XII. Finalmente completa

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Quando fui di nuovo dentro il castello, ebbi uno shock. Così tante voci, così tanti rumori, mi stavano destabilizzando. Il cuore non smetteva di martellarmi nel petto e io non riuscivo ad ignorare il suo rumore. Mi portai una mano al petto e con l'altra mi asciugai il sudore dalla fronte. 

 Ero felice, ma completamente impreparata, per pochi minuti credetti di trovarmi in un sogno e mi presi a schiaffi per vedere se era tutto reale o no. 

Gli alunni mi fissavano preoccupati. Avevo uno colorito innaturale e camminavo con difficoltà, il mio caro serpente dovette reggermi sulle scale perché rischiai più di una volta di cadere. Il rumore sulle scale era veramente un guazzabuglio che mi mandava il cervello in tilt. Era bello sentire di nuovo, ma non ero pronta a tutto quel baccano. 

 Quando mi ritrovai davanti all'infermeria, mi sentii quasi svenire. L'infermiera accorse da me preoccupata e mi fece sdraiare su uno dei letti. Potevo sentirla parlare, con il suo tono femminile e preoccupato, e questo non aiutava il mio ricovero.

-Oh, signorina, ma cosa le è successo? Ho visto casi di persone baciate dai dissenatori meno peggiori di lei! Cavolo, se solo potesse raccontarmi cosa le succede! È la seconda volta che viene qui in condizioni assai gravi... Prima che potesse continuare la fermai posando la mia mano sul suo braccio, lei mi guardò dritta negli occhi.

-Chiami il professor Silente, per favore...

 L'infermiera rimase a bocca aperta, mi prese la mano tra le sue.

-Ma, ma lei parla! Ma questo è un miracolo! 

 Lo disse con un tono così alto che non riuscii a trattenere una smorfia.

-Per favore, parli piano e chiami il professor Silente...devo parlare con lui... 

 L'infermiera ormai aveva gli occhi lucidi, annuì convinta e corse fuori dall'infermeria. Tornò in fretta e furia in compagnia di Silente, anch'esso correva e sembrava completamente spiazzato dalla situazione, vidi una schiera di professori che aspettavano alla porta, ma solo lui entrò e si diresse verso di me. Ci guardammo per un attimo, poi lui chiese all'infermiera di lasciarci da soli, lei obbedì. Il mio caro serpente ondeggiava curioso attorno alla figura di Silente. Io sorrisi.

-Salve, professor Silente. Come vede, ora parlo. 

 Dissi indicandomi le labbra.

-E sento. 

 Aggiunsi indicandomi le orecchie. 

Il professor Silente fece comparire una sedia e si sedette accanto a me, stupito, sorpreso e incuriosito. Io sorrisi.

-Ho chiesto di vedere lei, per spiegarle come è successo. Così potrà spiegarlo agli altri e io non dovrò ripetermi.

-Sono tutto orecchie, signorina.

-Il mio nome è Meredith, signore. 

 Silente annuì.

-Io sono orfana da quando ho sei anni signor Silente. I miei genitori erano poveri babbani che non potevano permettersi nemmeno il pane sulla tavola. Compiuti cinque anni mi vendettero a una donna ricca che scoprii essere una strega. Lei non mi nascose la sua vera natura e io scoprii che esiste la magia. Un giorno però toccai una statua egiziana antica che si rivelò essere maledetta. E così persi la voce, l'udito e la strega non si fidò più di me e mi abbandonò in un orfanotrofio. Presto scoprii di avere dei poteri magici anche io e con grande difficoltà entrai di nuovo in contatto con la strega. Lei non voleva avere più niente a che fare con me, ma comunque si dimostrò gentile e mi aiutò a iscrivermi a Hogwarts e a procurarmi il materiale necessario. Ha chiuso i rapporti con me da quando ho iniziato scuola. Ogni estate torno all'orfanotrofio ed è lì che vivo. Qui ad Hogwarts ho cercato di impegnarmi il più possibile, ma con le difficoltà che avevo ho dovuto cercare un metodo tutto mio per comprendere la magia. Ecco perché ho infranto così tante regole e ho avuto un rapporto burrascoso con tutti i professori. Per questo mi dispiace, ma in compenso ho imparato veramente tanto sulla magia. Guardi cosa ho creato, non è una meraviglia il mio serpente? E non solo questo, oggi ho anche debellato la mia maledizione e finalmente sono libera. Questa è in parte la mia storia, volevo raccontarla a lei, l'unico professore di cui mi sia mai fidata e la ringrazio per essersi sempre opposto quando gli altri proponevano di espellermi. Lei ovviamente non sapeva la mia storia, ma ha avuto fiducia in me. Grazie, professor Silente. 

