5. Luca

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Dopo la giornata a lavoro torno a casa. Scendo dalla macchina, prendo le chiavi e chiudo lo sportello. Respiro. Vedo una ragazza piena di buste camminare sul marciapiede, è già buio qui a Milano e fa freschetto. Mi avvicino per aiutarla.
“hai bisogno di aiuto?” chiedo gentilmente. Si volta. È quella dell'incidente di stamattina
“ tu? Ma allora mi segui!! ”
“ veramente sono tornato da lavoro. Quindi non ti seguo proprio per nulla!”
“ comunque non ho bisogno di nessun aiuto ” afferma nervosa.
“ te l'ho chiesto gentilmente. Sei un po' acida " giro la chiave nel portone e vedo che aspetta. “ cosa stai aspettando scusa? Hai detto che non hai bisogno di aiuto verso casa ”
“ io abito qui. È sei proprio rincoglionito perché stamattina ci siamo scontrati sulla scala e io andavo al mio appartamento ”
“ tu… cosa?" Non ci avevo minimamente pensato vivesse nel mio stesso condomino. Pensavo stesse portando davvero la spesa a sua madre.
“ beh si dia il caso che dall'accento non sono nemmeno di qui. Ma tu proprio fuori dal mondo. ” spingo il portone ed entra. Non mi degna nemmeno di uno sguardo.
“ no ma tranquilla fai pure!”
“ sei uno scazza cazzo. Pensa chi ti sta accanto”
“ non ti preoccupare!” la sorpasso per prendere l'ascensore. Ha detto che non vuole aiuto bene, si arrangi.
“ la galanteria fa proprio parte di te vedo. Prima chiedi, appena ti dico di no, fai il bambino dell'asilo e ti prendi l'ascensore.” tira su, la busta che sta per perdere dalla mano. La guardo. Non so cosa mi succede, decido di fare qualcosa che molto probabilmente non avrei mai fatto in tutta la mia vita. Le prendo la busta sfiorando la sua mano. Una scarica di brividi nella schiena.
Mi guarda senza dire nulla. Pensavo che avrebbe obiettato invece, sta zitta. Prendiamo l'ascensore lasciando che lei schiacci per prima; mi accorgo che è allo stesso piano mio.
“ viviamo nello stesso piano?” chiedo scioccato.
“ah si?” è sorpresa “ menomale che lo scoperto così ti eviterò!”
“ ma sei davvero così acida ogni giorno con tutti?” l'ascensore è ormai partito.
“ forse, non ti ricordi cosa mi hai detto stamattina. Non è per una busta che cambio idea. ” si ferma al nostro piano.
“ non ricordo infatti.”
“ mi hai quasi offesa prendendomi per una bambina che preparava il sugo a sua madre. Come se fare il sugo alla donna che ti ha messo al mondo è una cosa così brutta. ”
“ non intendevo quello. Ti chiedo scusa ”
“ pensaci prima di dire qualcosa. Puoi ferire le persone. Per colpa di quelle parole oggi ho bruciato il dolce che può cambiare tutta la mia vita. ” si avvicina alla sua porta, rendendomi conto che era di fronte alla mia. Respiro. “ e comunque non importa. Appoggia pure lì. Puoi andare” è fredda e distaccata. Credo di averla veramente ferita. Ma io cosa ne potevo sapere, certo potevo evitare.
Sta per entrare in casa, tira su, la busta che ho appoggiato ma ancora non ho lasciato la mia mano è sotto la sua. Ci guardiamo per qualche secondo.
“ cosa posso fare per far sì che tu accetti le mie scuse?” chiedo sottovoce.
“ niente. Puoi andare a casa adesso. Le accetto in ogni caso ” mollo la busta che lei prende successivamente. Entra in casa chiudendomi quasi la porta in faccia.
Un vuoto nello stomaco.

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