3. Enemies to lovers

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Quando Alistair aprì gli occhi in quel nuovo universo, la prima cosa che notò fu che Griffin non era insieme a lui.

La seconda, era che non aveva la minima idea di dove lui si trovasse.

Sembrava la camera da letto di qualcuno, a giudicare dal materasso incredibilmente confortevole su cui era sdraiato (per una volta era atterrato sul morbido, grazie al cielo), dalla scrivania completamente cosparsa di fogli e matite e dall'armadio aperto straripante di vestiti. Vestiti vintage, per di più. Uhm.

Il suo primo pensiero fu che qualcosa fosse andato storto mentre attraversavano il portale e ora Griffin fosse finito in un'altra storia.

«Oh no. No, no, no, no, questo è male», disse, iniziando già ad andare nel panico. «Questo è pessimo

«Rilassati, umano. Prenditela con calma, non è mica la fine del mondo.»

Alistair, a quel punto della sua vita, avrebbe dovuto essere abituato a gatti parlanti che spuntavano dal nulla. Sul serio, ormai era diventata una routine.

La cosa non gli impedì di cacciare un grido e ribaltarsi dal letto per lo spavento, però.

«Oh, cielo», esclamò il gatto con una suadente voce femminile, mentre lo squadrava da sopra il materasso. «Aveva l'aria di essere una brutta caduta. Ti sei fatto male?»

«Uh, no grazie. Sto bene.»

«Oh. Che peccato. Sarebbe stato divertente.»

Alistair scoccò alla gatta un'occhiataccia. Non si trattava di Whisky né tantomeno di Plum, il che lasciava aperta solo un'opzione. Jolly se ne stava acciambellata sul letto e lo fissava con la testa piegata di lato. Il pelo striato e i cerchi neri intorno agli occhi davano più l'impressione che fosse una cucciola di tigre piuttosto che un'innocua gattina.

«Che vuol dire prenditela con calma? Dov'è Griffin?»

«Sta' tranquillo, umano. Va tutto come previsto: Griffin si trova in questa storia, sento la sua presenza. Probabilmente uno dei miei colleghi è insieme a lui in questo momento.»

«E perché io non sono con lui, allora? Abbiamo attraversato il portale insieme.»

Jolly sospirò come se quella conversazione l'avesse già stancata. «La storia vi vuole momentaneamente separati, perciò ora siete separati. Non puoi farci niente. Segui solo la trama e vedi dove ti conduce, e andrà tutto alla grande. Buona fortuna!»

«Ma io...!»

No, troppo tardi. Era già sparita. Alistair giurò a se stesso che se fosse mai tornato a casa avrebbe chiesto alla signora Parker di ridurre le razioni di cibo di quei gatti, perché chiaramente non stavano facendo un buon lavoro nel meritarsele.

«Bene», borbottò tra sé e sé, tirandosi in piedi e stirandosi i vestiti. «A quanto pare non mi resta che scoprire dove diavolo sono finito stavolta.»

La stanza aveva un'aria normale, e anche molto simile alla sua camera di Londra. Alistair decise di dare un'occhiata più attenta alla scrivania, ma si era appena mosso che uno schermo olografico comparve improvvisamente davanti alla sua faccia.

Alistair si prese il secondo infarto in cinque minuti.

«Buongiorno Alistair», lo salutò con voce robotica il computer. «Spero che tu abbia trascorso una notte riposante. Vorresti dare un'occhiata al programma della giornata?»

«Ehm... immagino di sì?»

Sullo schermo comparve una lunga lista d'impegni che si prolungavano per tutto il giorno. Alistair la scorse rapidamente, accigliandosi a mano a mano che leggeva. "Addestramento reclute"? "Pattuglia della città"? In cosa diavolo era andato a cacciarsi stavolta?

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