Continuava, un passo dopo l'altro, a percorrere un tragitto che nella sua testa non c'era, a percorrere una strada senza meta, chiedendosi se non si limitasse tutta lì la vita, una strada che percorri totalmente a caso, senza il controllo o una vaga idea di dove si stia andando.
Nessun destino, solo caos.
Era il caos che aveva messo sulla sua strada quella ragazza?
Si chiese se dando la colpa al destino fosse stato più semplice, deresponsabilizzarsi da qualsiasi scelta, come se non fossero state prese da lui ma spinto da qualcosa di più grande, sembrava un'ottima scappatoia, ecco, si diceva, perché le religioni erano così diffuse.
Guardò l'orologio sul campanile, segnava le 10, era già da un'ora che camminava.
Con lo sguardo cercò di capire in quale parte della città fosse finito e riconobbe, a pochi metri, il negozio dei genitori di Armin. Lui sarebbe stato lì?
Si avvicinò e sbirciò dalla porta a vetri. Fu riconosciuto dal nonno del ragazzo che con un sorriso e un cenno della mano lo invitò ad entrare.
<< Eren, entra entra, Armin è sul retro, te lo chiamo.>> disse con fare accogliente.
<< La ringrazio.>> annuì accennando un sorriso che il vecchio non vide perché si era già voltato.
Dopo un minuto la testa bionda di Armin varcò la porta dietro al bancone, aveva sul viso il suo solito sorriso gentile, sembrava oltretutto felice di vederlo, cosa in cui in realtà non sperava affatto dopo come se ne era andato il giorno prima.
<< Ciao.>> accompagna con un cenno incerto della mano.
<< Che ci fai qui?>> chiese piacevolmente sorpreso.
<< Passavo di qui e volevo chiederti scusa per ieri.>> scrollò le spalle.
<< Ti ringrazio ma non c'era bisogno, avrai avuto i tuoi motivi.>> guardò a terra.
<< Hai tempo per una passeggiata?>> indicò la porta dietro di se con il pollice.
<< Certo.>> annuì convinto, era entusiasta che finalmente Eren sembrava volersi aprire con lui.
<< Nonno ci pensi tu?>> si voltò verso l'ansiano di nuovo seduto dietro la cassa che si limitò ad annuire.
Uscirono dal negozio, Eren prima di Armin.
<< Vuoi parlami di qualcosa?>> lo guardò voltando la testa verso di lui.
<< Ho incontrato il signor Hannes prima.>>
Armin rimase sorpreso, di tutto quello che voleva sentirsi dire dall'amico d'infanzia quella era l'ultima cosa che si aspettava.
<< Sembrava impensierito dalla situazione.>>
Il biondo capì subito la piega della conversazione e divenne cupo in volto.
<< Anche i miei genitori, sono arrivati a consigliarmi di non farmi più vedere in giro con Mikasa e te.>> quasi si vergognò.
<< Cosa?! Ma è assurdo!>> urlò sorpreso, tornando a mostrare il suo vero temperamento.
<< Dai Eren, non urlare così, mi sembra che io non gli stia dando retta, no?>> fece per calmarlo.
Eren si ammutolì nuovamente, tornando a pensare a quanto questo mondo fosse crudele, a quanto la sua Mikasa rischiasse di soffrire.
<< Armin, devi farmi una promessa.>> disse in tono solenne, ma senza guardarlo, teneva gli occhi fissi davanti a se, fino alla fine della via.
<< Che tipo di promessa?>>
Armin lo guardava incuriosito, ma aveva un sottotono di paura negli occhi. Non sapeva cosa aspettarsi da Eren, soprattutto ultimamente.
<< Ho sentito di un gruppo di persone che si riuniscono per dare la caccia e farla pagare ai razzisti.>>
<< Mi è sembrato di aver visto qualcosa di simile, l'altro giorno, due stavano picchiando un ragazzo orientale per strada e un tizio bassino si è messo in mezzo per salvarlo. Potrebbe essere di quell'organizzazione?>> chiese più tra se e se che all'amico.
<< Sicuramente. Io voglio entrarne a far parte.>>
Il biondo lo guardò con occhi sgranati. Non lo aveva mai visto più serio di così. La sua voce era stata ferma e decisa.
<< Voglio combattere, non voglio che la situazione degeneri e sapere che non ho fatto nulla per impedirlo.>> spiegò.
Armin capì i sentimenti onorevoli che avevano spinto l'amico a quella decisione, capiva anche che avrebbe fatto tutto per il bene di Mikasa, per assicurarle un futuro felice, almeno ci avrebbe provato. Sapeva che Eren ci avrebbe messo tutto se stesso.
<< Verrò anche io con te.>> disse cercando di nascondere la voce tremante.
<< No Armin, è troppo pericoloso e tu mi servi qui per la promessa, ricordi?>>
Il ragazzo più basso annuì, poco convinto di accettare i termini di Eren. Infondo voleva davvero seguirlo, anche se aveva paura.
Eren si fermò e così fece anche Armin, per guardarlo.
<< Devi stare vicino a Mikasa, qualsiasi cosa accada, non devi lasciarla mai sola perché lei...lei è...>>
Notando la sua difficoltà nel parlare con la voce che si incrinava sempre di più, lo interruppe.
<< Lo farò. Le starò sempre vicino.>>
<< Grazie, davvero.>> gli mise la mano sulla spalla.
<< Me ne parlerai, prima o poi?>>
Armin non seppe con quale coraggio aveva posto quella domanda, così dal nulla.
<< Non serve, non è così?>>
Gli occhi azzurri si spalancarono a quell'ammissione neanche così tanto velata.
Eren sapeva che lui l'aveva capito, lo sapeva da quel giorno dopo scuola, ma forse anche da prima. Aveva sempre reputato Armin perspicace ed intelligente, bravo a capire ogni situazione lo circondasse, non poteva aspettarsi diversamente da lui.
<< E vorresti andare a rischiare la vita per lei senza dirle niente?!>> levò bruscamente il braccio di Eren portando entrambe le mani sulle sue di spalle, per scuoterlo e fargli capire l'assurdità di ciò che stava pensando di fare.
<< Ma che senso avrebbe dirglielo, Armin?!>> si divincolò dalla sua presa spingendolo dal petto.
<< Comunque non potremmo stare insieme!>>
Non si curava minimamente della gente che passando lì guardava con sconcerto.
<< Perché l'hai deciso tu!>> rispose a tono l'altro.
Eren si calmò, veloce come si era acceso, a quelle parole, perché infondo aveva ragione, stava facendo tutto da solo, come al solito.
<< Perché per me la cosa più importante è che sia felice. Combatterò a costo della vita per questo.>> disse stringendo i pugni e puntando lo sguardo a terra.
<< Non ti fermerò, se è questo che vuoi, ma permettimi di lottare al tuo fianco.>>
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Tatakae
FanfictionUna vita diversa, o quasi, un conflitto mondiale, una guerra interna, orgoglio e sentimenti non detti, paura, un forte senso di responsabilità. Basterà il sacrificio di una sola persona?