Mancavano ancora dei mesi alle fatidiche elezioni, ma diversamente dalle altre, di queste sé ne parlava già in continuazione, forse per la portata che avevano, per l'importanza a livello sociale e internazionale, per l'impatto sulla popolazione e forse perché con queste veramente il paese sarebbe cambiato radicalmente.
Grisha aveva sempre meno lavoro, cercava di sdrammatizzarlo in famiglia, diceva fosse addirittura meglio così, che almeno ora aveva più tempo per loro, ma Eren sapeva quanto il padre fosse orgoglioso del suo lavoro e quanto ci tenesse e sapeva benissimo anche il perché avesse sempre meno pazienti, anche se lui non voleva dirlo e si limitava a ripetere "eh, sono i tempi, figliolo". Grisha Jaeger, il dottore un tempo più stimato della città, ora non era altro che colui che aveva adottato in casa una di razza orientale.
Anche la madre aveva sempre meno clientela nel pub in cui lavorava e spesso si era ritrovata a pregare il proprietario a non mandarla via, perché aveva bisogno di quel lavoro.
I tempi stavano cambiando velocemente ed Eren stava perdendo la speranza che il padre aveva cercato di infondergli con la frase: " vedrai, questo paese è abitato ancora da brava gente".
Non era vero.
La sua Mikasa faceva sempre più fatica a stare tranquilla a scuola come in un qualsiasi altro contesto, erano rimasti davvero pochi i locali in cui potevano riunirsi con gli amici e anche quando camminavano per strada notava come veniva guardata da alcuni passanti ma, se prima partiva in quarta a testa bassa pronto a picchiare chiunque, ora se ne guardava bene dal farlo. Non per paura delle ripercussioni, di quelle non gli era mai interessato, ma perché aveva preso una decisione drastica nei confronti della sorella.
Dal giorno in cui era stato scoperto nella sua stanza, da quel rifiuto netto e bruciante, aveva capito di non potersi più permettere passi falsi, doveva estirpare qualsiasi dubbio fosse nato in lei e quale modo migliore se non ignorandola?
Le loro interazioni erano ridotte ai minimi storici, spesso non usciva neanche con gli altri se c'era lei, gli capitava invece di uscire con Reiner, Berthold, Marco e Floch, se erano fortunati venivano graziati dalla presenza di una ragazza bionda di nome Annie. La conosceva già, aveva spesso sorpreso Armin a guardarla nei corridoi della scuola.
Quel giorno però aveva sentito una forte nostalgia, data dal fatto che il migliore amico lo avesse praticamente assalito lamentandosi della sue sempre più frequente assenza. Così aveva ceduto e si era ritrovato in uno dei parchi della città a sorseggiare una bevanda rinfrescante, direttamente dalla boccetta in vetro, seduto su una panchina, con le gambe accavallate, un braccio poggiato su di esse e quello che teneva la bottiglia sullo schienale in ferro della panchina, insieme al suo vecchio amico e sapeva che a breve sarebbe arrivata anche lei insieme a Sasha.
Avrebbe voluto raccontarsi che non gli faceva nessun effetto, che comunque la vedeva sempre a casa, abitavano insieme, e che se riusciva addirittura ad evitarla lì, qui sarebbe stata una passeggiata. Ma a casa non c'era Jean.
Si chiese da quando fosse diventato un membro fisso del gruppo e come si comportava con Mikasa quando lui non poteva vedere.
Dal giorno in cui le cose erano cambiate, le rare volte che usciva con il gruppo, quando c'erano tutti e tre, notava spesso Jean guardare Mikasa, ma aveva iniziato a fare caso a quanto lei invece guardasse sempre dalla sua parte e non poteva non ammettere che il fastidio sul volto di Jean lo compiacesse.
Sembrava lo avesse nominato. Lo vide con Connie raggiungere lui e Armin sulla panchina.
<< Ah ci degna della sua presenza la testa calda.>> lo sbeffeggiò sogghignando.
<< Qualche problema faccia da cavallo?>> gli imbruttì repentinamente.
<< Si, tu, brutto pezzo di idiota!>> rispose irritato.
<< Ragazzi basta, non è possibile che facciate così ogni volta.>> lì riprese Armin mettendosi in mezzo agli sguardi ostili. Sapeva che se non li avesse fermati subito sarebbero finiti nuovamente per riprendersi a pugni.
<< Dillo a lui. È faccia da cavallo che ha iniziato.>> disse Eren ricomponendosi e parlando come se non lo avesse insultato mentre girava la testa per non guardarlo.
<< Sarà che non sopporto la tua presenza.>> Jean incrociò le braccia al petto.
Eren lo guardò furbescamente con la coda dell'occhio, prese un sorso dalla bottiglia e finse una faccia tranquilla e rilassata, al limite della saccenza.
<< O magari ti brucia che quando ci sono io una certa persona non ti guarda neanche.>> disse con superiorità, attirando anche l'attenzione di Armin con quella frase.
<< Cerchi rogna ragazzino?!>> Jean si avvicinò con fare minaccioso ma venne trattenuto dall'amico più basso e pelato, esasperato ormai da quei teatrini.
<< Quando vuoi.>> si alzò dalla panchina, pronto ad ingaggiare la lotta non appena l'altro fosse riuscito a scappare dalle braccia di Connie.
<< Io mi arrendo. Eren, te le meriti.>> disse Connie lasciando la presa su Jean.
In tutto ciò Armin era rimasto con la testa altrove, ripensando alla frase con il quale Eren aveva attaccato Jean, talmente era preso dai ragionamenti da non rendersi neanche conto che nel frattempo quei due si stavano aggredendo nel loro classico modo, senza farsi effettivamente troppo male, era più un bloccarsi, stringersi le braccia o la testa e colpirsi una volta ogni tanto in punti che non facevano troppo male.
La mente del biondo lavorò finché non giunse alla conclusione che Eren aveva notato quanto Mikasa dipendesse da lui, che la sua presenza stava a significare un comportamento insolito da parte della ragazza, infondo tutti si erano accorti che aveva occhi solo per lui e si muoveva anche in base ai suoi movimenti. Quindi forse si era finalmente accorto dei sentimenti di Mikasa?
E allora perché sbeffeggiava così l'amico mettendoli in mezzo? Non gli dava abbastanza importanza? Erano più un vanto per lui, un qualcosa con il quale colpire Jean o erano effettivamente importanti? La sua poteva essere gelosia?
Il suo flusso di pensieri venne interrotto bruscamente dall'arrivo delle ragazze.
Fu soprattutto la voce di Mikasa a destarlo.
<< Eren, Jean!>> si mise in mezzo ai due per separarli, non ci mise molto, infondo i due non facevano mai completamente sul serio.
A questo punto, Armin pensò, si trattasse di una reciproca gelosia, non di intolleranza.
Non appena Eren sentì il tocco di Mikasa sul braccio, si fermò e si ritrasse come scottato, lasciando la presa che aveva sul braccio dell'altro.
Sbuffò spazientito e, sistemandosi la maglietta grigia ormai sgualcita, tornò sulla panchina dove aveva lasciato la bevanda. Si rimise seduto nella stessa identica posizione, sotto gli sguardi interdetti degli altri a cui era sembrato strano il suo comportamento.
Con sguardo furtivo però non poté desistere dal guardare Mikasa che si trovava ancora al fianco di Jean e lo rimproverava.
Bevve dalla bottiglia chiedendosi nel mentre chi glielo avesse fatto fare ad uscire.
<< Ma perché voi siete rimasti a guardare?>> chiese Sasha con più tranquillità.
<< Tanto lo sai come funziona, meglio farli scaricare o continuano tutto il giorno.>> rispose Connie.
<< Ragazzi!>>
Tutti si voltarono in direzione della voce e videro correre verso di loro la figura di una ragazza di piccola statura, abbastanza esile, con i capelli d'orati e lunghi che si muovevano seguendo i movimenti del corpo.
<< Historia!>> urlò Sasha di rimando per salutarla.
<< Che ci fai da queste parti?>> chiese Armin una volta che si fu avvicinata abbastanza.
<< Dovevo fare delle compere per casa, non è affatto semplice vivere da sola.>> sorrise nel dirlo, ma Eren notò la difficoltà che aveva avuto nel farlo e la finzione nel suo tono solare. Forse di riflesso ci vedeva se stesso.
Mentre gli amici parlavano, lui pensava ai racconti di Historia, quando un giorno, durante un'ora di buco, usandola come scusa per non stare in una situazione in cui avrebbe trovato sicuramente la sorella, restò ad ascoltarla parlare.
Gli aveva raccontato di come il padre l'avesse avuta fuori dal matrimonio e poi l'avesse abbandonata, del periodo in orfanotrofio, della famiglia adottiva che però l'aveva lasciata sola non appena aveva avuto il sospetto della sua relazione con Ymir, una ragazza più grande, castana, con un carattere particolare, ma infondo Eren non si sentiva di essere nella condizione di giudicare i gusti di qualcuno.
Gli aveva raccontato che era da un mese che abitava da sola, che era dura ma andava avanti, cercando anche di fare meno assenze possibili a scuola per non far insospettire nessuno della sua condizione.
In quell'ora aveva anche saputo di come Ymir l'aveva lasciata credendo di facilitarle la vita.
Aveva trovato una certa affinità con quella storia, infondo anche lui stava facendo di tutto per facilitare la vita della sua famiglia, sacrificando i suoi sentimenti e anche lui, come Historia, soffriva di un amore che non poteva dire per la paura di essere giudicato.
La sua famiglia avrebbe reagito come quella della ragazza?
Ad aggravare la sua situazione era stato anche un avvenimento che aveva riguardato la famiglia di un paziente del padre, con una situazione analoga alla loro in cui il figlio adottivo e la figlia naturale si erano innamorati. Il padre aveva passato la cena a raccontare come ci fossero rimasti male i genitori e dicendo "a voi non potrebbe mai accadere, siete proprio come fratello e sorella".
Già, forse per quanto riguardava la sorella aveva ragione, ma sul figlio di sbagliava di grosso.
Si distrasse notando una chioma bionda chinarsi su di lui per salutarlo, un sorriso luminoso sul volto.
<< Ah finalmente, ti ho chiamato tre volte.>> lo riprese ridendo e prendendo posto al suo fianco.
<< Si scusa...stavo soprappensiero.>> sì scusò accennando un sorriso.
<< Ah perché pensi anche?>> lo punzecchiò Jean.
<< Lo vedi che sei tu ad infastidirlo.>> intervenne Mikasa prima che potesse rispondere lui.
<< Lo sai che scherzo.>> rispose lui abbassando il tono e rivolgendosi direttamente a lei.
Vide in quegli sguardi una confidenza che gli fece rigirare le viscere.
Non poteva restare lì a sopportare in silenzio, per quanto potesse essere più risoluto, il suo carattere non era cambiato affatto, il suo temperamento era quello di sempre e sapeva che avrebbe presto perso la pazienza.
<<...devo ancora andare a compare la cena, ma...>>
Sentì ciò di cui stava parlando Historia e decise di prendere la palla al balzo per fuggire di lì.
<< Ti accompagno.>>
Non seppe perché ma la sua affermazione azzittì tutti.
Armin corse a guardare Mikasa e la vide alzare le sopracciglia con lo sguardo a terra e le dita che si torturavano tra di loro. A che gioco stava giocando l'amico?
<< Va...va bene, andiamo?>> disse alzandosi in piedi e mettendosi proprio davanti a lui che ci mise davvero poco ad alzarsi, salutare tutti con un solo cenno della mano e a precederla nell'andare via.
Si sentiva dietro la schiena gli sguardi confusi di tutti, ma più di chiunque altro avrebbe voluto sapere se lei lo stesse guardando e come.
Se solo si fosse girato, avrebbe visto una Mikasa dagli occhi spenti, che si lo guardavano andare via, ma che pur di non trasmettere ciò che stava davvero provando si erano fatti vitrei.
STAI LEGGENDO
Tatakae
FanfictionUna vita diversa, o quasi, un conflitto mondiale, una guerra interna, orgoglio e sentimenti non detti, paura, un forte senso di responsabilità. Basterà il sacrificio di una sola persona?