Capitolo Diciotto.

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Dopo pranzo, Charles andò via mentre Carlos restò e si mise a parlare con Lando di cosa fare a cena. Pensarono di uscire a mangiare qualcosa con qualche amico e Sara si sentì alleggerire da quel peso sullo stomaco di dover mentire riguardo a cose avesse fatto lei quella sera. Avendo già fatto la doccia, poté rilassarsi nel pomeriggio, dormendo un altro po', finché non giunse l'ora di prepararsi. Sentì l'ansia impossessarsi completamente del suo corpo quando si rese conto di non avere idea di come vestirsi per andare a casa dei genitori del monegasco: voleva essere perfetta, quindi i suoi vestitini corti e attillati non andavano bene, ma anche mettersi un jeans e una t-shirt le pareva brutto. Allora messaggiò con Charles e, l'unica cosa che fu in grado di dirle con la sua delicata dolcezza, fu di essere semplicemente sé stessa. Per un istante, la ragazza pensò di maledirlo, poi si prese la testa tra le mani e cominciò a pensare. Cercò in ogni angolo della sua cabina armadio e, dopo una buona mezz'ora, formò un outfit delicato al punto giusto: indossava una graziosa gonna a fiori, con le calze color carne per non avere freddo, con sopra una semplice camicetta bianca e, per concludere, avrebbe indossato la giacca Ferrari che le era stata regalata. Poi avrebbe messo le Converse, per essere comoda. Indecisa se truccarsi o meno, alla fine optò per un make-up leggero acqua e sapone, qualche gioiello e tanto profumo. Era immensamente carina con quella sua aria così gentile e pacata, sebbene fosse sotto uno spirito libero.
Quando uscì dalla stanza, i due avevano già abbandonato la casa e ne fu grata, quindi raggiunse il garage e un altro dilemma le torturò la mente: quale auto avrebbe dovuto usare? Dopo qualche minuto di indecisione, salì sulla sua Porsche Panamera nera e abbandonò il palazzo. L'uomo le aveva mandato la posizione, quindi attivò il navigatore e si diresse a destinazione dopo aver fatto rifornimento.
Charles si era assicurato che Sara non portasse alcun pensiero di cortesia a sua madre, siccome poi, conoscendola, si sarebbe sicuramente sentita in debito con lei e l'uomo desiderava solo che tra le due si creasse un buon rapporto senza queste esigenze effimere. Un po' titubante, lei aveva comunque accettato.
Quando arrivò a destinazione, parcheggiò accuratamente la vettura nei dintorni e si avviò verso il citofono, premendo sul pulsante per qualche secondo, vedendo poi il cancello aprirsi. Era una graziosa villetta di periferia, di grandezza modesta ma circondata da un magnifico giardino curato. Allora aveva attraversato il piccolo viale osservando i fiori attorno a sé, notando solo poco dopo gli occhi chiari dell'uomo che la scrutavano incantato. Gli rivolse un sorriso timido e poco dopo arrivò difronte a lui.
«Sei stupenda, stasera. Sembri un sogno.» Affermò con voce leggiadra, posandole poi un dolce bacio sulle labbra.
«E continuo a pensare che la mia giacca stia meglio a te che a chiunque altro, me compreso.» Continuò poi, facendola entrare in casa.
Venne subito accolta dalla sua famiglia, sinceramente felice di vederla, che andò da lei a salutarla calorosamente invitandola a comportarsi come se fosse a casa sua. Pascale era immensamente dolce e affettuosa, le rivolgeva spesso dei caldi sorrisi e guardava felicemente la sintonia che legava la ragazza e suo figlio, così come il suo modo di rapportarsi agli altri due fratelli, con cui stava stringendo una buona amicizia. Charles la fece accomodare sul divano e lei si guardò attorno scrutando attentamente i dettagli della casa. Era immensamente accogliente, sapeva di famiglia in ogni dove, c'erano tante foto dei tre fratelli appese e Sara si divertiva a guardare quei bambini che sorridevano spensierati. Gli interni erano semplici ma efficaci, avevano impressa tanta delicatezza e al contempo tanto vissuto. Tutto era disposto alla perfezione, i soprammobili, i quadri, perfino le postazioni strategiche di divani e televisione. La cucina aveva una qualche sensazione di rustico e per tutta la casa girava il buon profumo del cibo, che fece catapultare l'ospite nel passato, quando era con i suoi fratelli a combinare qualche marachella in giardino e venivano chiamati per pranzo a casa della loro nonna, e allora assaporavano prima quegli odori deliziosi, poi la grande quantità di cibo che veniva servita.
Assorta nei suoi pensieri, non aveva notato che Charles le stava parlando, per poi essersi fermato a guardarla come se qualcosa più bello al mondo non potesse esistere, avendo capito fosse distratta. Non gli pesava nulla di lei, tantomeno il fatto che in quel momento non gli stesse prestando attenzione per guardarsi attorno, dunque attese che lei tornasse con i piedi per terra senza problemi né fretta. Appena lei si voltò, si scambiarono un sorriso.
«Scusa, dicevi? Stavo guardando casa tua, è davvero accogliente, mi ricorda quella di mia nonna.» Affermò felice, con una lieve nota di malinconia.
«È ciò che ha sempre voluto mia madre. Le ho proposto centinaia di volte di prendersi una casa più grande e lussuosa, ma ha rifiutato ogni volta. È felice così. Mi piace il fatto che sia rimasta umile.»
La ragazza gli rivolse un sorriso sincero, concordando pienamente con le sue parole.
Ben presto arrivarono i due fratelli che parlavano animatamente in francese, cambiando poi lingua quando furono in compagnia dell'ospite e del fratello restante. Intrapresero una conversazione riguardo qualche argomento non così rivelante, nel mentre che sceglievano quale canzone mettere per rilassarsi. Il fatto di mettere musica d'atmosfera incuriosiva Sara e non poco, dato che pure lei lo faceva spesso, era qualcosa capace di farla rilassare parecchio. Di soppiatto, poi, si era alzata e si era avvicinata a Pascale, domandandole gentilmente se avesse bisogno d'aiuto ai fornelli o quantomeno ad apparecchiare la tavola.
«Cara, ti pare? Non preoccuparti, riposati! Dopo tutto ciò che fai per mio figlio, il minimo che io, da madre, possa fare è offrirti una cena.»
Alla ragazza scappò una piccola risata, prendendo ugualmente i piatti che la donna aveva lasciato sull'isola, pronti per essere sistemati a tavola, scuotendo la testa.
«Ma io non ho fatto nulla per suo figlio.»
«Nulla?» Ridacchiò per la spontaneità della giovane. «Cara, Charles è rinato da quando ti conosce. Gli è tornata quella luce negli occhi che non vedevo da troppo tempo, da quando suo padre e Jules sono andati via.»
La ascoltò mentre sistemava la tavola, sentendo il cuore stringersi in una morsa a quella notizia: chi se lo sarebbe mai aspettato?
«Sono solo me stessa. È bellissimo vederlo felice.»
Non ebbero modo di continuare siccome l'argomento della loro conversazione le aveva raggiunte in cucina, abbracciando la ragazza da dietro.
«Interrompo qualcosa?» Aveva chiesto, lasciandole un bacio sulla guancia prima di allontanarsi per aiutare la madre.
«Charles! Quante volte ti ho detto che non si interrompono due donne che parlano? Sai, quei famosi discorsi privati, femminili?» Lo aveva sgridato ironicamente la signora.
Divertito, alzò gli occhi al cielo e le mani in segno di resa.
«D'accordo! Allora chiamo gli altri a tavola.»
E così fece, ritrovandosi infine tutti seduti.
La cena preparata da Pascale era deliziosa, aveva cucinato tante ottime pietanze ed aveva trattato l'ospite con la stessa gentilezza e affettuosità con cui trattava i figli. Quel cibo aveva qualcosa di incredibilmente casalingo, un calore familiare che ancora le aveva ricordato qualcosa del passato, in cui sua madre passava ore intere ai fornelli per pura passione, così ogni pasto sembrava più grande e buono di quello della Famiglia Reale inglese. Ricordava a memoria cosa piacesse o meno ad ogni membro della famiglia, quindi per la ragazza il primo non poteva mai mancare.
Parlarono parecchio tutti quanti durante la cena, facendo sentire la rossa perfettamente a suo agio, come se fosse parte integrante della loro famiglia. Spesso e volentieri, tuttavia, Charles si sporgeva al suo orecchio per chiederle se andasse tutto bene, attirando la sua attenzione mettendole una mano sul ginocchio, e la ragazza trovava così dolce quella sua genuina preoccupazione che lo avrebbe abbracciato per ore. Era totalmente a suo agio, non c'era nulla che non andasse, dunque replicava sempre con un gentile sorriso e gli diceva di sì senza nemmeno pensarci.

Trecento all'ora. - Charles Leclerc. Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora