coperte, in mezzo al letto. E, a sorpresa, dopo nemmeno dieci secondi, scoppia a piangere.

Io e Fili ci guardiamo un attimo, perplessi, e poi la raggiungiamo, la abbracciamo forte e la coccoliamo. A forza di tenere duro, stasera è scoppiata pure lei.

Mentre io e Filippo la stringiamo, allungo la mano fino alla spalla di Fili, gli tiro la manica della felpa, per avvicinarlo ancora di più, per sentirlo vicino, per fargli capire che ci sono. E per sentirlo accanto a me.

Eli si calma subito, tira un sospiro. Si posiziona sulla schiena, fra di noi, ed è così piccolina che, nel letto a una piazza e mezzo, con noi due distesi sul fianco, in tre riusciamo a starci senza cadere.

Le do un bacio sulla guancia. Lei afferra le nostre mani, intreccia le dita di tutti sopra il suo stomaco.

«Vi voglio bene» dice.

«Anche noi» rispondo, col nodo in gola.

Fili mi lancia uno sguardo, ma sono occhiate veloci, le nostre, stasera. Forse abbiamo paura di quello che potremmo trovarci dentro e siamo troppo stanchi di sentire.

«Allora» inizia Elisa «io adesso vado di là, perché sto scomoda qui in mezzo. Ma voi due, vedete di fare la pace, bravi bravi» dice alzandosi, e uscendo dalla stanza, lasciandoci nella trappola che già sapevamo e che abbiamo scelto di assecondare entrambi.

Filippo tira un sospiro lungo. Un brivido di tensione mi assale. Non voglio essere ferito di nuovo.

Ascoltiamo il brusio dei tre, di là, che parlottano e che si assestano sui materassini. Kevin si lamenta con Elisa.

Io e Filippo restiamo distesi sulla schiena a guardare il soffitto. Il mio cuore è un treno e il respiro gli va dietro.

«Adesso dormiamo, per favore?» propone lui, gentile, volendo rimandare qualsiasi confronto.

«Ok, certo. Notte» dico con voce più rilassata che riesco, ma sono agitatissimo. Non lo voglio turbare in nessun modo e non voglio essere turbato più di come sono già. Gli do la schiena per lasciarlo solo. Piego il braccio sotto al cuscino e mi metto a fissare il comodino.

Ascolto ogni suo piccolo fruscio, cerco di indovinare se ha gli occhi aperti o chiusi, se gira la testa verso di me, se sta pensando, a cosa sta pensando, se il cuore gli batte più forte del mio.

Quando sento che si sposta per darmi le spalle, spero che si addormenti presto, per potermi girare io.

Aspetto che il suo respiro diventi regolare, ci mette un'eternità, poi, senza muovere troppo il letto, mi volto verso di lui. Si è addormentato. Mi avvicino un po', più che posso, senza toccarlo, per sentire almeno il profumo dello shampoo.

Il quadrifoglio è dall'altra parte. Ovviamente. Mi accontento di osservare il suo profilo e le sue spalle muoversi piano a ogni respiro. Mi allineo al suo ritmo lento e mi rilasso. Mi avvicino ancora un po', pianissimo. Appoggio il naso sulla sua nuca, temendo che possa svegliarsi, ma se succede farò finta di dormire e di esserci rotolato per caso. Lo respiro un po' così e mi sento il cuore gonfiarsi d'amore, e l'ossigeno rifluire dentro di me.

GabbianiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora