Tra una cosa e l'altra, la giornata passò in fretta. Sara si rinchiuse nella sua stanza e non vi uscì nemmeno per pranzo, nessuno sapeva come stesse né cosa stesse facendo, non rispondeva ai messaggi che nemmeno arrivavano, segno che avesse il telefono spento o in modalità aereo per non venire disturbata. Lo attivò solo nel primo pomeriggio per chiamare i suoi genitori: raccontò loro dei suoi sforzi per riavvicinarsi a Lando, abbandonando il locale a mani di terzi pur di stare con lui e che, nonostante ciò, ogni volta che era in sua compagnia sentiva di essere come in gabbia, siccome non le era quasi permesso parlare con il resto dei piloti. Spiegò nel dettaglio la serata precedente ed i genitori restarono increduli a sentire quelle parole, facendo subentrare la rabbia subito dopo. Dissero che Lando aveva decisamente oltrepassato il limite e che avrebbero parlato con lui al più presto. Difatti, pochi minuti dopo, il fratello ricevette da loro una chiamata e gli si lesse in volto il fatto d'aver già capito il motivo di quella telefonata. Si spostò all'esterno dell'albergo e pianse di nuovo, a lungo, sentendo la strigliata anche da parte dei genitori. Provava una profonda delusione nei confronti di sé stesso, non aveva mai pensato né detto un'offesa come quella che aveva rivolto alla sorella a nessun altro, e non si capacitava di come una parola così grave lui avesse avuto il coraggio di affibbiarla ad una persona così bella come la sorella. Era affranto, non riusciva a far altro che autoflagellarsi con i suoi stessi pensieri. Quando fu più calmo, tornò dagli altri facendo finta di nulla, nonostante a tutti fu ben chiaro che avesse pianto dagli occhi lucidi e rossi del ragazzo, ma decisero fosse meglio lasciarlo per le sue.
I ragazzi portarono del cibo a Sara per pranzo in stanza, e diverse ore più tardi arrivò la sera. Avevano già affrontato i vari allenamenti e preparativi e, nonostante provassero a concentrarsi, avevano comunque la testa in pensiero per la ragazza.
Quest'ultima, osservando dalla finestra della sua stanza i ragazzi dirigersi all'autodromo, si sentì più serena. Aveva trascorso il suo tempo a leggere ed a sistemare il suo libro scritto a mano sulle costellazioni, in seguito aveva fatto una doccia ed in quel momento si stava asciugando i capelli. Oltre alle persone, cercava anche di ignorare i suoi stessi pensieri con della buona musica. Difatti, mentre in stanza risuonava "Flashing Lights" di Kanye West, lei era comodamente seduta difronte allo specchio a mettere su del make-up. La sua tattica era quella di truccarsi in maniera da non sembrare truccata, fatta eccezione per occhi e labbra. I primi, avevano uno splendido ombretto rosso acceso, l'eyeliner e le ciglia lunghe colorate di nero dal mascara. Le labbra seguirono il colore pigmentato dell'ombretto, fatta eccezione per il contorno più scuro. Aveva indossato un vestito lungo rosso smanicato a collo alto, con la sua solita collana di perle ad abbellirlo, ed uno spacco laterale che arrivava fino a metà coscia. Portava bracciali ed orecchini, mentre ai piedi delle Converse alte nere in pelle. Aveva aggiunto un bomber nero piuttosto estivo sopra, per non avere freddo quella sera, infine la borsa del medesimo colore dove aveva messo tutte le cose necessarie. Aveva abbandonato la stanza non prima di essersi spruzzata litri di profumo appena il taxi avvisò di essere arrivato. Quando arrivò all'autodromo di Singapore mostrò il pass che portava al collo, accedendo alla zona VIP. Superò velocemente il box McLaren, fermandosi un istante solo a salutare Oscar, non degnando il fratello d'uno sguardo che stava là dietro ad aspettarla. Deluso, non la biasimava, e tornò a prepararsi. Sara si diresse al box Ferrari, facendo qualche tappa per salutare gli altri amici, giungendo finalmente a destinazione. Subito Carlos si avvicinò a salutarla con due baci sulle guance, poi fu il turno di Charles che, con cautela, le diede un caldo abbraccio.
«Come stai?» Fu la prima domanda che le fece, sinceramente preoccupato.
«Come vuoi ch'io stia? - Sospirò. - Cerco solo di non pensarci. Tu, piuttosto? Sei emozionato per la gara?»
Si scambiarono un sorriso vivace. «Eccome. A proposito, ti avevo promesso una cosa e te l'ho procurata.»
Il monegasco le fece cenno di seguirlo in uno stanzino dove teneva le sue cose, porgendole così il cappellino e la giacca Ferrari con tanto del suo autografo. Sara lo guardò stupita e scoppiò in una fragorosa risata d'emozione: il suo modo di esprimere le emozioni erano le lacrime o le risate. Strinse Charles forte a sé e non smise per un attimo di guardare i suoi nuovi capi.
«Io ti avevo chiesto solo il cappello, sei incredibile. Grazie, davvero. Li indosso subito.»
E così fece: mise il cappellino che le calzava perfettamente in grandezza ed in fatto di colori, poi posò la borsa e si tolse il bomber, mettendosi così quella splendida giacca italiana, che le stava un po' oversize ma non voleva assolutamente cambiarla, nonostante le numerose richieste dell'amico. Era emozionata, rimase piacevolmente stupita da quel regalo, continuando a guardarsi le maniche sulle braccia con espressione incredula.
Fuori dalla stanza, Carlos aveva osservato i due parlare per poi allontanarsi in una zona riservata a Charles, provando nuovamente quella sensazione di fastidio all'altezza dello stomaco. Non aveva idea di cosa i due stessero facendo, ma i pensieri che si stava facendo non promettevano nulla di buono. Cercò di distrarsi durante il riscaldamento, ma la sua attenzione venne rapita dai due che uscirono ridendo animatamente per qualcosa che lui continuava a non sapere. Poi osservò Sara indossare quell'outfit firmato Ferrari e corrugò le sopracciglia: dove lo aveva preso? La ragazza salutò i due augurando loro buona fortuna per la gara, prima di ritirarsi nei posti a sedere là sopra.
Con fare tutto fuorché tranquillo, appena lei fu via, lo spagnolo andò dal compagno di scuderia per parlarci.
«Come ha avuto l'abbigliamento Ferrari?» Gli chiese, ricevendo contro un'espressione confusa.
«Gliel'ho regalato io, perché?»
Carlos, con la pazienza a terra, sbuffò e si sbatté le mani sulle gambe.
«Dio, che bell'amico che sei. Sai che mi interessa, ma sai anche che Lando non vuole che lei abbia relazioni con noi, ma a te non importa! Ci provi comunque con lei, lasciandoti addirittura baciare! Ma almeno ti rendi conto di cosa stai facendo?»
A quel punto, anche Charles perse le staffe e rispose a tono.
«Ah, dunque sarei io il pessimo amico? Non ci sto provando con lei, è una mia amica ed è libera di fare ciò che vuole della sua vita indipendentemente da me, da te e da Lando. Ma non essere incoerente, Carlos. So benissimo che vi siete quasi baciati e che hai cercato il flirt con lei pure ieri sera, non sei un santo.»
A quelle parole, lo spagnolo rimase piuttosto spiazzato. Si chiese come fosse a conoscenza di quei fatti e la situazione andò a scaldarsi più del dovuto tra i due. Sara osservò la scena dall'alto e scattò in piedi per raggiungerli e non far degenerare la situazione, ma venne anticipata da Fred che sgridò entrambi dicendo loro di collaborare per la gara, per poi risolvere i problemi che avevano a fine competizione, senza intralciare il lavoro. I due non si rivolsero la parola fino all'inizio della gara.
Il settore dove si trovava la ragazza era incredibilmente caldo per l'affetto dei ferraristi che si occupavano di far sventolare bandiere, cartelloni e cantare per i loro piloti preferiti. In casa McLaren c'era molto affetto verso chi correva, ma niente era paragonabile a quei momenti magici in cui le persone dedicavano anima e corpo alla Ferrari. Aveva avuto modo, in passato, di viaggiare in Italia e conoscere italiani, dunque sapeva che genere di persone accoglienti fossero, ma vederli in quelle vesti faceva tutt'altro effetto.
La gara iniziò in breve dopo il giro di formazione e, quando i semafori si spensero, fu la Ferrari del numero 16 a fare magie: ebbe un tempo di reazione istantaneo e con una piccola sterzata passò tra Max e Lando, finendo in prima posizione. Alle sue spalle, anche la 55 aveva guadagnato posizioni, finendo terzo dopo che Max aveva ritardato troppo la frenata in una curva, finendo su ghiaia. Come un animale affamato in cerca della sua preda, Lando non dava tregua a Charles e gli stava alle costole, tuttavia, la Ferrari del 2024 sembrava essere di tutt'altro livello. Il numero sedici sembrava una scheggia in pista, andava così veloce da sembrare surreale. La telecronaca in tv aveva fatto sentire le parole di Lando, il quale stava per dare di matto all'interno della sua monoposto. Sara prese la decisione di raggiungere la McLaren e chiedere il favore di poter parlare con lui.
«C'è tua sorella al microfono.» Gli venne riferito.
«Lando, mi stai stancando. Al posto di fare la lagna come quando avevi cinque anni, pensa a studiarti le traiettorie migliori ed a schiacciare l'acceleratore se vuoi vincere. Sennò continua a stare dietro, stai mangiando la polvere di Charles.»
«Sara, mi dispiace tanto, per tutto.»
«Ne parleremo dopo; ora, per favore, vinci.»
Il solo fatto che la sorella gli avesse detto che più tardi avrebbero avuto occasione di parlare, gli bastò per avere speranza. Difatti, abbassò di nuovo il piede sull'acceleratore e riprese il ritmo. Andrea Stella, prima di rimettersi le cuffie e concentrarsi sulla gara, si voltò verso la ragazza.
«Dovreste tenere i vostri problemi di famiglia fuori dal lavoro.»
Lei fece spallucce. «O forse Lando dovrebbe capire che non è lui a decidere chi posso frequentare o meno.»
Il team principal McLaren guardò in maniera confusa la sorella del pilota ma non volle intromettersi, lasciandola dunque andare. Tornò a sedersi sopra il box Ferrari e portò attenzione alla competizione, quale procedeva con regolarità. Attorno a metà gara, Max venne chiamato al pitstop per un problema all'ala anteriore, in seguito ad un contatto con Alexander durante un sorpasso. Tuttavia, appena arrivato, il team si accorse di un problema ben più grande: c'era uno squarcio in tutto il lato destro della pancia, e decisero di far ritirare l'auto. La stessa sorte toccò anche al tailandese. A quel punto, la classifica prevedeva Pierre al quarto posto a poco meno di tre secondi da Carlos. Lando andava forte, ma non riuscì mai a raggiungere Charles, il quale concluse la gara in pole, seppur a fatica visto l'inglese alle calcagna. Agli altoparlanti risuonò la voce del cronista che gridava: «Il predestinato vince a Singapore!» Ed a seguirlo, il boato dei tifosi italiani che festeggiavano a vedere le due Ferrari entrambe sul podio.
Sara stava esplodendo di gioia, sia per il fratello che per i suoi amici. Attese che i piloti si pesassero e si unì alla festa che c'era al box, con tutto il team che cantava a squarciagola l'inno italiano, ormai noto perfettamente anche dal monegasco e dallo spagnolo. Erano entrambi incredibilmente emozionati ma sembrava esserci qualcosa che non permettesse ai ragazzi di godersi a pieno la festa. L'arcano venne svelato in seguito alle premiazioni ed alle interviste difatti, quando fecero entrambi rientro al box per lavarsi e andare via, si accese la miccia tra i due.
«Si può sapere cosa cazzo non capisci?» Sbraitò Carlos, spingendo Charles.
«Vorrai dire cosa non capisci tu, ti avevano detto di lasciarmi passare all'uscita dai box, ma tu sei passato a tutta velocità sfiorandomi. Cosa ti dice il cervello? Potevi ucciderci entrambi!»
«Tanto hai vinto comunque la gara, no? Che t'importa? Tu sei il predestinato, vinci sempre tutto con facilità, proprio come hai fatto con Sara, no?»
Il monegasco puntò un dito contro il compagno avanzando verso lui.
«Non ti azzardare, per nulla al mondo, a metterla in mezzo.»
Nel frattempo, oltre alla diretta interessata, erano accorse le telecamere che ripresero tutto il litigio. Lei osservò la brusca discussione a pochi passi da loro, sebbene coperta da alcuni membri del team che non sapevano come comportarsi, con le lacrime agli occhi. Appena venne notata da Charles, quest'ultimo si coprì il volto con le mani per poi guardare con delusione lo spagnolo.
«Guarda, guarda che hai fatto.» Gli disse, superandolo poi con una spallata e correndo verso la ragazza.
Lei indietreggiò scuotendo la testa, correndo poi via da quella situazione tanto spiacevole. Andò a cercare rifugio nell'unico posto sicuro che conosceva, sfrecciando tra tutti quegli uomini vestiti in arancione, sorpassandoli sotto i loro sguardi confusi e spalancando la porta del camerino del fratello il quale, ancora con i capelli bagnati, aveva appena finito di vestirsi. Si voltò appena sentì il forte botto della maniglia contro la parete ed avvolse immediatamente quei capelli rossi tra le sue braccia calde. Le accarezzò dolcemente la schiena e le baciò la testa.
«Va tutto bene, respira. Cosa è successo?»
«Hanno avuto quasi un incidente durante l'uscita dalla pitlane, probabilmente quando sono venuta a parlare con te, e stavano litigando, Charles e Carlos, tirando in ballo pure me! Carlos gli ha detto che lui ottiene sempre tutto ciò che vuole, citando anche me come se fossi un premio, Lando.» Raccontò molto velocemente, senza nemmeno respirare.
In quel momento, il monegasco arrivò da loro con il fiato pesante, fermandosi sullo stipite della porta. Il britannico lo vide subito e lasciò andare la sorella con fare furibondo.
«Un premio, eh? Sparisci, coglione, e non farti mai più vedere vicino a mia sorella, vattene via!»
Lo cacciò via senza dargli il tempo di controbattere e gli chiuse la porta in faccia, tornando subito a consolare la ragazza che aveva ripreso a piangere. Tornarono in hotel solo quando l'autodromo si fu svuotato e Sara fu più calma, riuscendo anche a schivare le varie telecamere che volevano avere più dettagli della vicenda. Ebbero giusto il tempo per prendere i bagagli e recarsi in aeroporto, ma lei non aveva alcuna intenzione di stare nello stesso volo degli altri piloti, né lui voleva lasciarla sola. Quindi decisero di aspettare un volo di linea per raggiungere il Giappone, luogo dove si sarebbe tenuta la gara successiva. Questo, arrivò nell'arco di due ore, in cui tentarono un minimo di riposare, così come fecero durante il volo di circa sei ore e mezza.
Nel frattempo, sull'altro aereo, Charles si era sistemato sul posto più lontano rispetto al punto in cui stavamo tutti gli altri. Non aveva voglia di parlare con nessuno, non stava affatto bene. Si sentiva affranto dall'accaduto, non riusciva a capacitarsi di come Carlos lo avesse potuto trattare così, né di come avesse potuto dire certe cose nei confronti di Sara, ferendola, e facendola sentire un oggetto. Un'ora più tardi, mentre l'uomo aveva gli occhi fissi sul finestrino e la musica alle orecchie, notò una mano sventolare davanti al suo volto, rivelando poi il volto di Pierre. Tra tutte le persone presenti sul volo, probabilmente lui era l'unico con cui avesse piacere parlare. Tolse le AirPods e gli rivolse un sorriso triste. Il francese si sedette difronte a lui e sospirò.
«Dai, raccontami cosa sta succedendo. Non sopporto più questi problemi.»
Nel tentativo di trovare le parole idonee, gli tornarono nuovamente le lacrime agli occhi.
«Pierre, tu mi conosci, no? Ci conosciamo da sempre. Ho sempre odiato litigare con i miei amici, ho sempre cercato un modo per risolvere i problemi pacificamente, se non direttamente evitarli! E non ho mai trattato nessuna ragazza come un oggetto.»
L'amico annuì ad ogni sua frase, incitandolo a proseguire.
«Carlos è interessato a Sara, e tra me e lei c'è una buona amicizia. Lui pensa ch'io ci stia provando, abbiamo avuto una breve discussione prima della gara, poi durante mi ha fatto un brutto torto, e mi ha attaccato una volta finite le premiazioni. Ma non se l'è presa solo con me, ha tirato in ballo anche Sara dicendo che ho avuto lei così come ottengo qualsiasi cosa io voglia.»
Le lacrime avevano iniziato a scendere senza controllo. Charles aveva un cuore puro, buono, provava emozioni forti e talvolta non aveva idea di come gestirle.
Con fare pensieroso, Pierre scosse la testa.
«È assurdo, tutto questo. Da quando è arrivata lei i nostri legami si stanno distruggendo.»
«Ma non è colpa sua. Non fa nulla di male, lo sai, no? È una bella persona, buona, ha avuto delle discussioni con Lando ma perché lui perde il controllo quando beve, e poi è successo questo con Carlos. Lei non ha colpe, Pierre. Credimi.»
Posò i suoi occhi chiari su quelli dell'amico, trasmettendogli tutta la sincerità di quelle parole.
«Ti credo, so che non ha colpe. Ma, voi tutti, dovreste darvi una calmata, Charles. Sembra che non abbiate mai visto una ragazza in vita vostra! Perché dovete ridurvi a tanto per una persona? Non vedete che così ferite anche lei?»
Il monegasco avrebbe voluto controbattere, ma sapeva molto bene che il suo amico aveva pienamente ragione.
«Dico a te le stesse cose che ho detto a Carlos. E parlate, voi due. Non rovinate la vostra amicizia così.» Concluse il francese, posandogli una mano sulla spalla per dargli forza, allontanandosi poco dopo.
In breve, fece capolino lo spagnolo, probabilmente sotto consiglio di Pierre. Si rivolsero uno sguardo pieno di rammarico prima che l'altro si sedesse difronte al monegasco, per poi prendere parola.
«Senti, Charles, ho esagerato. Mi dispiace. Sono stato colpito da un raptus di gelosia e adrenalina, ma non dovevi essere tu il mio sfogo. Non penso le cose che ho detto, so quanto hai faticato per essere dove sei ora.»
Il ragazzo sorrise: sapere che il compagno non pensasse realmente quelle cose lo faceva sentire molto più sereno, aveva sempre a cuore il pensiero altrui sulla sua persona.
«D'accordo, Carlos, è acqua passata. Ma vorrei solo due cose: in primo luogo, che tu sappia con certezza che tra me e Sara c'è solo amicizia e nessuno ci prova con l'altro; mentre, in secondo luogo, che tu parlassi con lei per dirle che ciò che hai detto non lo pensi realmente. Non voglio che lei soffra.»
L'uomo annuì in un piccolo sospiro prima di alzarsi e porgere la mano all'altro, tirandolo si e dandogli un abbraccio fraterno. Si erano mancati a vicenda, ma non avrebbero mai sopportato di dividersi e perdersi per una discussione. Si unirono al resto dei piloti, nonostante nella testa di Charles ancora restasse il pensiero rivolto alla ragazza. Si guardava intorno alla ricerca dei suoi occhi, che non arrivavano mai. Sapeva non essere lì, su quell'aereo, ma sperava comunque di vederla sbucare da un momento all'altro, invano.
Sull'altro volo, tra riposi e film, i due fratelli ebbero modo di parlare. Lando posò una mano su quella della sorella che cercava qualcos'altro da guardare sul piccolo schermo, attirando la sua attenzione. Appena posò gli occhi suoi suoi, lui notò immediatamente quanto spenti fossero, il loro rossore parlava senza dire una parola, soprattutto in quel momento, senza trucco e senza lenti a contatto, dal vetro dei suoi occhiali da vista brillavano le sue iridi tristi e le sue occhiaie violacee. Le posò una mano sulla guancia, accarezzandola dolcemente.
«Non penso quello che ti ho detto, te lo giuro. È che, quando bevo, non ragiono più. Berrò di meno, non voglio mai più farti stare così.»
La ragazza si morse un labbro con espressione nuovamente sul punto di piangere e scosse la testa.
«So che non lo pensi, ma ha fatto così male, Lando. Forse non è stata una buona idea farmi conoscere i tuoi amici, vi sto portando soltanto problemi.»
Il fratello l'abbraccio nella speranza che non piangesse ancora.
«Lo so che ti ho fatto male, so anche di averti ricordato quel bastardo, ma non ricapiterà più. Voglio solo vederti felice, e se tu sei felice d'aver fatto amicizia con i ragazzi allora mi va bene così. Non potrai mai essere tu la causa dei nostri problemi, sei una persona troppo buona per qualcosa del genere.»
Quelle ultime frasi la rassicurarono molto e cercò di scacciare dalla testa i ricordi del suo ultimo ragazzo, nonché uno dei motivi principali per cui si era trasferita.
Si calmarono e Sara perdonò il fratello, andando così a completare il volo in serenità. Tuttavia, anche per lei, valeva lo stesso discorso di Charles: non riusciva a non pensare a quelle parole. Sapeva che Carlos conoscesse piuttosto bene l'amico, quindi immaginava che quella frase fosse vera. Faceva davvero male sentirsi trattata come un oggetto, come un premio. Che avessero fatto una scommessa su di lei? Non poteva saperlo, e probabilmente non voleva nemmeno. Eppure, indossava ancora quella giacca Ferrari ed il cappellino era posato sul tavolino davanti a sé, indumenti che il fratello aveva a lungo preso in giro, correndo per la McLaren. Ma lei non aveva alcuna intenzione di toglierli, aggrappata a quella piccolissima speranza d'aver sentito male, o che fosse tutto falso. Si strinse in quella giacca che la riscaldava ed era completamente imbevuta del profumo del monegasco, al quale, quella sera, non aveva raccontato nessuna leggenda sulle costellazioni. Aveva portato la mente indietro ai ricordi di quella sera nella jacuzzi, in quel loro piccolo e privato paradiso intimo dove si erano aperti per la prima volta. Ricordava bene i suoi occhi, di un verde così chiaro e gentile, che la scrutavano al posto di guardare il cielo di cui parlava. Ricordava di essersi sentita in imbarazzo sotto il suo sguardo, ma al contempo la faceva sentire al caldo. Sarebbe tanto voluta tornare a quella sera, a quella calma. Avrebbe voluto parlare di più con lui, chiedergli più informazioni sulla sua vita solo per sentirlo parlare con il suo accento francese così romantico.
Aveva tirato un sospiro ed aveva preso il telefono aprendo le note. Lì, aveva iniziato a scrivere come se fosse un messaggio indirizzato a Charles in cui gli parlava di un'altra costellazione. Quel piccolo gesto aveva occupato il suo tempo e, soprattutto, le aveva un minimo liberato la mente. Per quanto fosse ferita e delusa, non riusciva a mentire a sé stessa: le sensazioni che aveva provato con lui, quando parlavano o anche quando solo si guardavano, non le aveva mai provate con qualcuno altro. E gli mancava, terribilmente. La delusione ed il dolore non potevano cancellate totalmente l'idea che aveva di lui.
Quando concluse il messaggio che non spedì mai, si spostò qualche minuto al bagno e, quando tornò, si lasciò andare sul sedile dell'aereo, guardando uno dei suoi film preferiti: Crazy, Rich Asians.
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Trecento all'ora. - Charles Leclerc.
Hayran Kurgu[Sylvia Plath]: ❝Se la Luna sorridesse, somiglierebbe a te. Tu fai lo stesso effetto di qualcosa di bello, ma annientante.❞ Una vita fatta di fiori, stelle e musica, difficilmente era in grado di mescolarsi con un'altra composta da auto, velocità e...