XV. Un Tassorosso per amico

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Il giorno seguente vidi Tom presentarsi davanti a tutti con le ferite della sera precedente. Le aveva sicuramente curate da solo, non era stato in infermeria. Tutti gli domandarono cosa fosse successo e lui con un sorriso imbarazzato rispondeva a tutti che era caduto in una delle botole dell'aula di erbologia. Quando raccontava questa storia, era così convincente e cosa più interessante era che tutti ridevano insieme a lui, non di lui, rispettavano il fatto che avesse avuto un incidente. 

Con me continuava a comportarsi come un amico, non mi stava ignorando, ma capii subito che il nostro incontro e il tema della pietra filosofale non avrei mai dovuto riaprirlo. E per me andava bene, in fin dei conti, fu un disastro. Non riuscii a renderlo fiero di me, mi trattava come una semplice conoscente, una delle tante brave studentesse Serpeverde.

Solo che, avendo modo di fare i compiti insieme a lui e di osservarlo fare incantesimi e pozioni, notai che la serietà dei suoi studi si era amplificata... in passato si permetteva di sbagliare una volta ogni tanto, dal nostro incontro in poi, non fece mai un solo errore durante le lezioni.

Era diventato letteralmente perfetto e non c'era professore che non lo complimentasse, specialmente Lumacorno: era diventato il suo studente preferito. E come biasimarlo, nemmeno un errore? Per tutto il resto dell'anno? Nemmeno io ero riuscita ad arrivare a un livello così alto di perfezionismo. Il mio talento era la percezione, attraverso di essa potevo capire se una magia potevo permettermi di farla, oppure no, ma non eccellevo in perfezione con magie da manuale, strutturate e regolarizzate. La mia magia era potente, ma unica e difficile da riprodurre: quando trovavo la formula perfetta nelle vibrazioni e sapevo di avere tutti gli ingredienti necessari, azionavo, ma non sempre trovavo la giusta vibrazione per l'effetto desiderato.

Il quinto anno fummo tutti obbligati a studiare molto, causa gli esami i G.U.F.O. 

Li passai senza problemi, con voti alti, Tom invece eccelse come il migliore del nostro anno: di nuovo, non un singolo errore. 

Non solo, quando lo osservavo, si poteva notare la serietà che si era impossessata di lui. Era più maturo, più serio, in un certo senso, più lontano, leggermente meno amichevole, più solitario. 

Ma questo non fece altro che renderlo più affascinante. Come poteva un ragazzo di soli quindici possedere così tanto fascino? Aveva il portamento e l'aspetto di un aristocratico, gli mancava solo il nome di famiglia e la ricchezza che ne consegue. Era veramente bellissimo.

E anche io ero bella esattamente quanto lui e la mia bellezza andava protetta e riverita, per questo, io non riuscivo a fare amicizie... non era solo un'evidente nota di narcisismo, ma anche il mio cuore traumatizzato, mi risultava veramente difficile fidarmi di qualcuno.

Mi accontentavo solo di Tom, lui era il mio mondo sociale. Quel poco che mi dava di attenzioni era abbastanza, perché io stessa ero incapacitata a gestire più di così a livello umano.

Il quinto anno realizzai questa mia difficoltà quando un ragazzo Tassorosso iniziò insistentemente a dimostrare interesse nei miei confronti: Tairus Potter. 

I Potter, una famiglia purosangue, era sempre stata smistata solo in Grifondoro, ma non Tairus, lui era il primo Tassorosso della famiglia. Era un ragazzo molto alto e sportivo, sempre sorridente, delicato con tutti, non alzava mai troppo la voce e cosa più importante, non eccelleva nella magia, era proprio negato... eppure aveva un bel gruppo di amici, molte ragazze gli giravano attorno e compensava con il suo talento per il Quidditch. Era così negato con la magia (ogni anno che passava peggiorava) che molti iniziarono a credere che fosse un mago-no. Eppure quando i Serpeverde lo prendevano in giro lui rideva insieme a loro, non si arrabbiava mai, e sua sorella Grifondoro era sempre pronta a proteggerlo. 