 Mi stupii della mia bravura nell'orchestrare e gestire una bugia tanto complessa, furono le brevi sfaccettature ispirate alla realtà che mi aiutarono a dare un tono serio e sentimentale al mio racconto. Il mio sguardo supplicava comprensione e la mia storia commozione. Era una bugia triste, ma meno triste della realtà stessa. 

Silente ci aveva abboccato in tutto e per tutto, perché vidi i suoi occhi diventare lucidi. Annuì silenziosamente e mi sorrise, ricambiai il sorriso.

-Un orfanotrofio hai detto? Ricordo una bambina molto simile a te, Meredith, proprio mentre feci una visita ad un altro studente qui a Hogwarts, orfano anche lui, ora mi chiedo se fossi tu quella bambina. Per caso tu provieni dall'orfanotrofio Wool? 

 Soppesai quella domanda e la risposta che avrei potuto dare. Un altro sguardo supplichevole si disegnò sul mio volto e decisi di rispondere.

-Sì, è proprio quello. Allora si ricorda di me? Perché io sì. 

 Il professor Silente annuì un'altra volta, stavolta guardando un punto lontano, che piano piano riempiva mentalmente con le proprie conclusioni.

-Meredith, perché non ci hai detto il tuo nome prima?

-Perché me lo sono scelta da sola, signore. Il mio nome e il mio cognome originali, non me li ricordo. Così, alla fine ho deciso di scegliermelo da sola. Ho optato per Meredith.

-Giusto, allora sarà Meredith per tutti noi. Altra domanda, Meredith, per caso, ricordi il tuo altro compagno che proviene dallo stesso orfanotrofio? Siete dello stesso anno e della stessa casa dopotutto. 

 Sorrisi arresa e cercai di trovare subito la risposta esatta.

-Professor Silente, certo che conosco Tom Riddle, ma solo di nome. Vede, per me era difficile, se non impossibile, instaurare qualsiasi rapporto con le altre persone. Non ho mai parlato con Tom Riddle, ne all'orfanotrofio ne a scuola. Ho visto che è un bravo studente e ho preso ispirazione dal suo impegno per migliorarmi anche io. Ma, per il resto, siamo due estranei. All'orfanotrofio siamo gli unici maghi, ma questo non ci ha certo uniti. Lui per la sua strada, io per la mia. 

 Anche stavolta, fui sicura di esser stata completamente convincente, perché Albus Silente annuì di nuovo comprensivo e iniziò a massaggiarsi leggermente le mani.

-Non c'è modo di entrare in contatto con la strega o con i tuoi genitori?

-No, signore. Da quel che so, sono morti tutti. 

 E a dire questa frase ripensai all'omicidio di mia madre, e mi aiutò a dare un senso di pesantezza e serietà che non ammetteva dubbi.

-Come hai sconfitto la tua maledizione?

-Era un parassita magico, l'ho costretto ad abbandonare il mio corpo. Il mio amico qui mi ha dato una mano, è stata dura, ma ha funzionato. E sono felice ora. Veramente felice. È difficile abituarmi ai rumori, ma ce la farò, oggi stavo per svenire, ma presto andrà tutto meglio. 

 Silente sorrise.

-Certo che sì, lei è una ragazza molto forte, so che continuerà a sorprenderci. 

 E in mente mia pensai "non immagina nemmeno quanto". 

 -La lascio riposare, stasera tutta la scuola sarà avvertita dalla sua guarigione, se lei vorrà ovviamente.

-Sì, professore. Racconti a tutti la mia storia, non me ne vergogno. 

 E così fece. E io fui fiera di me. E fui certa che anche Tom lo sarebbe stato altrettanto.

Il Diario Segreto di una Strega PerdutaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora