La cricca stretta

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Venerdì pomeriggio, seduto al tavolo della cucina, mi cimento a smontare la spazzola rotta dell'aspirapolvere.

Mia madre è con me, a corregge i compiti e a sorvegliarmi.

Mentre sto studiando le istruzioni, le squilla il cellulare. Osserva il display, dice distratta:

«E' Paolo, il papà di Fili.»

Il papà di Fili? 

La guardo rispondere e l'aria si fa subito rarefatta. Mamma sbianca mentre ascolta, mi fissa nel panico sgranando gli occhi, cerca la sedia, arranca per mettersi seduta. Io scatto in piedi e indietreggio. E' successo qualcosa. Cazzo, è successo qualcosa di brutto. La scruto per carpire qualsiasi dettaglio col terrore di scoprirlo. Il cuore mi sta mitragliando di battiti, perché penso solo a Filippo.

«Arriviamo subito.»

Cerca di controllarsi per me.

«Fili...?» chiedo, boccheggiando.

«Martina.»

Martina, cosa. Mamma sceglie le parole.

«Martina cosa?» non riesco nemmeno a urlare.

«E' al pronto soccorso. Stava giocando con lo skate, non so come è finita in mezzo alla strada e una macchina non è riuscita a schivarla.»

Mi sorreggo alla spalliera della seggiola.

«Ma quanto è grave?»

Mamma si guarda attorno per fare mente locale, ma è in tilt. Ok, devo starci io. Tocca a me. Devo tenere duro io, stavolta. Devo vedere subito Filippo.

Un minuto alla volta. Ce la posso fare.

«Chiavi di casa, chiavi della macchina, cellulari» faccio una lista a voce, devo mantenere la calma, razionalizzare, mentre cancello lampi di ricordi e lamiere. Un minuto alla volta.

«Ce la fai a guidare?» chiedo a mia madre.

«Ce la faccio» risponde, cercando di infilare la chiave senza successo.

«Guido io?» mia madre si volta, titubante. «Se ci fermano, cercheremo di spieg...»

«Guida tu» taglia corto.

Ok. Il sangue mi pulsa in testa, il cuore mi sconquassa i polmoni per quanto batte forte. Cristiano, cazzo, stacci adesso.

«Ma è grave?» ripeto la domanda, mentre faccio partire l'auto e tremo per la risposta.

«Sì, Cri, sì» risponde con la faccia nelle mani.

Devo correre da Filippo, avvisare la cricca. Marti, vedi di non fare cazzate.



Mentre arriviamo al parcheggio del pronto soccorso vedo Kevin ed Elisa correre verso l'ingresso. Elisa si accorge di me, mi aspetta, non dice niente, mi afferra la mano e mi sento una scarica elettrica che mi fa essere qui, presente, i sensi ricettivi.

Ho paura per Marti, ho tanta paura per Fili. Non voglio che provi questo tipo di dolore. Ti prego, non voglio.

Elisa sta tremando come una foglia.

«Luca e Fili sono già arrivati» dice.

«Ma quanto è grave?» continuo a cercare rassicurazioni che non vengono.

Kevin sta zitto ed è pallido. Elisa ha gli occhi allargati dallo sgomento. Ha lo stesso mio terrore di saperlo.

Appena arriviamo nella sala d'attesa, Luca ci raggiunge. La prima cosa che cerco è Filippo. Lo vedo seduto di spalle, piegato in avanti con i gomiti appoggiati sulle ginocchia, le mani unite a stritolarsi l'un l'altra, le dita bianche per la pressione. Implode, come al solito.

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