Compleanno 2

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<< Auguri.>> sussurrò, parve avere timore non gli avrebbe fatto piacere riceverli da lei.
Eren la stava ancora guardando, così dovette solo lasciare andare il sorriso che stava sentendo nascere sul viso, ma trattenendosi comunque.
<< Grazie.>>
La ragazza arrossì leggermente per quell'interazione inaspettata.
<< Avete per caso litigato di nuovo?>> si intromise il padre, alzandosi dalla sedia.
Eren lo guardò dal basso, si era del tutto dimenticato che nella stanza ci fossero anche i genitori. Era questo l' "effetto Mikasa".
<< Non che io sappia.>> rispose in fretta la giovane, fredda come solo lei sapeva essere, con un tono che rasentava l'astio, attirando anche l'attenzione del ragazzo che corse ora con lo sguardo a lei, la bocca che quasi toccava il tavolo.
Ma che risposta era?
<< Eren?>> chiese la madre, incrociando le braccia al petto.
Si sentì messo all'angolo, tradito persino da lei. Da lei che si era illuso potesse capirlo, che sperava stesse facendo la sua stessa fatica. Forse l'illusione di essere ricambiato si era radicata più in profondità di quanto riuscisse ad ammetterlo a se stesso e ora ne pagava il prezzo.
Perché lei non era dalla sua parte? Perché l'aveva messo in difficoltà?
Ma infondo queste erano sempre state solo le sue supposizioni, non aveva nessuna certezza che lei avesse capito da cosa derivasse il suo comportamento, neanche una prova a testimonianza che lei facesse lo stesso, ricambiandolo. Forse era stato bello illudersi in quelle settimane, per non sentirsi troppo solo, per avere qualcosa in comune con lei, per combattere in due.
Probabilmente lei si sentiva solo sballottolata nei suoi cambi d'umore, quando il giorno prima la stringeva a sé e quello dopo stentava a guardarla in viso, non capiva cosa accadeva e si era lasciata andare, trasportare dagli avvenimenti e forse un po' lo odiava per questo.
Ma ora era con tre paia di occhi puntati su di lui che aspettavano una sua risposta soddisfacente, risposta che non poteva fornire.
Come al solito, la miglior difesa era l'attacco.
Così sbattè forte i palmi sul tavolo, non si curò neanche del dolore che si era causato, si alzò tra gli sguardi sorpresi dei presenti strisciando la sedia dietro di se. Teneva la testa bassa e lo sguardo fisso sul bicchiere ancora mezzo pieno, per il colpo c'erano delle gocce di spremuta sul tavolo.
<< Smettetela! Non sono più un bambino! Lasciatemi stare!>>urlò fingendosi irritato.
Ma quella frustrazione non era del tutto finta.
Voleva davvero urlare di essere lasciato in pace.
Voleva urlare per essere stato messo in un angolo, come una bestia feroce.
Decise che era il momento per mettere i genitori al corrente dei suoi piani.
<< Me ne andrò di casa, sono maggiorenne ormai.>>
<< Ma che stai dicendo?!>> chiese spiazzata la madre. << Grisha...>> si rivolse al marito cercando un appoggio.
L'uomo era serio mentre guardava il figlio, con la fronte scavata da profonde rughe di espressione. Sembrava starlo a studiare, come si fa ad un animale da ammaestrare.  Poi d'un tratto la sua espressione parve cambiare, la fronte si distese, gli occhi si aprirono e il respiro tornò regolare.
<< Hai già dove andare?>> chiese, comprensivo.
<< Grisha!>> urlò nuovamente la madre.
Aveva lo sguardo di chi non stava capendo assolutamente nulla.
Eren guardò sorpreso il padre, ma lo capì immediatamente dalla sua espressione, capì che il padre aveva compreso la sua necessità, forse non sapeva il perché e quale ragione lo portasse ad uscire di casa così presto, ma aveva intuito l'esigenza.
<< Si.>> rispose senza esitare.
<< Ma che state dicendo tutti e due?!>> si intromise la madre.
<< Carla, nostro figlio ormai è maggiorenne. Ha tutto il diritto di intraprendere una vita che sia solo sua.>> mise a tacere la moglie con il suo tono perentorio.
Ad Eren non era mai piaciuto quando si rivolgeva alla madre in quel modo, ma ora gli stava tornando utile.
<< Mikasa, tu non dici niente?>> Carla aveva abbassato il tono di voce, ora sembrava chiedere supporto all'unica che ancora non aveva parlato.
Anche Eren ora guardava la ragazza mora, così come i genitori, era l'unica ad essere rimasta seduta composta a tavola.
<< Io...Io...>>
Non avrebbe mai potuto dire ciò che pensava, per questo si era bloccata, il suo cervello non si decideva a trovare una frase che andasse bene.
Non poteva dirgli di restare, che averlo almeno in casa era meglio di niente, ma non poteva neanche dire che non le interessava.
<< Bene così. Quando andrai?>> tagliò corto il medico, tornando con lo sguardo al figlio.
<< Oggi stesso.>>

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