Quando tornò a casa il cielo era già buio, proprio come quel giorno in cui la vide per la prima volta, solo che non era inverno, non erano le cinque del pomeriggio e lui non aveva più dieci anni.
Rientrò sapendo che nessuno avrebbe mai detto ai suoi genitori cosa fosse accaduto a scuola e non sarebbe successo finché tutto non fosse diventato davvero reale.
<< Eren, che fine avevi fatto?!>> la madre fu la prima a precipitarsi da lui.
<< Avevo voglia di camminare.>> tagliò corto allontanandosi dall'ingresso.
<< Tutto bene, Eren?>> chiese il padre, abbassando il giornale.
Il titolo attirò l'attenzione del ragazzo, il padre se ne accorse e prese la pagina interessata.
<< Non preoccuparti, non vinceranno le elezioni. Questo paese è abitato ancora da molta brava gente.>>
Eren abbassò la testa, i capelli gli caddero davanti agli occhi, gli diede fastidio, ma aveva scelto lui di farseli crescere.
<< E se accadesse invece?>> tentò di nascondere l'emozione che minacciava di rompergli la voce.
Carla gli si fece vicino, poggiò le mani sulle sue spalle e premette leggermente per confortarlo.
<< Sappiamo che sei preoccupato per Mikasa, ma andrà tutto bene.>> disse la donna in tono dolce e cercando di essere più rassicurante possibile.
Si levò dal tocco della madre e si sbrigò ad andare in camera sua, non voleva stare ancora a sentire i genitori, così ottimisti senza alcun motivo. Si chiese se non si guardassero intorno, se davvero non si stavano rendendo conto di come erano cambiate le cose anche nella normalità.
Passò davanti alla porta di Mikasa, ovviamente chiusa, si fermò a contemplare l'idea di entrare, di passare del tempo con lei, di chiederle scusa, persino.
Poi si ricordò della sua arrendevolezza, di come con una frase aveva buttato all'aria i suoi sforzi nel difenderla e proteggerla.
Continuò fino ad entrare in camera sua e chiudersi la porta alle spalle, scivolò a terra, si prese la testa tra le mani e cercò con tutte le sue forze di non piangere.
Cosa avrebbe potuto fare sé questa storia fosse diventata più seria di così?
Sarebbero dovuti fuggire dalla loro città? Per andare dove?
Detestava l'idea di fuggire, di passare una vita a nascondersi, di essere privato della libertà.
<< Eren? Posso entrare?>> sentì la voce provenire dall'altra parte del legno.
<< No.>> disse perentorio.
Adesso come adesso, con la paura del futuro, con il terrore di perderla, avrebbe sicuramente commesso l'errore più grande della sua vita, non poteva rischiare di averla davanti, di essere addirittura solo con lei in camera sua.
Quel ragazzino di quattordici anni che la spiava dalla porta socchiusa, come ci era arrivato a tutto questo? Perché aveva lasciato i suoi sentimenti crescere così tanto?
<< Volevo ringraziarti per oggi. Significa molto per me sapere che posso contare su di te.>>
Se lei però diceva quelle cose con un tono così delicato, la sua determinazione rischiava di vacillare.
<< Non dovrei farlo però, l'hai detto tu.>> le rispose con voce dura ma sempre meno ferma.
Passò qualche secondo, Eren credette anche di aver parlato da solo, che lei se ne fosse già andata.
<< Sai, Eren, io non lo so perché ti sei allontanato così da me, ma so che ti sarò per sempre grata di avermi avvolto al collo la sciarpa, quel giorno.>> disse la ragazza, tutto d'un fiato, come se stesse dicendo la cosa più naturale e giusta possibile, senza sapere l'effetto che quelle parole stavano avendo sul ragazzo al di là della porta, non poteva neanche immaginare quanto il cuore di questo stesse battendo all'impazzata, gli occhi increduli e le labbra schiuse lei non poteva vederli.
E se li avesse visti cosa avrebbe pensato? Se lo chiese Eren, se lo chiese l'attimo prima di decidere che avrebbe voluto vederla l'espressione che avrebbe fatto guardandolo in quello stato.
Si alzò veloce, prima di poterci ripensare, come se stesse facendo una corsa contro se stesso, la fretta nell'aprire la porta non lo fece riflettere su quanto vicina si trovasse lei, così, grazie ai suoi riflessi pronti, si ritrovò a doverla afferrare da dietro la schiena per non farla cadere all'indietro.
I loro sguardi si trovarono, negli occhi di lei piano piano svaniva la paura che si era presa nell'essere spinta indietro e apparve qualcosa che Eren non voleva assolutamente ammettere di aver visto, ma nonostante il suo continuare a nascondersi la verità, i suoi occhi non potevano lasciare quelli della ragazza, non che ci stesse provando comunque a distogliere lo sguardo.
<< Devi stare attento quando apri.>> lo rimproverò, come quando erano bambini, ma sta volta con un accenno di sorriso.
A quel punto fu difficile per Eren non stringersela forte a sé ed affondare il volto nei suoi capelli corvini, ormai molto più lunghi di quanto li avesse mai avuti. Inspirò il suo profumo.
Mikasa venne spiazzata da quella dimostrazione di affetto da parte del fratellastro, negli ultimi mesi a malapena parlavano, non poteva immaginarlo così affettuoso nei suoi confronti, ma le piaceva, avrebbe voluto che fosse sempre così, per questo fu facile anche per lei approfittarsi di quel momento per gettargli le braccia al collo e stringerlo a sua volta.
<< Per così poco, te l'avvolgerò ogni volta che vorrai, per sempre. >>
Passarono i secondi, forse anche due minuti, non sapeva dirlo con precisione, ma la consapevolezza di quella vicinanza si stava facendo vivida e sempre più chiaro nella sua testa era il pensiero dei suoi genitori, la paura di essere scoperto, ma insieme a questo cresceva anche la necessità di non terminare quell'abbraccio, non era pronto e forse non lo sarebbe stato mai.
Così decise di alzare leggermente la ragazza da terra e portarsela dentro la stanza, poi, dopo averla poggiata, con una mano richiuse la porta.
<< Ma Eren...>> disse spaesata e cercando di allontanarsi da lui per capire cosa stesse facendo. Quei movimenti la portarono solo ad avere il volto del ragazzo davanti e molto, molto vicino.
Il ragazzo non era mai stato messo così tanto a dura prova, mai aveva rischiato in questo modo di smascherare la farsa che aveva messo in piedi per il bene della famiglia.
Si soffermò con gli occhi sulle labbra schiuse di lei, poi sul rossore delle sue guance e infine fece in modo di legare nuovamente i loro sguardi.
Lui sapeva cosa sarebbe accaduto se qualcuno non lo avesse interrotto e, in cuor suo, sperava non accadesse, anche se la testa pregava alla ragazza di fermarlo, di allontanarsi finché erano ancora in tempo.
Chissà per quale motivo ora gli venivano in mente tutte le volte in cui le aveva gridato di non trattarlo come un fratello minore. Come aveva fatto lei a non capire che non voleva essere trattato come un fratello? Che faceva tremendamente male poi doverglielo far notare.
Non voleva essere suo fratello.
Non voleva essere suo fratello.
I genitori se ne sarebbero fatti una ragione.
Voleva colmare la distanza di quel millimetro.
<< Mamma e papà...>> sussurrò confusa allontanando il viso e fermando l'avvicinarsi dell'altro. <<...cosa direbbero?>>
Non poteva crederci, c'era andato così vicino, eppure lei aveva scelto di fermarlo nel modo peggiore possibile.
Un rifiuto avrebbe fatto meno male.
Gli occhi si fecero scuri, il respiro pensante e il cuore pietra mentre l'allontanava da se.
<< Non chiamarli in quel modo.>> sussurrò con irritazione.
<< Ma...>>
<< Ti ho detto che non devi! Loro non sono i tuoi genitori, devi farla finita!>> alzò il tono di voce, ma sempre attento a non farsi sentire dalle persone al piano inferiore.
Dopo aver udito quelle parole, Mikasa vide Eren voltarle le spalle e farsi rigido.
<< Ma che stai dicendo?>> si avvicinò per afferrargli il braccio e farlo girare, ma non ci riuscì.
<< La verità. Non sono i tuoi genitori, lei non è tua madre e lui non è tuo padre ed io...io non sono tuo fratello!>>
Mikasa non sapeva spiegarsi la reazione che stava avendo Eren.
<< Girati, per favore.>>
<< No, vattene.>>
La ragazza esitò qualche attimo, prima di capire che il ragazzo aveva già alzato un muro e che adesso era inutile parlargli, non avrebbe sentito ragioni. Così fece come le era stato detto ed uscì dalla stanza, lasciandosi quel piacevole, caldo, ricordo alle spalle.
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Tatakae
FanfictionUna vita diversa, o quasi, un conflitto mondiale, una guerra interna, orgoglio e sentimenti non detti, paura, un forte senso di responsabilità. Basterà il sacrificio di una sola persona?