Tairus aveva la stessa età di me e Tom e con enormi difficoltà riuscì a passare i suoi G.U.F.O. e vi sto raccontando di lui perché dal quinto anno, dopo il mio ultimo incontro notturno con Tom, aveva iniziato a parlarmi.

Praticamente un giorno decise di sedersi accanto a me e di parlare: con il suo tono pacato e con quel sorriso tenero iniziò a parlarmi di tutto... di lui, dei suoi interessi, della sua famiglia, delle difficoltà nello studio, del Quidditch. E io semplicemente rimanevo in silenzio, ad ascoltarlo e a rispondere a monosillabi. Gli piaceva stare accanto a me e raccontarmi cose... per potermi guardare.

Perché io capii subito che si era preso una cotta per me... e quell'attenzione mi piaceva. Non solo mi piaceva riceverla, mi piaceva vedere quanto lui cercava le mie attenzioni nonostante i miei irrisori sforzi a ricambiarlo. Qualche volta gli facevo una domanda anche io, o rispondevo più che a monosillabi, giusto per stuzzicarlo di più, quando accadeva i suoi occhi si illuminavano e quel sorriso diventava più intenso. 

In fin di conti, più il tempo passava e lui comunicava con me, più mi rendevo conto che si stava sviluppando una relazione sociale reale con qualcuno al di fuori di me stessa. Specialmente quando si fece coraggio e mi disse le seguenti cose:

- Sai, io ho memorie di te sin dal primo anno. Mi ricordo della tua maledizione, e di quanto tutti fossero crudeli con te, mi ricordo che non avevi amici. Anche a me mi prendevano sempre in giro, mi sentivo molto solo e senza amici... per i primi due anni, non un solo incantesimo mi era riuscito. Ti guardavo sempre e ti vedevo sola come me, eppure non ho mai avuto il coraggio di parlarti. Però sono contento di farlo adesso, sono ancora negato con la magia, ma almeno il Quidditch mi ha permesso di farmi degli amici e di dimostrare che in qualcosa posso anche io essere bravo come mago. Comunque sia, mi dispiace non aver parlato prima con te, saremmo potuti diventare amici prima, se non fossi stato un codardo.

Nel ricevere quella confessione mi limitai a osservarlo con attenzione e lui arrossì nel sentire il mio sguardo intenso fisso su di lui. Gli confidai sorprendendomi di me:

- Non ti preoccupare, non sarei diventata tua amica. 

- Perché no?

E continuai a rispondere senza freni.

- Perché io sono diversa da chiunque, nessuno qui a Hogwarts ha passato quel che ho passato io e conosce la mia magia come la conosco io. Il mio è un mondo solitario in cui esisto da sempre solo io e i miei desideri. E avere amici... non è mai stato un mio desiderio.

- Ma perché dici queste cose? L'amicizia è una bella cosa e...

Lo fermai.

- Perché quando sono sola, sono protetta. Mi piace la solitudine perché vuol dire che nessuno può farmi male, nessuno. Gli altri mi fanno male, io mi tratto come una principessa. Meglio stare soli con se stessi e al sicuro, che con gli altri e essere maltrattata, no?

Quando sentì queste parole, gli occhi di Tairus divennero lucidi. Mi prese di sorpresa le mani e le strinse nelle sue, rimasi pietrificata a quel tocco.

- Tu sei bellissima e non capisco come qualcuno potrebbe farti del male. Mi dispiace tanto. 

Ritirai le mie mani bruscamente e mi alzai dal tavolo di studio, presi i miei libri e mi guardai dietro una volta sola e lo salutai senza aggiungere altro.

Non sapevo come reagire... cosa era appena successo? Chi era questa persona? Perché fu così gentile con me? Veramente qualcuno poteva essere così gentile solo per il gusto di esserlo? No, mi sembrava impossibile. C'era qualcosa sotto, per forza.

Oppure avevo appena trovato un amico? Un genuino e buon amico?




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