Capitolo Dieci.

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Trascorsa, finalmente, una serata serena, il gruppo si ritirò a dormire per prepararsi alle qualifiche del giorno dopo. Tuttavia, qualcuno bussò alla porta di Charles attorno all'una del mattino. Lui, ancora sveglio e con mille pensieri per la testa, andò ad aprire accogliendo in maniera confusa Carlos.
«Mi devi delle spiegazioni.» Affermò quest'ultimo, sedendosi sul letto altrui.
«A cosa ti riferisci?»
«Sai bene di che parlo. Senti, io sono stanco di discutere, specialmente con te, ma perché devi intrometterti in qualcosa che non ti riguarda?»
Il monegasco sospirò e si posò alla scrivania, guardando il soffitto.
«Il fatto è che io non tollero le ingiustizie. Mi dà fastidio il modo in cui voi due ve la spassiate alle spalle di Lando. Ti rendi conto? È il tuo migliore amico, come puoi fargli una cosa del genere?»
«Non ti deve riguardare comunque, Charles. È una cosa che riguarda me, Sara e Lando, ma non te. Mi fa piacere che tu te ne preoccupi ma, per favore, stanne fuori. Non voglio altri problemi.»
«Arriveranno, Carlos, e lo sai. Stai giocando con il fuoco.»
«Non mi interessa. Se c'è da farsi male, mi farò male. Ma finché sono felice, Charles, lasciami andare avanti.»
Con rammarico e rassegnazione, il proprietario della stanza cedette, dando ragione all'amico. Si salutarono e lo spagnolo uscì in corridoio per poi raggiungere la sua stanza e coricarsi. Sebbene fosse stanco, il monegasco non riusciva proprio a dormire. Quella conversazione non aveva nuovamente portato a nulla di buono ed un senso di solitudine lo aveva completamente avvolto. Si era affacciato in balcone ed aveva osservato il cielo per qualche istante: le luci artificiali oscuravano la maggior parte delle stelle, eppure immaginava che, in un modo o in un altro, Sara sarebbe riuscita a mostrargli qualche costellazione. Lei era così, era magica, unica nel suo genere. Si immaginò la sua voce sussurrargli la storia di una nuova costellazione, indicando ogni stella che la componesse con tanto di nome completo di ognuna di loro. Sapeva tutto, ogni cosa, come se lo stesse leggendo da un libro di testo. Aveva poi immaginato i suoi occhi grandi e scuri osservarlo in cerca di approvazione o di un commento riguardo la storia, ma quando poi sbatté le palpebre, lei non era affatto lì accanto a lui. Non era nemmeno affacciata a qualche balcone lì vicino o non stava bussando alla sua porta. Semplicemente, non c'era.
Charles trovava assurdo sentire la mancanza di qualcuno che in realtà si trovava in una delle stanze lì a pochi metri, perché se avesse voluto sarebbe potuto andare da lei e parlarci per ore ed ore. E la realtà dei fatti era che lui voleva davvero andarci, ma se lo proibiva da solo: aveva deciso di allontanarsi prima di affezionarsi troppo, perché sarebbe stato un punto di non ritorno e, con tutti i problemi che si erano creati nel gruppo nell'ultimo periodo, pensava fosse la scelta migliore, sebbene dolorosa. Allora pensò di cercare le storie delle costellazioni su internet così da leggerle per conciliarsi il sonno, ma appena prese il telefono la malinconia fu tale da bloccarlo e fargli posare di nuovo il cellulare sul comodino. Sospirò frustrato lasciandosi andare sulle lenzuola fresche, guardando il soffitto come se in esso ci fosse una soluzione al suo problema, invano. La sua testa lo portò indietro nel tempo con i ricordi, a tutti quei momenti tristi in cui aveva provato il senso dell'abbandono, la delusione, la tristezza, il dolore, la rabbia; tutto ciò perché il suo subconscio voleva fargli capire i motivi per cui doveva allontanarsi da quella situazione al più presto: conoscendosi, sapeva benissimo quanto si sarebbe affezionato in fretta a Sara, ed era l'unica cosa che voleva assolutamente evitare, perché sapeva che altrimenti avrebbe perso anche lei, ed avrebbe sofferto molto di più.
Dunque, a suo avviso, era la scelta giusta. Tuttavia, se quella era davvero la scelta giusta, perché faceva così male?

Il mattino successivo fu traumatico per la maggior parte del gruppo: sembrava che tutti avessero bisogno di ore di sonno aggiuntive. Tuttavia, ciò era infattibile: avevano giusto il tempo per fare colazione ed andare a fare un breve riscaldamento in vista delle ultime prove libere. Furono tutti di poche parole a tavola, salutandosi con in programma di vedersi post prove. Sara e Alexandra andarono all'autodromo lievemente più tardi per prepararsi con calma, decidendo poi di mangiare all'Hospitality. I visi stanchi delle ragazze andarono pian piano a riaccendersi grazie al buon cibo e, durante le chiacchiere di fine pasto, vennero distratte dalle immagini trasmesse in televisione: Fred stava sgridando a gran voce i due piloti Ferrari per le condizioni stanche in cui vertevano, dicendo loro che se non avessero smesso con questo stile di vita durante il campionato, avrebbe proibito loro di divertirsi la sera. Le due si scambiarono un'occhiata colpevole, ridendo pochi istanti dopo. Inoltre, la tensione tra i due piloti era palpabile a mano, si rivolgevano a malapena la parola. La rossa ammetteva di sentirsi piuttosto in colpa per quella situazione, tuttavia non sapeva nemmeno come comportarsi per risolverla.
Scacciati via i pensieri, si intrattennero con qualche attività proposta dall'autodromo per poi andare a sedersi per assistere alle qualifiche.
«Spero tanto che Lando faccia una bella qualifica.» Borbottò la sorella, pochi attimi prima che i semafori si spegnessero.
Per i due ferraristi furono difficili tutti e tre i round, riuscendo a piazzarsi a malapena quinto per lo spagnolo e sesto per il monegasco. La delusione di Fred gli si poteva leggere in faccia durante le interviste, mentre Andrea festeggiava per la seconda posizione di Lando e la terza di Oscar. Felice come non mai, la sorella del primo lo raggiunse di corsa al box e si unì alla festa insieme all'amica. Tutti i problemi della ragazza sembravano svanire ogni qualvolta fosse in compagnia del fratello, era il suo toccasana, l'antidoto per ogni suo male. Bastava lui per stare bene. Si erano abbracciati così forte da perdere il fiato per l'ennesima volta, vendendo ripresi da qualsiasi telecamera. Tra queste, una in particolare aveva prestato una notevole attenzione alla figura della ragazza, prendendola in disparte appena la situazione fu tornata calma.
«Sarebbe interessata a fare un'intervista per la nostra serie Netflix?» Le aveva chiesto un ragazzo con il microfono in mano, quando furono soli.
Sara venne colta alla sprovvista da quella domanda, ma l'idea di apparire su una serie Netflix la esaltava e non poco. Aveva accettato con piacere e l'avevano portata in una zona lontana da quella abitata da pubblico e scuderie, in una stanza apposita per le registrazioni. Le avevano spiegato strada facendo cosa avrebbe dovuto dire e fare nello specifico quindi, quando fu seduta difronte alla telecamera, era già preparata.
«Ciao! Sono Sara Norris, la sorella Lando Norris, pilota McLaren.» Si era presentata, iniziando poi a rispondere a qualche domanda che le venne posta dal presentatore.
«Cosa significa essere la sorella di un pilota?»
«Per me è significato vivere lontana da lui per molti anni, ritrovarci poi quest'anno a Monaco e incominciare quella che per me è una nuova vita insieme. Non è stato facile.»
«Com'è Lando nella quotidianità?»
«È la stessa persona che riprendete ogni giorno. È vivace, trova sempre un modo per fare divertire gli altri. Penso che mio fratello sia unico nel suo genere.»
Le persone dietro le telecamere risero, poi ripresero con le domande.
«Hai avuto modo di conoscere altri piloti?»
«Sì! Li ho conosciuti tutti quanti, legando con alcuni di loro più che con altri. Sono delle belle persone.»
L'intervista si protrasse per altri svariati minuti, chiedendole qualche altro dettaglio sul fratello e la loro famiglia, poi dei commenti sulle qualifiche per avere diversi contenuti da usare poi nelle varie puntate della serie. Solo quando concluse si rese conto d'avere diverse chiamate perse da Lando, Alexandra e Carlos che la cercavano preoccupati. Vennero avvisati dallo staff dell'autodromo che stesse svolgendo un'intervista e l'attesero all'esterno, accogliendola con sollievo.
«Almeno avvisa quando sparisci, non ti trovavamo.» Borbottò l'amica.
«Scusatemi, avete ragione.»
Aveva raccontato velocemente gli argomenti trattati durante le varie domande mentre si incamminavano verso l'uscita, dirigendosi infine in hotel. Visto che mancavano diverse ore alla cena, alcuni di loro decisero di ritirarsi nella piscina interna dell'albergo, quindi tutti andarono a mettersi il costume, ritrovandosi poi nel luogo prescelto appena furono pronti. Le due ragazze arrivarono con degli abiti addosso che tolsero una volta arrivate a destinazione, incitate da Lando che, già in acqua, scocciava la sorella con battute e schizzandole dell'acqua addosso. Non erano presenti tutti quanti: oltre al sopracitato, avevano deciso di aggiungersi anche Carlos, George, Charles, Daniel, Oscar e vi era anche qualche ragazza stesa sui lettini a rilassarsi e parlare. Mentre le due giovani si toglievano i vestiti per restare in costume da bagno, qualcuno di soppiatto guardava Sara: gli occhi di Carlos bruciavano e scavavano la sua pelle nuda da bordo piscina, seguendo ogni suo minimo movimento. Portava un bikini d'un rosso acceso ed il suo viso, appena si girò, era completamente struccato. Per lui, era bella quasi da non essere reale. La osservò camminare fino a loro che aspettavano le due ragazze e finalmente posò gli occhi sui suoi, rivolgendo poi ad entrambi un sorriso sincero. Si era accovacciata ed aveva toccato l'acqua con un dito smaltato, assumendo poi un'espressione sorpresa.
«Com'è calda.» Aveva esclamato con fare quasi sognante.
Si era poi seduta accanto al fratello immergendo i polpacci e tirando un sospiro di sollievo, mentre Alexandra le si sedette affianco. Le due iniziarono a parlare con serenità di qualche argomento non troppo importante, mentre il resto dei ragazzi si era avvicinato. Tutti, tranne Charles: era rimasto tutto il tempo con le spalle rivolte verso l'entrata, tirando un'occhiata alla porta solo quando erano entrate. Non si era voltato mentre si spogliavano e non aveva raggiunto gli altri amici quando si erano riuniti per chiacchierare, ma era rimasto per le sue a godersi l'acqua calda ed il relax. Non provava nemmeno a guardare con la coda dell'occhio le palesi azioni di Carlos che si avvicinava alla rossa ogni qualvolta ne avesse l'opportunità, ricevendo da parte sua numerosi sorrisi ed attenzioni. Pensava che con questo distacco ci sarebbero stati meno problemi, o almeno, lo sperava.
Dunque, lo spagnolo ci stava visibilmente provando con Sara, dandole tante di quelle attenzioni che era pressoché impossibile non notare nulla, ma in realtà, nessuno aveva percepito qualcosa di strano. Durante il proseguimento di questo flirt sotto il naso di tutti i presenti, Lando, Daniel, George ed anche lo stesso Carlos si erano tirati delle occhiate che parlavano da sé, capendosi al volo. Quindi uscirono tutti dalla piscina con una scusa e restarono buoni sui lettini per diversi minuti, dicendo poi di doversi vestire per tornare in stanza a prepararsi perché erano stati convocati. Quindi, senza pensarci, le due ragazze ripresero a parlare spostandosi sui lettini, e fu allora che il piano dei ragazzi prese vita. George e Daniel presero Alexandra da polsi e caviglie, mentre Sara venne afferrata nella stessa maniera da Lando e Carlos. Dopo un breve conto alla rovescia, le due ragazze vennero lanciate in acqua sotto le risate degli artefici, mentre Charles fu costretto a girarsi per il baccano creato. Quando riemersero si unirono alle risate facendo poi tornare gli altri quattro con loro in acqua.
«Siete davvero perfidi.» Aveva affermato la rossa dando un colpetto al fratello sul braccio, per poi iniziare a parlare tutti insieme.
Messi in disparte e parlando degli affari loro, Sara e Carlos avevano notato la distanza di Charles che era rimasto tutto il tempo solo. Sì chiesero se ci fosse, effettivamente, qualcosa che non andasse, ma nessuno dei due capiva cosa potesse avere.
«Mi dovrei avvicinare?» Si era chiesto l'uomo, ma la ragazza avevo scosso il capo.
«Lascia provare a me, ho paura di c'entrare qualcosa.»
Allora lo raggiunse tra nuoto e camminata, posandogli una mano sulla spalla. Lui si voltò il giusto tanto per identificare chi fosse, riprendendo poi a guardare dritto difronte a sé.
«Ah, sei tu.» Disse solo, senza far trasparire emozioni.
«Stai così per le qualifiche? Oppure, se è successo dell'altro, sai che me ne puoi sempre parlare, Charles.»
«Non ho nulla da dirti, sto bene.»
Sara sospirò frustrata: non capiva perché la stesse trattando così, con quella freddezza che non meritava.
«Ti ho fatto qualcosa?»
A quel punto l'uomo si girò con fare nervoso.
«Dio, il mondo non gira attorno a te. Vorrei solo essere lasciato in pace e basta.»
Quella risposta così tagliente fece gelare il sangue nelle vene della ragazza, quale lo guardò in silenzio per qualche attimo per poi andare via con la tristezza dipinta in volto.
Anche Charles era davvero affranto: per nulla al mondo avrebbe voluto trattarla così, ma si è sentito costretto a farlo per potersi emotivamente allontanare da lei.
Quando Carlos la vide tornare indietro le si avvicinò e lei mostrò un sorriso forzato.
«Cosa ti ha detto?» Le chiese.
«Oh... non lo so, non mi ha detto nulla in realtà. Io torno in stanza, mi devo preparare per cena, ci vediamo più tardi.» Lo liquidò con amarezza cercando di non far trasparire il suo malessere con buoni risultati, quindi si asciugò in fretta e si rivestì, ma Lando notò la sua espressione e la rincorse fuori dalla piscina.
«Aspettami!» Gridò, raggiungendola poco dopo, «Cosa è successo? Stai bene?»
Se con gli altri cercava sempre di mostrarsi allegra e spensierata, non riusciva mai ad avere filtri quando si trattava del fratello.
«Charles mi ha trattata un po' male. Credo di averlo scocciato in qualche modo, sono dispiaciuta, anche se mi sono solo preoccupata per lui. Voglio solo andare a fare una doccia, Lando e, per favore, non dirgli nulla. Non voglio altri problemi, risolveremo, d'accordo?»
Con espressione piuttosto contrariata, il fratello fu costretto ad accettare la scelta della sorella e, quando tornò dagli altri, si sforzò a non dire nulla e non fare scenate.
Sara arrivò nella sua stanza e fu allora che tutto il suo malessere uscì fuori. Era una persona apparentemente forte, ma quando stringeva un legame con qualcuno, la sua fragilità usciva completamente fuori e non conosceva modo di sfogarsi se non con il pianto. Quindi entrò in doccia e si sfogò un po' in un lungo pianto completamente soffocato dal rumore dell'acqua. Uscita mezz'ora dopo visibilmente più serena, trovò la sua amica seduta sul letto che parlava con Carlos.
«Che ci fai qua?» Chiese all'uomo, non aspettandosi di trovarlo lì.
«Ho provato a parlare con Charles ma non ne voleva sapere, quindi volevo dirtelo. È stato anche abbastanza freddo.»
«Ha fatto la stessa cosa con me, non so cosa dirti. Non lo capisco.»
«Dai, non pensateci, probabilmente è solo stanco.» Si intromise l'amica, facendo annuire entrambi.
«Cosa dobbiamo fare stanotte?» Chiese poi Sara mentre si strizzava i capelli con un asciugamano.
«Una semplice cena, presumo. Andremo in un ristorante qua nei dintorni, da quel che ho capito.»
«Allora vado a farmi la doccia, così non facciamo tardi.» Disse Alexandra alzandosi.
Prese le sue cose e si chiuse poi in bagno, lasciando soli gli altri due. A quel punto, la ragazza si sedette davanti alla specchiera per truccarsi, cercando di scacciare via quei brutti pensieri che aveva. Carlos si alzò dal letto e si avvicinò, chinandosi un poco per abbracciarla da dietro. Il contatto con la pelle dell'uomo la fece rabbrividire e si rese conto del fatto che quel contatto fosse l'unica cosa di cui avesse bisogno. Rilassò i muscoli sentendosi al sicuro tra le sue braccia, sentendosi poi avvampare quando incontrò il suo sguardo nel riflesso dello specchio. Le diede un bacio tra i capelli bagnati e restò a guardarla ancora a lungo.
«Sei bellissima, sai?» Le sussurrò senza mai distogliere lo sguardo, provocandole un sorriso sincero.
In risposta, la giovane posò le labbra sul suo braccio, lasciandogli un bacio.
«Sei profumato... hai già fatto la doccia?» Gli chiese, voltandosi poi da lui che si rimise diritto.
Fu a quel punto che lo notò essere già vestito, con una leggera camicia bianca arrotolata fino al gomito, l'orologio al polso, qualche bottone slacciato ed i jeans larghi e chiari. Aveva mischiato qualcosa di apparentemente elegante con degli altri indumenti più semplici, rendendo quell'outfit perfetto, come se i vestiti fossero stati cuciti sulla sua pelle abbronzata.
«Sì, sono andato in camera poco tempo dopo di te. Ho fatto una doccia veloce e sono venuto qua, infatti ho i capelli ancora bagnati.» Rispose l'uomo, toccandosi questi ultimi.
«Stai benissimo così.» Affermò lei, dandogli un'altra occhiata.
Tornò poi a truccarsi ma in maniera piuttosto leggera, con un filo di eye-liner, del mascara ed un burro cacao colorato. Anche lei era già vestita con un jeans strappato a cui poi avrebbe abbinato dei tacchi, e sopra indossava un delicato top bianco senza maniche. Carlos restò tutto il tempo ad osservarla e, di sua spontanea volontà, prese tra le cose della ragazza la spazzola, attirando la sua attenzione.
«Che vuoi fare?» Gli chiese, posando i trucchi visto che aveva ormai finito.
«Posso pettinarti i capelli?»
Sorpresa da quella richiesta gli rivolse un sorriso sincero e si rimise dritta, portandosi i capelli dietro la schiena per semplificargli il lavoro. Il suo tocco era immensamente delicato, pettinava le sue lunghezze tenendole con la mano libera per fare in modo di non farle male in caso incontrasse qualche modo. Sara pensava di stare toccando il paradiso con un dito: amava quando le veniva toccata la testa ed i capelli, era qualcosa che la rilassava da morire. Si lasciò pettinare per diversi minuti, così immersa nel relax che quasi le si chiudevano gli occhi, ma veniva sempre risvegliata dalle risate altrui che la prendeva in giro dolcemente.
«Non ridere! Mi rilassa davvero tanto.»
Quando concluse, passò per sicurezza anche le dita per assicurarsi di aver tolto ogni nodo, andando poi a ripulire la spazzola in un cestino. I suoi capelli erano lisci naturalmente, quindi quasi non vi era necessità di asciugarli, ma l'uomo insistette per farlo affinché lei non si prendesse l'influenza con lo sbalzo termico. Allora collegarono l'asciugacapelli alla corrente e, ancora una volta, fu lui ad occuparsi di tutto. Nel frattempo, Alexandra era uscita dal bagno vestita e truccata ed attese sul letto che l'apparecchio si liberasse per potersi asciugare i capelli. Fu libero dopo una decina di minuti, quando Carlos fu certo che ogni singola ciocca fu asciutta, lasciando così l'oggetto all'altra ragazza. Quando Sara si alzò dalla sedia si osservò i lunghi capelli rossi allo specchio e ci passò le dita, notando quanto quella piega fu fatta bene. Si diresse dall'uomo artefice del tutto e lo abbracciò, posandogli un bacio sulla guancia.
«Grazie, Carlos. Penso che ti chiamerò spesso a farmi i capelli.»
Il loro scambio affettuoso venne interrotto dal bussare alla porta da parte di qualcuno, quindi la ragazza andò ad aprire a quelli che si rivelarono essere Lando, George ed Oscar.
«A che punto siete? Dobbiamo andare.» Chiese il fratello.
«Pronti! Scusatemi, mancavo io, ma posso uscire anche con i capelli umidi.» Sbucò Alexandra dal bagno, rivolgendo a tutti quanti un grande sorriso.
Allora l'altra ragazza si mise le scarpe e prese una giacca nera insieme alla borsetta dentro cui aveva già messo il necessario e si diressero tutto insieme all'uscita dove i restanti piloti li attendevano. Decisero di arrivare a piedi al ristorante siccome non era molto distante, quindi uscirono. Durante la camminata, le dure ragazze restarono poco più indietro rispetto al resto del gruppo, siccome Alexandra doveva raccontare a Sara quanto le aveva riferito Carlos mentre stava in doccia.
«Non sai che mi ha detto di te. Davvero, non ti immagini.» Aveva affermato uscendo, suscitando la curiosità altrui che la incitò a parlare.
«Mi ha detto mille cose su di te, sembra davvero molto preso. Ha detto che gli piaci in ogni senso, che da quando ti ha conosciuta non smette di pensarti ed è come se tu avessi stravolto il suo mondo. Hai proprio fatto colpo.»
Tra qualche risata imbarazzata, l'amica sentiva il cuore andare a mille batti al secondo.
