Capelli

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Da quel giorno cercava in ogni modo di limitare i contatti con lei, sia a scuola che a casa, non una parola di troppo, nemmeno uno sguardo più lungo di un secondo, doveva cancellare dalla mente ciò che era accaduto e dal cuore la speranza di ciò che poteva diventare.
Era ricreazione e, come al solito, erano riuniti tutti in giardino, c'era un ragazzo nuovo con loro, aveva fatto subito amicizia con Connie e questo lo aveva invitato a passare quei minuti insieme agli altri, ma ad Eren non piaceva affatto, da quando era arrivato non faceva altro che guardare Mikasa.
<< Da dove vieni?>> gli chiese, di punto in bianco.
<< Perché questa domanda?>> rispose di rimando, con lo stesso tono duro.
<< Curiosità.>> alzò le spalle.
<< In realtà sono di qui, andavo solo in un altro istituto.>> lo disse squadrandolo.
Eren era in piedi, poggiato ad un tavolino di legno, le braccia incrociate sul petto e le caviglie accavallate, guardava storto il nuovo arrivato e non si faceva problemi se anche gli altri se ne erano accorti. L'altro, dal canto suo, cercava di non far vedere quanto quello sguardo addosso lo innervosisse.
<< Non ti staranno crescendo troppo i capelli, eh Connie?>> parlò con tono ilare Sasha, passando il palmo della mano sulla testa a spazzola dell'altro.
<< Pensa ai tuoi.>> rispose togliendosi da sotto lo sfregamento e facendole una linguaccia.
<< Dici che dovrei tagliarli? Forse un cambio, una volta ogni tanto...>> iniziò a riflettere. << Tu che pensi Mikasa? Li tagliamo insieme?!>> disse entusiasta.
<< Cosa...?>> rispose la ragazza tirata in causa, non sapeva come rispondere, non sapeva neanche se l'amica facesse sul serio.
Sapeva di non volerli tagliare, stupidamente aveva ricordi cari che glielo impedivano. Come ad esempio quando Eren, qualche giorno prima, ci aveva immerso il viso, o come quando molto tempo fa le diceva, ad ogni centimetro che vedeva crescere, "più crescono e più sono belli".
<< Mikasa...lei sta bene così.>> intervenne il ragazzo nuovo, attirando l'attenzione di tutti, specialmente quella di Eren che serrò la mascella.
<< Jean...>> la ragazza, imbarazzata da quell'affermazione, oltre il nome del nuovo compagno, non riuscì a dire nulla.
<< Sei molto bella...con i capelli lunghi. >> sta volta lo disse guardandola negli occhi, nonostante l'imbarazzo mal celato.
<< Dovresti tagliarli.>> Il momento fu interrotto bruscamente da Eren che, subito dopo, passò in mezzo ai due per andarsene.
<< Eren, dove vai?>> lo richiamò Armin, ma non ricevette risposta, solo la schiena dell'amico che si allontanava.
<< Quanto è diventato scorbutico ultimamente, ancora più di prima. Sarà successo qualcosa?>> chiese Connie.
<< Che io sappia no.>> rispose Armin, l'aria sinceramente preoccupata.
<< Anche a casa è così?>> chiese Sasha guardando Mikasa.
Quest'ultima era rimasta con lo sguardo fissa a dove aveva visto allontanarsi il fratellastro, interdetta su cosa fosse stato giusto fare, se seguirlo o restare ferma dov'era.
<< Non saprei...è sempre in camera sua.>>
Jean la guardava, in lui era appena nata la consapevolezza che Eren sarebbe stato un'ostacolo.
La campanella suonò fastidiosa, ma sta volta la ragazza le fu grata, andando in classe avrebbe visto Eren e, guardandolo, poteva capire come stesse.
Quando entrarono in classe, lui era già seduto nel suo banco, lo sguardo basso per nascondere gli occhi lucidi e i pugni che stringevano il tessuto dei pantaloni sulle cosce.
Non voleva essere visto in quello stato, era ancora quel bambino testardo e orgoglioso che non voleva apparire debole agli occhi degli altri, che nonostante tutto il suo traguardo era ancora la rispettabilità del padre, quel ragazzino per cui il giudizio dei genitori valeva talmente tanto da farsi venire i sensi di colpa per essersi permesso di provare sentimenti di questo genere verso la sorellastra, come se poi avesse potuto sceglierlo. No, lui non aveva avuto scelta, non era stata sua la decisione, lui stava soffrendo per scelte che non aveva preso. Stava soffrendo perché i genitori avevano scelto di adottare quella bambina, stava soffrendo perché si dava la colpa di non averla mai vista davvero come una sorella, malgrado i tentativi dei suoi, stava soffrendo nonostante, fosse stata una sua scelta, non avrebbe mai scelto di stare così.
Avendo potuto scegliere avrebbe preso a pugni quella faccia da cavallo che si era azzardato a dire quelle cose alla sua Mikasa.
Avendo potuto scegliere l'avrebbe presa per mano e portata via con lui, come quando erano bambini, come a dieci anni quando voleva portarla a far vedere la città in cui sarebbero cresciuti insieme, quando voleva mostrarle cose che sapeva le sarebbero piaciute.
Strinse ancora di più i pantaloni.
Avendo potuto scegliere si sarebbe chiesto a cosa pensasse lei, come si sentiva veramente, cosa pensava di lui.
Non aveva dimenticato, e probabilmente mai lo avrebbe fatto, gli occhi lucidi di lei quando stava per baciarla, l'esitazione simile alla sua e il rossore sulle guance. Sapeva che se solo avesse riflettuto su quei segnali, se solo si fosse domandato cosa stavano a significare, probabilmente la conclusione sarebbe stata devastante per il suo obiettivo.
Passò in fretta il resto della giornata scolastica e, per sua fortuna, nessuno degli amici aveva cercato di parlargli, solo sguardi fugaci verso la sua parte che lo avevano irritato abbastanza da farlo alzare velocemente, con già la cartella pronta, e a testa bassa dirigersi all'uscita.
<< Eren, non facciamo la strada insieme?>> gli si affiancò Armin.
Si voltò a guardarlo mentre continuava a camminare cercando una scusa plausibile per stare solo, ma non gli venne in mente nulla, così si limitò ad alzare le spalle e tornare a guardare la strada avanti a se.
<< Sai Eren, è da un po' che me lo chiedo, secondo te a Mikasa piace qualcuno?>> lo guardò con la coda dell'occhio per scorgere un espressione che avrebbe potuto tradirlo e la trovò. Vide un movimento impercettibile del volto, le sopracciglia si erano alzate in una frazione di secondo per poi aggrottarsi e la mascella indurirsi.
<< Sai, te lo chiedo perché Jean potrebbe a questo punto avere qualche possibilità con lei, non trovi?>> continuò a studiargli il volto sempre più teso.
<< Non sono affari miei e neanche tuoi. Perché me ne stai parlando? >> disse continuando a camminare e a guardare avanti.
<< Perché se ci pensi non abbiamo mai parlato di queste cose, è la prima volta che vive una situazione simile, chissà come la sta prendendo. Magari ci si butta a capofitto e...>>
<< Smettila di straparlare, non è da Mikasa.>>
<< E tu che ne sai? Magari...>>
<< Magari niente, non lo farebbe mai.>> lo interruppe brusco.
<< Beh oggi era arrossita, deve averlo apprezzato il complimento di Jean.>> disse fingendosi soprappensiero e non accorgendosi subito che il ragazzo al suo fianco aveva rallentato fino a fermarsi completamente.
<< Eren che fai?>> si voltò per guardarlo e fece i due passi indietro che li separavano.
Eren era immobile, le mani strette alla tracolla per evitare di cedere alle sue emozioni, la testa nuovamente bassa per nascondere la fronte aggrottata.
Si chiese perché ora Armin tirasse fuori questo discorso assurdo, cosa volesse ricavare da una discussione simile, dove volesse arrivare. Ma Armin era molto intelligente e astuto, aveva sicuramente in mente un obbiettivo e forse poteva accettare il fatto che il suo migliore amico, probabilmente, avesse capito tutto.
<< Non è arrossita.>> sussurrò.
<< Cosa?>> chiese l'altro, aveva parlato troppo a bassa voce per i rumori cittadini che li circondavano.
<< Mikasa non è arrossita per i complimenti di quella faccia da cavallo. >> disse tutto d'un fiato, a voce più alta e alzando la testa per guardare l'amico.
<< Se così fosse...ti darebbe fastidio?>>
Eccola la vera domanda, ecco dove voleva arrivare l'amico biondo.
Prese in considerazione seriamente l'idea di mentirgli, di portare avanti la farsa che stava recitando con tutti, ma non poteva nascondere nulla ad Armin, ormai aveva capito, ci era arrivato da solo e anche smentirlo sarebbe servito a poco arrivati a questo punto. Forse con lui si sarebbe potuto confidare, avrebbe potuto condividere questo fardello che portava da solo e che lo stava pian piano schiacciando faccia a terra.
Stava per iniziare a parlare quando ad un tratto la ragione prese nuovamente il sopravvento sulla sua mente.
Confessarlo adesso significava renderlo vero.
Finché era tutto solo nella sua testa poteva ancora cercare di negarne l'esistenza reale, ma una volta detto sarebbe esistito veramente, sarebbe stato qualcosa di conosciuto, palpabile quasi, qualcosa di concreto.
Non poteva farlo diventare tale.
<< No.>>
Lasciò andare la tracolla in cuoio della cartella arrendendosi alla ragione. Non aveva senso ribellarsi, lottare, fremere e cercare la libertà da quell'oppressione perenne che provava da anni ormai.
<< Eren...>> il ragazzo lo guardò con occhi compassionevoli, infondo capiva le ragioni che portavano l'amico a comportarsi in questo modo.
<< Vado avanti.>> rispose solamente dopo aver sospirato.
Iniziò a camminare veloce davanti all'amico che ormai lo seguiva in silenzio.

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