«Dio... dici davvero? È un uomo così gentile, non so nemmeno come descrivertelo. Mi riempie di attenzioni, mi fa sempre sentire al sicuro. È proprio speciale.»
La conversazione si protrasse per qualche altro minuto durante la camminata, finché un uomo alle loro spalle cadde quasi addosso alla rossa, che per poco non finì a terra.
«Hey!» Esclamò lei, innervosita.
L'uomo aveva un aspetto piuttosto ambiguo, era vestito totalmente di nero con un cappuccio che gli copriva parte del viso, ed iniziò a parlare in giapponese con un tono che pareva essere piuttosto furibondo. La ragazza cercò di dirgli che non parlava la sua lingua ma ogni volta che apriva bocca sembrava scaldarsi ancora di più finché, ad un tratto, afferrò la sua borsetta, cominciando a tirarla con forza.
«Lasciala stare, pazzo!» Aveva gridato, attirando l'attenzione delle altre persone.
Alexandra aveva provato a difenderla afferrando anche lei la borsetta per aiutarla a riprenderla, ma con una gomitata all'altezza del seno era stata scansata via, sbattendo contro un cartello della segnaletica stradale. Purtroppo, nessuno dei piloti si accorse della scena ed ormai le due ragazze si erano convinte di non avere chance, continuando comunque a lottare. Tuttavia, tra le persone del resto del gruppo, Charles si erano allontanato un momento per rispondere alla chiamata della madre e, quando si voltò per fare qualche passo indietro rispetto agli altri, aveva visto chiaramente la scena. Senza pensarci due volte aveva iniziato a correre con la madre al telefono che gridava preoccupata e, non appena il ladro si voltò per scappare via con la borsetta, venne completamente travolto dall'uomo che gli si gettò addosso per bloccarlo. In difesa, mise le mani attorno al collo del monegasco iniziando a stringere forte, ma un pugno sulla guancia destra lo stordì così tanto da fargli mollare la presa. Charles si sentiva come pervaso da un impeto che lo aveva fatto distaccare dalla realtà: non sentiva le voci delle persone attorno a sé che gli chiedevano se stesse bene, non sentiva le sirene della polizia che aveva chiamato Alexandra, non sentiva nemmeno le nocche bruciare per averle lievemente sbucciate nel pugno. L'unica cosa che sentì fu il pianto di Sara a cui era finito l'istinto di sopravvivenza ed era subentrata l'agitazione e la paura, quindi si era posata alla parete e stava per avere un brusco attacco di panico. Si era alzato da terra con la sua borsetta in mano, mentre tutto il resto del gruppo correva verso di loro, ed era andato da lei, avvolgendola dolcemente tra le sue braccia. Solo una volta sentito il calore della sua pelle era tornato con i piedi per terra, riprendendo ad udire senza le voci ovattate, guardandosi attorno e rendendosi conto di cosa avesse appena fatto. Quando arrivarono tutti quanti cominciarono a fare domande a raffica insieme alla polizia che ammanettava l'uomo ancora stordito, e Charles cominciò a scocciarsi: tenendosi stretta la ragazza terrorizzata tra le braccia, aveva preso parola.
«Fate silenzio! Quell'uomo ha tentato di rubare la sua borsa — indicò la giovane che abbracciava — e l'ho fermato. Volete arrestarmi per un pugno in faccia mentre venivo strozzato? Bene, ammanettatemi ma dopo che lei si sarà tranquillizzata.»
Yuki aveva tradotto tutto il discorso agli agenti che non parlavano la stessa lingua, ma spiegarono di non avere alcuna intenzione di arrestare il monegasco. Chiesero i nominativi ed i contatti di tutti i presenti nella scena e li avvisarono che sarebbero stati contattati in quei giorni in caso ci fosse bisogno di ulteriori prove, poi andarono via.
Charles si dimostrò completamente disinteressato ai loro discorsi e si allontanò con Sara per farle prendere aria.
«È tutto finito, va tutto bene. Respira, per favore, fallo con me.» Le aveva sussurrato asciugandole le lacrime.
«Non mi era mai successo nulla del genere. Mi ha fatto paura, ma me ne sto accorgendo solo ora che è finita l'adrenalina. Mio Dio, Charles, non so come sarebbe finita se non fossi arrivato tu.»
«Non ci pensare, perché sono arrivato, d'accordo? Ora va tutto bene, nessuno ti farà mai più del male, ci sono io con te. »

Trecento all'ora. - Charles Leclerc. Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora